Svevo, La proposta di matrimonio

Zeno

Italo Svevo, La proposta di matrimonio

Capitolo V – La coscienza di Zeno: La storia del mio matrimonio.

Fu così che mi fidanzai.


Oggi è molto più facile, per un giovane, dichiarare il proprio amore. Sono cambiati i modi per farlo e sono venuti meno i riti che caratterizzavano la classica richiesta di fidanzamento: un tempo spettava all’uomo il compito di un lungo corteggiamento e  la famiglia di appartenenza giocava un ruolo molto rilevante. Oggi, solitamente, si tratta invece di una questione che si affronta a due, senza particolari formalità. Dopo la morte del padre, Zeno conosce Giovanni Malfenti, suo futuro suocero, uno spregiudicato commerciante da lui ammirato per l’abilità negli affari e per la forza di carattere. Zeno inizia a frequentare casa Malfenti e osserva le quattro figlie per scegliere la sua futura sposa: tutte hanno il nome che inizia per A, ma ognuna ha una marcata caratteristica. Ada, la più grande e la più bella, Augusta, brutta e con un occhio strabico, Alberta, lo spirito libero, che sogna di esser scrittrice, e infine la piccola, di soli otto anni, Anna. La scelta di Zeno cade su Ada, la sorella maggiore, che cerca di conquistare. Torna a suonare il violino, racconta aneddoti e fatti mai avvenuti, cerca di attirare in ogni modo la sua attenzione, ma inutilmente. Pressato dall’arrivo di altro un corteggiatore, Guido Speier, una sera Zeno dichiara il suo amore ad Ada…

 

Cercai di essere semplice e breve. Vi ero anche costretto perché mi mancava il fiato. Le dissi:

– Io vi amo, Ada. Perché non mi permettereste di parlarne a vostro padre?

Ella mi guardò stupita e spaventata. Temetti che si mettesse a strillare come la piccina, là fuori. Io sapevo che il suo occhio sereno e la sua faccia dalle linee tanto precise non sapevano l’amore, ma tanto lontana dall’amore come ora, non l’avevo mai vista. Incominciò a parlare e disse qualcosa che doveva essere come un esordio. Ma io volevo la chiarezza: un sì o un no! Forse m’offendeva già quanto mi pareva un’esitazione. Per fare presto e indurla a decidersi, discussi il suo diritto di prendersi tempo:

– Ma come non ve ne sareste accorta? A voi non era possibile di credere ch’io facessi la corte ad Augusta!

Volli mettere dell’enfasi nelle mie parole, ma, nella fretta, la misi fuori di posto e finì che quel povero nome di Augusta fu accompagnato da un accento e da un gesto di disprezzo.

Fu così che levai Ada dall’imbarazzo. Essa non rilevò altro che l’offesa fatta ad Augusta:

– Perché credete di essere superiore ad Augusta? Io non penso mica che Augusta accetterebbe di divenire vostra moglie!

Poi appena ricordò che mi doveva una risposta:

– In quanto a me… mi meraviglia che vi sia capitata una cosa simile in testa.

La frase acre doveva vendicare l’Augusta. Nella mia grande confusione pensai che anche il senso della parola non avesse avuto altro scopo; se mi avesse schiaffeggiato credo che sarei stato esitante a studiarne la ragione. Perciò ancora insistetti:

– Pensateci, Ada. Io non sono un uomo cattivo. Sono ricco… Sono un po’ bizzarro, ma mi sarà facile di correggermi.

Anche Ada fu più dolce, ma parlò di nuovo di Augusta.

– Pensateci anche voi, Zeno: Augusta è una buona fanciulla e farebbe veramente al caso vostro. Io non posso parlare per conto suo, ma credo…

Era una grande dolcezza di sentirmi invocare da Ada per la prima volta col mio prenome. Non era questo un invito a parlare ancora più chiaro? Forse era perduta per me, o almeno non avrebbe accettato subito di sposarmi, ma intanto bisognava evitare che si compromettesse di più con Guido sul conto del quale dovevo aprirle gli occhi.

Fui accorto, e prima di tutto le dissi che stimavo e rispettavo Augusta, ma che assolutamente non volevo sposarla. Lo dissi due volte per farmi intendere chiaramente: “io non volevo sposarla”. Così potevo sperare di aver rabbonita Ada che prima aveva creduto io volessi offendere Augusta.

– Una buona, una cara, un’amabile ragazza quell’Augusta; ma non fa per me.

Poi appena precipitai le cose, perché c’era del rumore sul corridoio e mi poteva essere tagliata la parola da un momento all’altro.

– Ada! Quell’uomo[1] non fa per voi. È un imbecille! Non v’accorgeste come sofferse per i responsi del tavolino? Avete visto il suo bastone? Suona bene il violino, ma vi sono anche delle scimmie che sanno suonarlo. Ogni sua parola tradisce il bestione…

Essa, dopo d’esser stata ad ascoltarmi con l’aspetto di chi non sa risolversi ad ammettere nel loro senso le parole che gli sono dirette, m’interruppe. Balzò in piedi sempre col violino e l’arco in mano e mi soffiò addosso delle parole offensive. Io feci del mio meglio per dimenticarle e vi riuscii. Ricordo solo che cominciò col domandarmi ad alta voce come avevo potuto parlare così di lui e di lei! Io feci gli occhi grandi dalla sorpresa perché mi pareva di non aver parlato che di lui solo. Dimenticai le tante parole sdegnose ch’essa mi diresse, ma non la sua bella, nobile e sana faccia arrossata dallo sdegno e dalle linee rese più precise, quasi marmoree, dall’indignazione. Quella non dimenticai più e quando penso al mio amore e alla mia giovinezza, rivedo la faccia bella e nobile e sana di Ada nel momento in cui essa m’eliminò definitivamente dal suo destino. […]

Dopo essere stato sul punto di abbandonare casa Malfenti, Zeno decide di non potersene andare, perché non può rassegnarsi a non frequentare più quel salotto. Perciò torna indietro e avanza la proposta di matrimonio anche ad Alberta che, con gentile fermezza e con diverse motivazioni, la respinge come ha poco prima fatto Ada. Così, Zeno si guarda intorno…

Mi guardai d’intorno per trovare Augusta. Era uscita sul corridoio con un vassoio sul quale non v’era che un bicchiere semivuoto contenente un calmante per Anna. La seguii di corsa chiamandola per nome ed essa s’addossò alla parete per aspettarmi. Mi misi a lei di faccia e subito le dissi:

– Sentite, Augusta, volete che noi due ci sposiamo?

La proposta era veramente rude. Io dovevo sposare lei e lei me, ed io non domandavo quello ch’essa pensasse né pensavo potrebbe toccarmi di essere io costretto di dare delle spiegazioni. Se non facevo altro che quello che tutti volevano![2]

Essa alzò gli occhi dilatati dalla sorpresa. così quello sbilenco era anche più differente del solito dall’altro. La sua faccia vellutata e bianca, dapprima impallidì di più, eppoi subito si congestionò. Con un filo di voce mi disse:

– Voi scherzate e ciò è male.

Temetti si mettesse a piangere ed ebbi la curiosa idea di consolarla dicendole della mia tristezza.

– Io non scherzo, – dissi serio e triste. – Domandai dapprima la sua mano ad Ada che me la rifiutò con ira, poi domandai ad Alberta di sposarmi ed essa, con belle parole, vi si rifiutò anch’essa. Non serbo rancore né all’una né all’altra. Solo mi sento molto, ma molto infelice.

Dinanzi al mio dolore essa si ricompose e si mise a guardarmi commossa, riflettendo intensamente. Il suo sguardo somigliava ad una carezza che non mi faceva piacere.

– Io devo dunque sapere e ricordare che voi non mi amate? – domandò.

Che cosa significava questa frase sibillina? Preludiava ad un consenso? Voleva ricordare! Ricordare per tutta la vita da trascorrersi con me? Ebbi il sentimento di chi per ammazzarsi si sia messo in una posizione pericolosa ed ora sia costretto a faticare per salvarsi. Non sarebbe stato meglio che anche Augusta m’avesse rifiutato e che mi fosse stato concesso di ritornare sano e salvo nel mio studiolo nel quale neppure quel giorno stesso m’ero sentito troppo male? Le dissi:

– Sì! Io non amo che Ada e sposerei ora voi…

Stavo per dirle che non potevo rassegnarmi di divenire un estraneo per Ada e che perciò mi contentavo di divenirle cognato. Sarebbe stato un eccesso, ed Augusta avrebbe di nuovo potuto credere che volessi dileggiarla. Perciò dissi soltanto:

– Io non so più rassegnarmi di restar solo.

Essa rimaneva tuttavia poggiata alla parete del cui sostegno forse sentiva il bisogno; però pareva più calma ed il vassoio era ora tenuto da una sola mano. Ero salvo e cioè dovevo abbandonare quel salotto, o potevo restarci e dovevo sposarmi? Dissi delle altre parole, solo perché impaziente di aspettare le sue che non volevano venire:

– Io sono un buon diavolo e credo che con me si possa vivere facilmente anche senza che ci sia un grande amore.

Questa era una frase che nei lunghi giorni precedenti avevo preparata per Ada per indurla a dirmi di sì anche senza sentire per me un grande amore.

Augusta ansava leggermente e taceva ancora. Quel silenzio poteva anche significare un rifiuto, il più delicato rifiuto che si potesse immaginare: io quasi sarei scappato in cerca del mio cappello, in tempo per porlo su una testa salva.

Invece Augusta, decisa, con un movimento dignitoso che mai dimenticai, si rizzò e abbandonò il sostegno della parete. Nel corridoio non largo essa si avvicinò così ancora di più a me che le stavo di faccia. Mi disse:

– Voi, Zeno, avete bisogno di una donna che voglia vivere per voi e vi assista. Io voglio essere quella donna.

Mi porse la mano paffutella ch’io quasi istintivamente baciai. Evidentemente non c’era più la possibilità di fare altrimenti. Devo poi confessare che in quel momento fui pervaso da una soddisfazione che m’allargò il petto. Non avevo più da risolvere niente, perché tutto era stato risolto. Questa era la vera chiarezza.

Fu così che mi fidanzai.


[1] Quell’uomo: si tratta di Guido Speier, l’antagonista di Zeno, l’uomo di cui Ada è innamorata.

[2] Quello che tutti volevano: la durezza delle parole di Zeno è dovuta al fatto che si accinge a fare ciò che gli altri vogliono che lui faccia. Nelle sue parole c’è una sorta di rabbiosa rassegnazione: egli segue, controvoglia, la strada scelta da altri per lui.

svevo

 

Analisi del testo

Zeno dichiara il suo amore ad Ada che lo rifiuta. Egli commette nei confronti di Ada una serie di gaffe: accompagna il nome di Augusta con un gesto di disprezzo, poi dà dell’imbecille a Guido, l’uomo da lei amato. Respinto, egli ripiega senza successo sulla sorella Alberta. Infine si rivolge alla brutta Augusta che, inaspettatamente, accetta di sposarlo, nonostante egli dichiari di non amarla. Per Zeno sembra indifferente quale delle tre donne accetti di sposarlo: certo, è innamorato di Ada, la più bella, e il rifiuto subìto è per lui una dolorosa ferita, anche a distanza di anni, ma alla fine della comica successione delle dichiarazioni, dopo il sì di Augusta, il protagonista è pervaso da “una soddisfazione che m’allargò il petto”. Egli, eternamente incapace di decisioni proprie, è soddisfatto perché altri hanno deciso per lui.

Avrebbe potuto andarsene, ma alla fine, pur tra mille tentennamenti, ha preferito fare quello che la famiglia Malfenti aveva già deciso per lui, che finalmente imbocca la strada “giusta”, anche perché non sa rinunciare a frequentare un ambiente che rappresenta per lui la “salute”.

Il matrimonio rappresenta, infatti, per Zeno un tentativo di pervenire alla “salute”. Nella futura moglie Zeno cerca un sostituto della figura materna, capace al contempo di avvicinarlo al suocero, Giovanni Malfenti, che per lui è come un sostituto del padre. In fondo Ada è per Zeno troppo “impegnativa”, troppo “bella e seria”, incapace di apprezzare la sua ironia. Augusta è una soluzione di ripiego, che si rivela tutto sommato migliore di quel che Zeno pensasse: diviene una sana figura materna, che certo è impossibile amare con passione, capace però di accudirlo con affetto.

Esercizi di analisi del testo

  1. Zeno fa in successione tre proposte di matrimonio alle sorelle Malfenti. Individa le sequenze in cui ciò accade.
  2. Da che cosa Zeno capisce subito che Ada lo respingerà?
  3. Zeno e Ada parlano di Augusta: che cosa si dicono?
  4. Nell’estremo tentativo di non perdere definitivamente Ada, Zeno parla di Guido: qual è la reazione della ragazza? Che cosa ricorda Zeno di quel momento?
  5. Zeno è sul punto di andarsene ma poi cambia idea: perché?
  6. Zeno decide di proporre anche ad Alberta di sposarlo: quali sono le considerazioni che lo inducono a farlo?
  7. Con quali argomenti Zeno cerca di convincere Alberta e con quali lei respinge la proposta?
  8. Infine Zeno si rivolge ad Augusta: perché nel formulare la sua proposta usa parole dure?
  9. Riassumi il dialogo tra i due e spiega perché Augusta accetta di sposarlo.

 

 

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