Prime opere letterarie in lingua romanza

Ywain-Gawain

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Prime opere letterarie in lingua romanza

I poemi epici

Le più importanti opere in queste lingue si diffusero presso le corti e anche a livello popolare, in particolare con i poemi epici, narrazioni in versi di gloriose gesta di cavalieri. Il desiderio di esaltare le origini eroiche della propria storia, fondendo mito e realtà, caratterizza tutti i popoli europei. I più diffusi poemi epici furono Beowulf (Inghilterra), la Canzone dei Nibelunghi (area germanica) e la Canzone di Orlando (Francia).

La letteratura in lingua d’oïl

In Francia la letteratura in lingua d’oïl è costituita in larga parte dai poemi e dai romanzi che hanno come protagonisti eroici cavalieri. Ne fanno parte i due grandi cicli dell’epopea francese: il ciclo carolingio, dominato da un vivo accento nazionale e religioso e il ciclo bretone, contraddistinto da irrealtà ed esaltazione dello spirito di avventura.

Le Chansons de geste (ciclo carolingio)

Le Chansons de geste (“canzoni di gesta”) sono componimenti in strofe con rime e assonanze, di lunghezza variabile. Esse rielaborano in veste letteraria le res gestae (le imprese militari) di alcuni grandi condottieri. La più celebre delle chansons de geste è la Chanson de Roland (Canzone di Orlando), di autore ignoro. Essa risale probabilmente alla seconda metà del secolo XI e racconta le eroiche imprese di Carlo Magno e dei suoi paladini contro i saraceni. L’episodio più celebre della Chanson de Roland è la sconfitta dell’esercito franco a Roncisvalle e l’eroica morte del paladino Orlando, vittima del tradimento di Gano di Maganza. Vi si esaltano il coraggio, l’eroismo in guerra, l’amore verso la patria e la lealtà nei confronti del sovrano e vi si respira un’atmosfera di forte tensione ideale e spirituale.

Il romanzo cavalleresco e il ciclo bretone

Nell’ambito del romanzo cavalleresco (o cortese), sviluppatosi nella seconda metà del XII sec. presso le corti feudali, si segnalano per la loro importanza i romanzi del ciclo bretone. Nel ciclo bretone (ambientato in Bretagna, nel Nord-Ovest della Francia) si narrano le gesta di re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda. Fra le loro imprese leggendarie occupa un posto preminente la ricerca del Santo Graal, la coppa dove Giuseppe d’Arimatea raccolse il sangue di Cristo crocifisso.

Le forme in cui sono raccontate le gesta dei cavalieri sono varie: canti con accompagnamento musicale, poemetti, romanzi in prosa. Idealità cavalleresche, audacia e spirito di sacrificio ricorrono anche nel ciclo bretone, come in quello carolingio, con la presenza però di molti altri elementi. Sono presenti infatti anche i temi dell’incantesimo e della magia, del fascino dell’esotico e, soprattutto, dell’amore, inteso come rituale di comportamento, come rapporto raffinato e complesso, ma anche come trasgressione e adulterio. I protagonisti s’impegnano in azioni nelle quali l’alto rischio personale permette di misurare le proprie capacità e di raggiungere la gloria individuale, per lo più con lo scopo di conquistare la donna amata. Nel ciclo bretone comincia a prender forma il modello del cavaliere errante, che avrà una larga diffusione nelle letterature dei secoli successivi.

L’autore più noto del ciclo è Chrétien de Troyes, vissuto tra il 1135 circa e il 1190 circa. A lui sono attribuiti cinque romanzi cavallereschi (Erèc et Enide, Cligès, Lancelot, Perceval, Tristan).

I fabliaux

I fabliaux (“favolelli”) sono invece brevi racconti in versi che affrontano temi più realistici, talora con intento satirico. La loro massima espressione si ha, nel corso del XIII secolo, con Le roman de la Rose (Il romanzo della Rosa) di Guillaume de Lorris e Jean Clopinel de Meung-sur-Loire, e con il Roman de Renart (Romanzo di Renart). Nel primo, precetti amorosi in forma allegorica si mischiano a nozioni di filosofia e di scienze naturali. Nel secondo, animali parlanti (tra i quali la volpe, “renard”, in francese) incarnano vari caratteri umani, spesso con spirito ironico.

La letteratura in lingua d’oc

La letteratura in lingua d’oc è composta prevalentemente di opere in poesia. Essa si sviluppa nelle zone della Francia meridionale: Provenza, Aquitania, Limosino, Alvernia, e avrà una profonda influenza sulla poesia lirica italiana. In lingua d’oc scrissero alcuni trovatori (il termine equivale a “poeta”) italiani. Inoltre temi e soluzioni stilistiche provenzali si trasmettono alle scuole poetiche siciliana e stilnovistica, per giungere fino a Petrarca.

La lirica trobadorica

Le corti feudali sono le sedi privilegiate della lirica trobadorica, che per questo è detta anche “poesia cortese”: addirittura si ritiene che il primo poeta cortese sia stato proprio un feudatario, Guglielmo IX, duca d’Aquitania. La lirica cortese ha prevalentemente carattere amoroso, ma trae modelli di comportamento e di linguaggio dall’ambiente feudale. Il poeta è un “vassallo” che si sottomette alla donna amata, la serve e attende da lei il beneficio. I suoi ideali sono ancora la fedeltà, il coraggio, l’eroismo, ma altra diventa la loro destinazione: il poeta si consacra alla dama, la onora e le è devoto fino al sacrificio.

De Amore

Questo sentimento abbraccia ogni aspetto della sua personalità, lo coinvolge profondamente e si traduce in un continuo impegno a migliorare se stesso. In tal modo il poeta ingentilisce il suo animo e lo guida verso la conquista della perfezione morale. I princìpi di questa concezione dell’amore sono tanto precisi che si trovano definiti in veri e propri trattati (come il De Amore del francese Andrea Cappellano): l’amore può vivere solo in animi nobili, esenti da meschinità o vizi, e deve restare “segreto”; l’innamorato ha il dovere di nasconderlo, di “schermarlo”, celando l’identità della donna con un nome fittizio (il cosiddetto senhal); il matrimonio è inconciliabile con l’amore, che si nutre di ostacoli e riceve maggior forza dall’impossibilità di possedere la donna amata.

I trovatori

I trovatori appartengono a ceti diversi, ma la comunanza di vita nella corte e i riconoscimenti ottenuti grazie alla fama poetica finiscono col minimizzare le differenze dovute alla nascita, creando una specie di integrazione sociale. Lo stile della poesia trobadorica mostra un sorprendente livello di raffinatezza: è evidente la capacità di dominare la materia narrata, ricorrendo alle più ardite sperimentazioni linguistiche e retoriche. Esse, talvolta, si arricchiscono di tali rimandi e sottintesi che la lettura e la comprensione immediata del testo diventano ardue: si parla allora di trobar clus (“poetare oscuro, chiuso”), in opposizione al trobar leu (“poetare chiaro, aperto”). La produzione cortese è ricchissima, e non è esclusivamente maschile: si contano infatti almeno diciassette poetesse in lingua d’oc. Risultati di altissimo valore poetico furono conseguiti, tra gli altri, da Bernart de Ventadorn, Jaufré Rudel, Arnaut Daniel e Bertran de Born.

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