Giorgio Baruzzi, Esemplari inetti al volo

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Giorgio Baruzzi, Esemplari inetti al volo

 

Si sa che gli inetti hanno una marcia in più. Peccato che qualche volta sia la retromarcia.

I protagonisti di questi racconti, di questi dialoghi, di queste “epifanie” non sono supereroi e spesso hanno una visione desolata della vita, ma non necessariamente sono degli sconfitti. L’atmosfera di queste storie è malinconica, non certo gioiosa, ma condita abbondantemente di ironica comprensione per le miserie umane. E poi, sì, la vita è dura, ma non facciamo troppo i difficili.

Esemplari

 

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Da Esemplari inetti al volo:

Una rosa

È tardi. Ora del riposino pomeridiano. La badante verrà presto per farmi espletare i miei bisogni fisiologici. E le medicine, mai dimenticarne una. Sia mai che ci perdiamo un giorno di questa goduria.

Sto tutto il giorno sul seggiolone, a guardare fuori dalla finestra. Aspetto che tu venga a salutarmi, al ritorno dal lavoro. 

A dirmi:

«Ciao babbo, come stai? Ti vedo bene oggi».

E io che ti rispondo:

«Divinamente. Oggi sto divinamente».

E le lacrime mi si addensano nello stomaco.

Però ora vedo qualcosa di strano nel giardino. Prendo gli occhiali e guardo meglio. È una rosa da poco sbocciata, una bellissima rosa purpurea.

E chissà perché, dalla nebulosa della mia scarsa memoria, affiora un ricordo, di quando ti vidi nascere, assistendo al parto.

Faceva molto caldo quell’estate, e tua madre cominciò ad avere le doglie. La portai in ospedale e dopo un paio d’ore nascesti tu.

Poi ricordo tutte le volte che giocavamo con i lego, che erano la nostra passione. Quando imparasti a camminare e poi ad andare in bicicletta. Quando volevo a tutti costi farti una foto in un certo modo e tu ti mettesti a piangere. Quando guardavamo infinite volte La spada nella roccia, Bianca e Bernie e Robin Hood. 

Quando guardavamo “L’albero azzurro”. Quando una volta, guardandolo mezzo addormentati, sentimmo un miagolio e pensammo che ci fosse un gatto nell’armadio, che invece era in TV.

Ricordo quanto ti entusiasmavi per il carnevale, quanto eri bella, vestita da re Leone o da fata. Ricordo e sento ancora come hai sciolto il mio cuore, che era ricoperto di ghiaccio.

Quanto eri brava a dipingere, quanto a modellare la creta, quanto a suonare la chitarra. E insomma, in tutto o quasi, più brava di me, come è normale. Perché i figli in genere sono migliori dei genitori e così dev’essere. Anche se non sempre è accaduto, visto come va il mondo.

So che tra poco arriverai, e che mi farai fare qualche passo in giardino, come facevo con te quand’eri piccola. Del resto si sa, i vecchi tornano un po’ bambini. Peccato che lo facciano nel modo peggiore.

Guardo di nuovo fuori dalla finestra, e di nuovo vedo quella bellissima rosa purpurea.

 

Epifanie

Al dottore ho detto:

«Tre notti fa ho visto una grande luce».

«Sognavi?»

«No, ero disteso sul letto, ma sveglio».

«E poi?»

«E poi ho sentito le voci, voci che mi parlavano, alcune dolci, altre dure…».

«Avrai sognato»

«No, no, sono sicuro che non era un sogno… Però poi, come in un film, ho rivissuto momenti della mia vita»

[…]

 

 

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