D’Annunzio – I romanzi del superuomo

D'Annunzio

D’Annunzio – I romanzi del superuomo

 

Fra il 1893 e il 1900, rifacendosi a Nietzsche, D’Annunzio elabora la sua versione del mito del superuomo, che però appare superficiale, svuota il pensiero nietzschiano e ne riduce la portata e il significato.

L’ideologia superomistica, espressa nei romanzi Trionfo della morte, Le Vergini delle rocce e Il fuoco, presenta alcune caratteristiche fondamentali:

1) il superuomo coltiva il culto della forza, la volontà di affermazione e di dominio, il disprezzo del pericolo, l’amore per il rischio, la violenza, la guerra, l’esuberanza sensuale e il culto della bellezza, che lo separano dalla plebe.

2) Il superuomo ha una concezione aristocratica del mondo che porta al disprezzo della massa, dell’uguaglianza democratica, del regime parlamentare e dei principi di libertà e uguaglianza. La folla diventa l’oggetto da possedere e da conquistare, da plasmare e forgiare da parte del dominatore.

3) Il superuomo critica e disprezza la volgarità della borghesia nonché la presunta debolezza dell’”Italietta” post-unitaria e giolittiana.

Il Trionfo della Morte

Un cambio di indirizzo radicale si ha con il Trionfo della Morte (1893) che segna un più profondo incontro con Nietzsche e con Wagner.

Lo scrittore vuol fare un’opera di bellezza e di poesia mediante una prosa plastica e sinfonica, aspira a gareggiare con l’orchestra wagneriana. Il romanzo presenta il primo eroe dannunziano, Giorgio Aurispa, votato alla morte, il primo dei suoi superuomini nevrotici e fragili. Il personaggio femminile di Ippolita Sanzio, la nemica dell’eroe, colei che con la sua sensualità lo lega a sé e gli impedisce di compiere la sua azione. Non riuscendo a liberarsi di Ippolita, Giorgio si uccide con lei gettandosi da una rupe in un abbraccio mortale. 

Le Vergini delle rocce

Claudio Cantelmo è discendente di una nobile famiglia. Egli è disgustato dalla società borghese in cui vive, regolata solo dalla legge del profitto; crede infatti che l’operosità borghese distruggerà ogni valore della civiltà. Decide quindi di lasciare un erede che riporti la società ai vecchi valori nobiliari, ormai travolti da quelli della plebe, per questo va a cercare una donna adatta alla procreazione. Si reca nei luoghi in cui ha passato l’infanzia e riallaccia i rapporti con una famiglia borbonica del posto. Claudio si intrattiene con i tre figli maschi, però è attratto dalle loro tre sorelle tra le quali non sa scegliere la sua amante. Alla fine sceglie Violante, donna lussuriosa, che muore facendo uso di profumi che la avveleneranno. Nel romanzo Le Vergini delle rocce (1895) manca un organismo narrativo unitario e si accentuano la frammentarietà e l’eterogeneità, per cui tende a scomparire la distinzione fra prosa e poesia. Il titolo del romanzo fa riferimento al quadro di Leonardo le Vergini delle rocce. Due i temi centrali del romanzo: la violenta polemica antidemocratica, accompagnata da fantasie aggressive e sanguinarie e la decadenza. 

Il fuoco

Nel 1898 è pubblicato Il fuoco. Il protagonista Stelio Effrena è sia poeta che musicista: egli si propone di giungere all’opera d’arte totale, fondata sulla sinestesia; egli  dichiara di voler fondere parola, canto, gesto e sinfonia, di pensare a una tragedia nella quale si incontrino parti drammatiche recitate, parti liriche cantate, intermezzi coreutici. Il programma di poetica si concreta poi in un progetto di politica culturale: costruisce un teatro nazionale, dedicato ad Apollo, sul Gianicolo. Nel romanzo D’Annunzio comincia a parlare esplicitamente di “sentimento del tempo”; la stagione dominante è l’autunno, la stagione dell’anno che muore. È frequente l’utilizzo di due metafore (il labirinto, la metamorfosi) che alludono al tema della perdita del centro e dell’identità; accanto ad esse sono ricorrenti immagini che rimandano al senso della fine di quel mondo che Stelio vuole far rivivere: la vecchiaia, la pazzia, la rovina di ville e palazzi.

Forse che sì forse che no

Isabella Inghirami, probabilmente nella realtà la contessa Giuseppina Mancini, è la protagonista femminile del romanzo. Isabella, innamorata di Paolo Tarsis, prova continui rimorsi per quel suo sentimento: sarà questa indecisione a renderla ancor più affascinante e desiderabile agli occhi dell’amato. Il suo carattere è mosso dall’alternarsi di momenti di ritrosia ad attimi di lascivia furibonda; sente però sempre su di sé il senso di colpa, così profondo e persecutorio da generare nella sua mente stati allucinatori e paranoie. La sorella Vana è una visione ossessiva e continua, perché anche Vana è innamorata di Paolo, pur non corrisposta. Vana occuperà sempre più spazio nella mente della sorella, che sentirà sempre più nella sua anima, i passi agitati della solitaria vergine suicida. Amore e gelosia le agiteranno. Suicidio e follia le separeranno.

 

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