Leopardi – Le Operette morali

Leopardi

Leopardi Leopardi, Operette morali

 

Le “Operette morali” sono una raccolta di ventiquattro dialoghi e prose, apparsi in tempi diversi su riviste dell’epoca e di argomento mitologico-filosofico scritti tra il 1824 e il 1832. Sono state pubblicate definitivamente a Napoli nel 1835, dopo due edizioni intermedie nel 1827 e nel 1834.I temi sono il rapporto dell’uomo con la storia, con i suoi simili e in particolare con la Natura; il confronto tra i valori del passato e la situazione del presente; la potenza delle illusioni, la gloria e la noia. Sono tematiche riproposte alla luce di un radicale cambiamento del pensiero di Leopardi: la ragione non è più vista come un ostacolo all’infelicità, ma come uno strumento virile di analisi della realtà, privo di illusioni e di mascheramenti.

Molte delle Operette sono dialoghi, i cui interlocutori sono personaggi fantastici o mitici (Ercole e Atlante, il mago Malambruno e il diavolo Farfarello, la Natura ed un’anima, la Terra e la Luna, un folletto ed uno gnomo, la Moda e la Morte, la Natura ed un Islandese), oppure personaggi storici (Colombo e Gutierrez, Plotino e Porfirio), oppure ancora personaggi storici ed esseri bizzarri o fantastici (Federico Ruysch e le sue mummie, Torquato Tasso e il suo genio familiare). Altre invece sono esposte in forma narrativa, come la Storia del genere umano e La scommessa di Prometeo (specie di racconto filosofico alla Voltaire). Altre infine sono prose liriche (L’elogio degli uccelli, Il cantico del gallo silvestre), raccolte di aforismi (Detti memorabili di Filippo Ottonieri) e discorsi che si rifanno alla trattatistica classica (Il Parini, ovvero della gloria).

Nel Dialogo di un folletto e di uno gnomo i due protagonisti parlano della scomparsa dell’uomo dalla faccia della terra. Un Folletto e uno Gnomo prendono in considerazione la sorte toccata alla specie umana e la sua passata superbia intellettuale. Nel dialogo della Natura e di un Islandese trova sistemazione definitiva la concezione del pessimismo cosmico, ossia la convinzione che sia la natura a causare l’infelicità dell’uomo e non la ragione.

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