Stevenson, La morte di Jekyll-Hyde

Jekyll_Hyde

Robert Louis Stevenson, La morte di Jekyll-Hyde

Jekyll non riesce a darsi pace e, prima di essere definitivamente sorpreso sotto le terribili fattezze del suo doppio (che esercita oramai un potere quasi completo su di lui), si toglie la vita, mettendo così fine alla turpe esistenza di Hyde ma anche alla propria. Nel racconto di Stevenson, il personaggio di Edward Hyde viene descritto da chi l’ha visto in maniera confusa; tuttavia, tutti i testimoni sono concordi sull’impressione di ripugnanza e di malvagità che Hyde trasuda. Fisicamente, Hyde viene descritto come agile ma piccolo di statura.

 

Dopo colazione stavo passeggiando tranquillamente attraverso il cortile; respiravo con piacere l’aria piuttosto fredda, quando venni assalito nuovamente dalle indescrivibili sensazioni preannuncianti la metamorfosi; ebbi appena il tempo di rifugiarmi nel mio gabinetto, e già ero nuovamente in preda alle passioni di Hyde. Occorse una doppia dose in tale circostanza per tornare a essere Jekyll. Ma, ahimè, sei ore dopo, mentre sedevo tristemente davanti al camino, venni ripreso dagli spasimi, e dovetti riprendere la pozione. In breve, a partire da quel giorno, soltanto con uno sforzo continuo e solo sotto lo stimolo della pozione riuscii a riassumere l’aspetto di Jekyll.

A tutte le ore del giorno e della notte ero assalito dal brivido premonitore: soprattutto se dormivo, o anche soltanto se sonnecchiavo sulla mia poltrona, mi risvegliavo sempre nelle sembianze di Hyde. Sotto la minaccia di un tal destino continuamente incombente e per l’insonnia alla quale mi condannai, diventai nella mia persona debole di mente e di corpo, ossessionato da un unico pensiero: l’orrore dell’altro me stesso. Ma, quando dormivo o quando gli effetti della medicina si attenuavano, cadevo senza transizione (poiché gli spasimi della metamorfosi si facevano sempre più deboli) in potere d’un fuoco d’immagini tutte terrificanti, di un animo pieno d’odio senza motivo, di un corpo che non pareva abbastanza forte per sopportare quelle furiose energie di vita.

La potenza di Hyde pareva crescere, insomma, con la debolezza di Jekyll. E certamente l’odio che li divideva era d’uguale intensità da tutt’e due le parti. Per Jekyll era istinto vitale. Aveva compreso tutt’intera la deformità di quella creatura che spartiva con lui alcuni fenomeni della coscienza e con la quale era vincolato sino alla morte: e, oltre a tali legami di comunanza, che costituivano la parte più sciagurata del suo dolore, Jekyll pensava adesso a Hyde, con ogni energia della sua vita, come a un essere non soltanto demoniaco ma inorganico. Questo lo straziava soprattutto; che la melma del fondo profferisse grida e voci; che la polvere amorfa gesticolasse e peccasse; che quello che era morto e informe usurpasse le funzioni della vita.

E ancora di più: che quell’orrore insorgente fosse legato a lui più strettamente d’una moglie; che fosse più intimo d’un occhio, che fosse prigioniero nella sua carne dove lo sentiva ringhiare e lottare per sortire alla luce; e che negli attimi di debolezza, o quando stava per abbandonarsi al sonno, lo dominasse o lo defraudasse della vita. L’odio di Hyde per Jekyll era di differente natura. La sua paura del  patibolo lo portava continuamente a dover compiere un temporaneo suicidio, a tornare a essere parte quando agognava a essere persona, ma Hyde aborriva tale necessità; aborriva l’abbattimento nel quale era caduto Jekyll, e si risentiva dell’ostilità con la quale veniva ormai considerato da Jekyll.

Tutto questo spingeva Hyde a commettere gli scherzi scimmieschi che mi giocava, come scarabocchiare con la mia scrittura bestemmie sulle pagine del libro che stavo leggendo, come bruciare le lettere o distruggere il ritratto di mio padre; e sono certo che, se non avesse avuto paura di morire, già da un pezzo si sarebbe procurato la rovina per coinvolgermici Ma il suo attaccamento alla vita era straordinario; dirò di più: io, che sto male e rabbrividisco al solo suo pensiero, quando rifletto sull’abiezione e sul furore di tale suo attaccamento alla vita, quando rifletto sul suo terrore che io possa por fine alla sua esistenza con il suicidio, trovo ancora nel mio cuore un briciolo di pietà per lui.

È inutile, e ormai non ho più il tempo di prolungare questa narrazione; mi basta dire che nessuno può aver sofferto i miei tormenti, eppure l’abitudine era in grado di arrecarmi – no, non un sollievo – ma una certa insensibilità dell’animo, una certa acquiescenza della disperazione; e la mia punizione sarebbe potuta durare per anni e anni, se non fosse accaduta l’ultima sciagura, capace di staccarmi per sempre dalla mia vera faccia e dalla mia vera natura. La provvista di sali da me non più rinnovata dopo l’ultimo esperimento cominciò a scemare. Feci acquistare altri sali, composi la pozione: si verificò l’ebollizione e avvenne il primo mutamento di colore, ma non il secondo; bevvi ugualmente quella miscela e non ottenni più alcun effetto. Potrete sapere da Poole come io abbia fatto compiere ricerche nell’intera Londra; invano; e adesso sono convinto che la mia prima provvista di sali doveva essere impura e che fu proprio tale sconosciuta impurità a cagionare la potenza della droga.

È trascorsa quasi una settimana, e io sto ultimando questa relazione sotto l’influenza dell’ultima delle mie vecchie polveri. A meno che non si verifichi un miracolo, questa è dunque l’ultima volta che Jekyll può seguire i propri pensieri e può vedere la propria faccia (quanto tristemente alterata ormai!) nello specchio. E non devo indugiare troppo a finire il mio scritto, perché, se sino a ora esso è sfuggito alla distruzione, questo è dovuto alla combinazione tra una grande cautela da parte mia e una grande fortuna. Ma, se i dolori della metamorfosi mi assalissero mentre sto scrivendo, Hyde farebbe in mille pezzi lo scritto; se, invece, dopo che l’ho finito trascorrerà qualche tempo, lo straordinario egoismo di Hyde e la sua preoccupazione delle cose del momento lo salveranno dall’azione del suo scimmiesco dispetto. E, in realtà, il destino, che si sta serrando intorno a noi due, ha già molto mutato e domato anche Hyde. Tra mezz’ora, quando avrò di nuovo e per sempre riassunto quell’odiata personalità, sento che mi butterò sulla mia poltrona e vi resterò tremante e piangente o continuerò a camminare su e giù in questa stanza (l’estremo mio rifugio terreno), tendendo esasperatamente l’orecchio per carpire ogni rumore minaccioso.

Morirà sul patibolo, Hyde? o troverà il coraggio di liberarsi all’ultimo attimo? Lo sa Dio: io non me ne curo più; questa è l’ora della mia vera morte, quanto accadrà dopo concerne un altro individuo. A questo punto, mentre depongo la penna e suggello la mia confessione, pongo fine alla vita dell’infelice Henry Jekyll.

Esercizi di analisi del testo

  1. Nel brano viene descritto il tragico evolversi del rapporto tra Jeckyll e Hyde. Quali caratteristiche presenta?
  2. Per quale ragione il dottor Jekyll non è più in grado di assumere l’antidoto?
  3. Che cosa significano le frasi: “Morirà sul patibolo, Hyde? o troverà il coraggio di liberarsi all’ultimo attimo?” e “…mentre depongo la penna e suggello la mia confessione, pongo fine alla vita dell’infelice Henry Jekyll”.
  4. Lo strano caso del dr. Jekyll e mr. Hyde:
  • Circostanze della stesura del romanzo
  • Epoca e ambiente di stesura del romanzo
  • Ambientazione del romanzo
  • Caratteristiche e significato del “doppio”
  • Rapporto con il “doppio”
  • Conclusione della vicenda

 

>>> Stevenson, Lo strano caso del Dottor Jekyll e di Mr Hyde

>>> La “nascita” di Hyde

 

 

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