Verga, I Malavoglia

Malavoglia

Verga, I Malavoglia

 

Il “Ciclo dei vinti”.

Ciclo dei vinti” è il titolo che Verga diede a un gruppo di cinque romanzi preannunciati fin dal 1878 in una lettera all’amico Salvatore Paolo Verdura. Nella Prefazione ai Malavoglia sono indicati anche i titoli dei successivi romanzi, Mastro don Gesualdo, La duchessa di Leyra, L’onorevole Scipioni, L’uomo di lusso, ma di essi soltanto il primo e il primo capitolo del secondo sono stati scritti, dopo I Malavoglia.

Inizialmente il ciclo di romanzi avrebbe dovuto chiamarsi “La marea”, titolo che fu sostituito con “I vinti”. Verga si proponeva di studiare l’animo umano attraverso l’analisi di vari ambiti sociali, secondo i canoni dell’impersonalità teorizzati dal Verismo.

La trama del romanzo.

Il romanzo I Malavoglia narra le vicende di una famiglia di pescatori di Aci Trezza, i Toscano, soprannominati i Malavoglia, nel periodo che va dal dicembre del 1863 al 1878 circa. La famiglia vive nella “casa del nespolo” ed è composta dal vecchio patriarca padron ’Ntoni, da suo figlio Bastianazzo sposato con Maruzza, detta “la Longa”, e dai cinque nipoti, ’Ntoni, Luca, Mena, Lia, Alessi.

Capitoli I-IV: Il naufragio della Provvidenza.

Padron ’Ntoni, dopo la chiamata di leva per il giovane ’Ntoni, per integrare i magri guadagni derivanti dalla pesca, mentre il nipote è assente, prende a credito dall’usuraio Zio Crocifisso un carico di lupini che suo figlio Bastianazzo dovrà andare a vendere.

La barca dei Malavoglia, la “Provvidenza”, usata per il trasporto dei lupini, fa naufragio: Bastianazzo muore e il carico è perduto. Gli abitanti di Trezza commentano l’accaduto (cap. III) e partecipano prima alle esequie, poi alla visita di condoglianze (il pranzo del consolo, secondo la tradizione siciliana).

Capitoli V-X: Il debito dei lupini.

‘Ntoni torna dal servizio militare, sostituito dal fratello Luca, e lavora a giornata assieme al nonno, per far fronte al debito contratto con Zio Crocifisso e per riparare la Provvidenza, che nel frattempo è stata recuperata. Gli sforzi dei Malavoglia però non bastano: Luca muore nella battaglia di Lissa (1866) e la notizia fa fallire il matrimonio d’interesse tra Brasi Cipolla e Mena (che però è innamorata del carrettiere Alfio Mosca).

Così i Malavoglia sono costretti a cedere la “casa del nespolo” allo Zio Crocifisso. Inoltre, ripresa da poco la loro attività con la Provvidenza, che permette loro di accumulare qualche risparmio, i Malavoglia sono travolti da una tempesta e si salvano a stento. Padron ‘Ntoni è ferito gravemente e ‘Ntoni medita di partire in cerca di fortuna, trattenuto solo dall’affetto per la madre.

Capitoli XI-XV: La casa del nespolo e la sconfitta di ‘Ntoni.

Morta la madre durante l’epidemia di colera, ‘Ntoni se ne va in città, ma torna poco dopo, più povero di quando è partito. Al ritorno trascorre le sue oziose giornate all’osteria, mentre padron ‘Ntoni e Alessi lavorano duramente, con lo scopo di riscattare la casa del nespolo. Invischiato nel contrabbando locale, ‘Ntoni viene fermato da don Michele, il brigadiere, e lo accoltella. L’avvocato Scipioni, per fargli avere uno “sconto di pena”, sostiene che il gesto di ‘Ntoni era diretto a difendere l’onore della sorella Lia, corteggiata da don Michele.

Lia, sconvolta, se ne va in città e diventa una prostituta, mentre padron ‘Ntoni, le cui condizioni di salute si fanno sempre più precarie, morirà all’ospedale. Mena rinuncia a sposare compare Alfio, perché il disonore di Lia ricade su tutte le donne della famiglia, e sceglie di vivere insieme ad Alessi e a sua moglie Nunziata, accudendo ai loro figli, dopo che il fratello, impegnatosi con tutte le sue forze per rispettare il volere del nonno, riesce a riscattare la “casa del nespolo”. Tornato a casa dopo cinque anni di carcere, ‘Ntoni comprende di essere ormai un estraneo e all’alba del giorno dopo riparte per sempre.

Malavoglia

I personaggi.

Gli abitanti di Aci Trezza, il paese siciliano in cui il dramma dei Malavoglia si svolge, con i loro commenti nella piazza del paese, nella bottega del barbiere, all’osteria, in Chiesa svolgono un ruolo importante, al punto che alcuni critici hanno definito il romanzo come  opera “corale”.

Tale “coralità” non esclude né diminuisce il rilievo di alcuni personaggi, tra i quali spiccano il vecchio padron ’Ntoni e il maggiore dei suoi nipoti, ’Ntoni, che rappresentano due modi contrapposti di vedere la realtà.

Padron ’Ntoni, portavoce dei valori ancestrali fondati sulla tradizione, sulla “religione della casa e della famiglia”, ricorre di continuo ai proverbi e ai motti, che racchiudono la saggezza degli antichi e sostiene la necessità che ognuno si accontenti della propria condizione, senza cercare di cambiarla.

’Ntoni incarna la ricerca del nuovo, indotta dalla “fiumana del progresso”, è scontento e irrequieto, prova un forte desiderio di cambiamento, suscitato in lui dal contatto con la vita cittadina, che gli appare facile e piena di fascino, lontana dalla dura condizione del paese natio. Dopo la morte della madre ’Ntoni abbandona il paese in cerca di fortuna, ma pagherà questa scelta con la sconfitta, con il carcere, con il distacco definitivo da ciò che resta della sua famiglia, ricostituitasi nella “casa del nespolo” grazie ai sacrifici del fratello Alessi, che raccoglie così l’eredità ideale del nonno.

Autore e narratore.

Le tecniche narrative dei Malavoglia rappresentano l’applicazione dei canoni del Verismo, sintetizzati da Verga nella prefazione a L’amante di Gramigna. Per realizzare il canone dell’impersonalità Verga adotta quello che è stato definito da Baldi “artificio della regressione”[1]: lo scrittore “delega” a un personaggio la funzione di narratore, di cui assume l’ottica ed il linguaggio, “regrediti” rispetto a quelli dell’intellettuale colto quale egli è.

Il narratore si presenta come parte dell’ambiente da lui descritto, di cui mostra di conoscere bene il lessico, le abitudini, i valori e le consuetudini, tanto che frequentemente riproduce i pensieri e le parole dei personaggi, utilizzando il discorso indiretto libero.

L’autore si mimetizza dietro ai personaggi perché la storia sembri “essersi fatta da sé” e si sviluppi senza alcun intervento esterno, non esprime giudizi e commenti, né accenna al proprio ruolo e sembra rivolgersi a un ipotetico lettore che appartiene o quanto meno conosce bene il mondo da lui descritto, su cui non fornisce informazioni esplicative.

Il discorso indiretto libero.

Il discorso indiretto libero si distingue dal discorso diretto perché non è isolato dalle virgolette, e da quello indiretto perché non dipende da verbi del dire o del pensare. Esso ha la funzione di far entrare il lettore a diretto contatto con le parole e i pensieri dei personaggi, senza l’intervento del narratore: “Stavolta i Malavoglia erano là, seduti sulle calcagna, davanti al cataletto, e lavavano il pavimento dal gran piangere, come se il morto fosse davvero fra quelle quattro tavole, coi suoi lupini al collo, che lo zio Crocifisso gli aveva dati a credenza, perché aveva sempre conosciuto padron ‘Ntoni per galantuomo; ma se volevano truffargli la sua roba, col pretesto che Bastianazzo s’era annegato, la truffavano a Cristo, com’è vero Dio!” (cap. IV) 

Lessico, sintassi e cultura popolare.

Il narratore si mimetizza anche sul piano linguistico, poiché parla la stessa lingua e usa la medesima sintassi della comunità di Aci-Trezza. La struttura sintattica e il lessico assumono le caratteristiche proprie del dialetto siciliano, pur “tradotti” in un italiano più o meno comprensibile a un milanese. L’uso del “che” riproduce il “ca” dialettale, con funzione sintattica variabile, generalmente di congiunzione dichiarativa. Spesso il narratore ricorre a immagini e similitudini tratte dalla cultura popolare siciliana: proverbi e modi di dire, sentenze “giudiziose” attraverso cui quello del romanzo appare un mondo immutabile, quasi posto fuori dal tempo.

L’ideologia.

Nei Malavoglia è ancora possibile trovare valori in via di estinzione, come quelli della famiglia, dell’onestà, dell’accettazione della propria condizione, espressi nel romanzo da alcuni personaggi come padron ‘Ntoni, Bastianazzo, la Longa, Mena, Alessi. Ma altri sono i valori che irrompono in questo mondo, indotti dalla moderna società borghese: egoismo e ricerca frenetica del denaro e dei beni materiali, smania di cambiamento, incarnati da personaggi come lo zio Crocifisso, la Santuzza, la Vespa, e dalla maggior parte degli abitanti del villaggio.

Verga giudica colpevole chiunque desideri cambiare e migliorare la propria condizione sociale: infatti è proprio a causa di questo tentativo che iniziano le sfortunate, tragiche vicende dei Malavoglia. Il giovane ‘Ntoni, vittima dei nuovi tempi e dei nuovi valori è, come Lia, destinato alla sconfitta. La salvezza è consentita ad Alessi e a Nunziata che, tenacemente fedeli alla sacralità della casa e della famiglia, impegnano tutte le loro forze per riscattare la “casa del nespolo”.


[1] Tale tecnica  è già presente nelle novelle di Vita dei campi: “Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi ; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo…”.

 

 

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