Philippe Claudel, L’Arcipelago del Cane

arcipelago del cane

Philippe Claudel, L’Arcipelago del Cane

“Bramate l’oro e spargete cenere. Insozzate la bellezza, calpestare l’innocenza. Fate scorrere ovunque grandi torrenti di fango. L’odio è il vostro nutrimento, l’indifferenza la vostra bussola. Siete creature del sonno, sempre addormentate, anche quando vi credete sveglie. Siete i frutti di un tempo sonnolento. Le vostre emozioni sono efemere, farfalle presto schiuse, subito calcinate dalla luce dei giorni. Le vostre mani impastano la vostra vita in una fanga arida e insulsa. Siete divorati dalla solitudine. Il vostro egoismo v’ingrassa. Volgete la schiena ai vostri fratelli e perdete l’anima. La vostra natura ribolle d’oblio.”

 

Queste le prime righe del romanzo L’arcipelago del Cane di Philippe Claudel, il cui primo capitolo funge da premessa “filosofico-morale” che introduce la vicenda. L’Arcipelago del Cane è chiamato così perché le isole vulcaniche che lo compongono formano sulla carta geografica l’immagine di un cane con le fauci spalancate e le zanne snudate. Nell’arcipelago del Cane solo un’isola è abitata, dominata da un vulcano che i suoi abitanti chiamano Brau, “non molto lontana dalla nazione da cui dipende ma dalla quale è dimenticata, e vicina a un continente diverso da quello cui appartiene, ma che essa ignora”. Attaccati alla loro terra nera e al loro tratto di mare gli abitanti dell’isola, contadini o pescatori, non si sentono parte del resto del mondo, a cui guardano con diffidenza.

In realtà la storia inizia nel secondo capitolo. Durante una delle usuali passeggiate quotidiane, una mattina di settembre in cui il mare è in burrasca e nessuna barca è potuta uscire per la pesca, il cane della Vecchia ex maestra d’un tratto si ferma, abbaia, poi si lancia in una corsa folle verso tre forme distese sulla spiaggia. Quando la Vecchia raggiunge il cane, scorge i cadaveri di tre giovani ragazzi neri, portati a riva dalle onde, “con indosso soltanto una maglietta e dei jeans, scalzi, che sembrano addormentati, il volto contro i ciottoli” senza documenti.

Giungono contemporaneamente anche America, un vignaiolo tuttofare, e lo Spada, un abilissimo pescatore, benché piuttosto tonto. Lo Spada corre ad avvisare il Sindaco, senza parlare con nessuno lungo la strada. Meno di mezz’ora dopo il Sindaco, il Parroco, il Dottore e lo Spada sono sulla spiaggia. Il Sindaco alla vista dei poveri corpi impreca seccamente “ricorrendo all’antico dialetto in cui i termini arabi si sono mescolati a vocaboli spagnoli e greci più di mille anni fa”. Li raggiunge anche il Maestro, che stava facendo footing sulla spiaggia e incuriosito si avvicina. Non sono ancora le otto del mattino, soffia un vento freddo. I sei abitanti dell’isola iniziano a ragionare sul da farsi.

Il Sindaco sostiene che i tre cadaveri devono sparire e che nessuno deve sapere del ritrovamento, pena l’arrivo dei giornalisti, la fine della quiete e il rischio di compromettere il futuro sviluppo turistico, che il lui vuole rilanciare con la realizzazione delle Terme.

Solo il Maestro si oppone inizialmente alla decisione e vorrebbe avvertire la polizia, ma poi si sottomette al volere della maggioranza. I corpi vengono dapprima nascosti in una cella frigorifera e poi, in sordina, precipitati in una nera voragine dalle parti del vulcano.

«Lo Spada e il Maestro posarono il carico sull’orlo dell’abisso. Ci si dispose a semicerchio. Il Parroco benedisse il telo che lo Spada guardava con tristezza, un bel telone nuovo e che si sarebbe potuto usare per anni, come aveva detto America, il quale aveva preteso d’essere risarcito, e cui il Sindaco aveva risposto di chiudere il becco, aggiungendo che gliel’avrebbe pagato, il suo telo di merda, di tasca propria all’occorrenza, e America si era zittito, povero tontolone amareggiato, e adesso lo Spada, cui non piacevano gli sprechi, pensava probabilmente che i tre cadaveri non avevano bisogno di quel bel telone per fare il loro ultimo viaggio e che perdere a quel modo delle cose utili ai vivi e del tutto inutili ai morti voleva dire aggiungere un altro peccato al primo.»

Tutto sembra essere stato risolto, quando un giorno sull’isola arriva uno straniero. Il Sindaco non ha dubbi: in un modo o nell’altro le autorità sono venute a sapere dell’incidente, quasi sicuramente con i loro dannati satelliti, e hanno mandato un Commissario a indagare. Come se non bastasse, il Maestro è inquieto, tormentato dal rimorso, e ha cominciato a fare degli strani esperimenti con dei manichini e una barca. Il Sindaco è preoccupato, perché pensa che se il Maestro dovesse incontrare il Commissario per primo potrebbe raccontargli quanto accaduto, mandando a rotoli l’ambizioso progetto delle Terme con cui ha in mente di rilanciare l’isola.

Nei giorni seguenti però il Maestro rende palese la sua volontà di denuncia, indagando sulla provenienza dei tre corpi, attraverso lo studio delle correnti marine. Perciò il Sindaco, con la complicità degli altri, decide di escluderlo e di renderlo inoffensivo, diffamandolo. Questo darà il colpo di grazia al precario equilibrio della piccola comunità…

 

Il romanzo racconta come gli uomini, spinti dal loro interesse egoistico, siano pronti a sacrificare la propria umanità e a nascondere verità sgradevoli. L’isola dell’Arcipelago del Cane è una metafora della nostra società, che spesso si volta dall’altra parte e che è chiusa al “diverso” da sé, che è segnata dall’indifferenza nei confronti di chi è debole, che antepone a tutto il potere e il denaro. In altri termini il libro parla di immigrazione clandestina, di sfruttamento, di indifferenza nei confronti di chi è “invisibile” di chi non ha voce. È una storia molto attuale, perché parla della tragedia dei migranti che rischiano la vita attraversando il mare dall’Africa all’Europa in cerca di fortuna, ma è anche una storia antica, che parla della condizione umana e delle conseguenze delle nostre azioni.

Philippe Claudel, L’Arcipelago del Cane, Ponte alle Grazie, 2019

 

Philippe Claudel è nato nel 1962 in Lorena. Membro dell’Académie Goncourt, ha raggiunto il successo internazionale con il romanzo Le anime grigie (Ponte alle Grazie, 2004), tradotto in trenta Paesi e vincitore del premio Renaudot. Tra i suoi titoli usciti in Italia: La nipote del signor Linh (2005), Il Rapporto (2008), L’Inchiesta (2010) e Profumi (2013), tutti usciti per Ponte alle Grazie.

 

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