Pirandello, Il berretto a sonagli

Ciampa

Luigi Pirandello, Il berretto a sonagli

Il berretto a sonagli è una commedia in due atti. Il titolo si riferisce al berretto portato dai buffoni e dai pazzi.

L’azione ha luogo in una cittadina siciliana, nel salotto della casa del cavalier Fiorìca, un ricco banchiere. La moglie Beatrice, convinta che il marito la tradisca con Nina, giovane moglie di un dipendente – lo scrivano Ciampa – prepara un piano per far scoppiare lo scandalo. Pensa infatti di inviare Ciampa a Palermo con una scusa, in modo che il marito possa appartarsi con l’amante, con l’intento di far intervenire la polizia e di sorprenderlo in flagrante adulterio. La signora Beatrice espone il piano al delegato di polizia Spanò, uomo di fiducia della famiglia, che è costretto a cedere alle pressanti insistenze della donna.

Nel secondo atto scatta la trappola: i due amanti vengono sorpresi e arrestati, l’una per un «decolté eccessivo» e l’altro in «maniche di camicia», per resistenza a pubblico ufficiale. Nel merito, però, assicura il delegato Spanò, il verbale è negativo e il cavaliere sarà prontamente rilasciato. Poiché il marito è stato in qualche modo punito, la signora Fiorìca è ora soddisfatta. Ma non ha considerato la reazione di Ciampa, al quale non resta che vendicare il tradimento palese, ammazzando moglie e amante, poiché un verbale di polizia «negativo» non può cancellare le chiacchiere di paese.

Poiché tutti minimizzano l’accaduto definendolo come un gesto di pazzia, Ciampa è folgorato da un’idea: la signora si finga veramente pazza così i sospetti che hanno provocato lo scandalo saranno attribuiti alla sua pazzia. Egli potrà così evitare di lavare nel sangue il proprio onore. Incalzata dalla paradossale provocazione di Ciampa che le chiede di «farsi tre mesi di villeggiatura» in una casa di salute, per dissipare i sospetti e restituirgli la dignità, la signora libera la corda pazza dandosi a incontrollate escandescenze e gridando in faccia a Ciampa la verità della sua condizione di «becco». Beatrice viene portata via, mentre continua a gridare come se fosse impazzita davvero.

La seria, la civile, la pazza.

Da Il berretto a sonagli

Beatrice fa chiamare Ciampa per affidargli la commissione e lui, sospettando un intrigo, cerca di sottrarsi all’incarico e di convincere la signora a parlare apertamente. Le espone la sua teoria dell’agire sociale (la teoria delle tre corde e del pupo), ma Beatrice è decisa a vendicarsi del marito e non si lascia dissuadere.

 

Beatrice: Già, infatti… Basta. Sentite, Ciampa: ho bisogno di voi, persona fidata, più che di famiglia…

Ciampa: Sissignora, per la devozione –

Beatrice: – per la devozione, e per tutto.

Ciampa: Signora, badi che, di comprendonio, io sono fino, sa?

Beatrice: Che intendete dire?

Ciampa: Niente. Mi pare che lei abbia la bocca… non so… come se avesse mangiato sorbe, ecco, stamattina. –

Beatrice: Sorbe? Miele! Ho mangiato miele, io, stamattina. Scusate, non vi sto dicendo anzi … ?

Ciampa: Oh Dio mio, non sono le parole, signora! Non siamo ragazzini! Lei vuol farmi intendere sotto le parole qualche cosa che la parola non dice.

Beatrice: Ma dove? ma quando? Se voi avete la coda di paglia…

Ciampa: Me n’appello a lei, signor Fifì. Che significa che io sono più che di famiglia? Le rispondo: – Sissignora, per la devozione… – E lei rincalza: – «Per la devozione e per tutto! » – Che significa questo «per tutto»? Che significa che qua siamo tutti padroni, senza distinzione, mia moglie compresa? Sono io con la coda di paglia o è lei piuttosto che la vuol pigliare, non so perché, proprio coi denti contro di me?

Fifì: Contro di voi? Contro di tutti! È un affar serio!

Beatrice: Ma insomma si può sapere che ho detto? O che non so più parlare adesso?

Ciampa: Non è questo, signora mia. Vuol che gliela spieghi io, la cosa com’è? Lo strumento è scordato.

Beatrice: Lo strumento? Che strumento?

Ciampa: La corda civile, signora. Deve sapere che abbiamo tutti come tre corde d’orologio in testa.

(Con la mano destra chiusa come se tenesse tra l’indice e il pollice una chiavetta, fa l’atto di dare una mandata prima sulla tempia destra, poi in mezzo alla fronte, poi sulla tempia sinistra.)

La seria, la civile, la pazza. Sopra tutto, dovendo vivere in società, ci serve la civile; per cui sta qua, in mezzo alla fronte. – Ci mangeremmo tutti, signora mia, l’un l’altro, come tanti cani arrabbiati. – Non si può. – Io mi mangerei – per modo d’esempio – il signor Fifì. – Non si può. E che faccio allora? Do una giratina così alla corda civile e gli vado innanzi con cera sorridente, la mano protesa: – «0h quanto m’è grato vedervi, caro il mio signor Fifì!». Capisce, signora? Ma può venire il momento che le acque s’intorbidano. E allora… allora io cerco, prima, di girare qua la corda seria, per chiarire, rimettere le cose a posto, dare le mie ragioni, dire quattro e quattr’otto, senza tante storie, quello che devo. Che se poi non mi riesce in nessun modo, sferro, signora, la corda pazza, perdo la vista degli occhi e non so più quello che faccio!

Fifì: Benissimo! benissimo! Bravo, Ciampa!

Ciampa: Lei, signora, in questo momento, mi perdoni, deve aver girato ben bene in sé – per gli affari suoi – (non voglio sapere) – o la corda seria o la corda pazza, che le fanno dentro un brontolio di cento calabroni! Intanto, vorrebbe parlare con me con la corda civile. Che ne segue? Ne segue che le parole che le escono di bocca sono sì della corda civile, ma vengono fuori stonate.

Mi spiego? – Dia ascolto a me; la chiuda. Mandi via subito il signor Fifì… (Gli s’appressa.)

La prego anch’io, signor Fifì: se ne vada.

Beatrice: Ma no, perché? Lasciatelo stare.

Fifì: Volete levarmi il piacere di starvi a sentire?

Ciampa (con intenzione): Perché lei, signora, qua – permette? – su la tempia destra, dovrebbe dare una giratina alla corda seria per parlare con me a quattr’occhi, seriamente: per il suo bene e per il mio!

Beatrice: Non sto mica parlando per ischerzo, io. Vi voglio appunto parlare seriamente.

Ciampa: Ah, e sta bene, allora. Eccomi qua. Badi però, signora, – mi lasci dire questo soltanto – badi che, chi non giri a tempo la corda seria, può avvenire che gli tocchi poi di girare, o di far girare agli altri la pazza: gliel’avverto.

Fifì: Mi pare che cominciate voi adesso, caro Ciampa, a parlare stonato.

Beatrice: Già, pare da un pezzo anche a me… Non capisco…

Ciampa: Chiedo perdono. (Con scatto improvviso) Signor Fifì, mio padre aveva tutta la fronte spaccata.

Fifì: Come c’entra adesso vostro padre?

Ciampa: Da ragazzino – sciocco – mio padre, invece di ripararsi la fronte, sa che faceva? si riparava le mani. Inciampando, cadendo, tirava subito le mani indietro, e tònfete, si spaccava la fronte. Io, caro signor Fifì, metto le mani avanti. Le metto avanti, perché la fronte io me la voglio portare sana, libera, sgombra.

Fifì: Ma scusate, se non sapete ancora la ragione per cui mia sorella vi ha fatto chiamare, che mettete le mani avanti?

Ciampa: Chiudo la corda seria, e riapro la civile. (S’inchina.) Ai comandi della mia signora.

Fifì: Ma scusate, se non sapete ancora la ragione per cui mia sorella vi ha fatto chiamare, che mettete le mani avanti?

Ciampa: Chiudo la corda seria, e riapro la civile. (S’inchina.) Ai comandi della mia signora.

Beatrice: Dovreste partire questa sera stessa per Palermo.

Ciampa (con un balzo di sorpresa): Per Palermo? E come? Se domani arriva il padrone…

Beatrice: Ha forse tanto bisogno di voi domani al banco il padrone?

Ciampa: Come no, scusi? Che starei a farci io allora al banco? Perché mi terrebbe?

Beatrice: So che vi tiene a guardia della cassaforte e vi dà alloggio perciò nella stanza accanto.

Ciampa: Solo per questo? Lei mi vuole avvilire. Io scrivo, signora.

Fifì: Non vedi che ha infatti la penna all’orecchio?

Ciampa: All’orecchio, sissignore. Insegna. Scusi, il tavernaio non tiene forse la frasca e la bottiglia di saggio appesa davanti la porta? E io, scrivano, la penna.

Fifì: Scrivano e giornalista!

Ciampa: Lasci stare il giornalista! Attività superflua, che sfogo di notte. Scrivo per conto del padrone; tengo registri, signora, sbrigo affari. O s’immagina forse che noi scherziamo al banco? o che io ci stia per comparsa? Ha forse inteso suo marito lagnarsi di me?

Beatrice: Che? mio marito? di voi? ma figuratevi! Guai a chi vi tocca!

Ciampa: E lei vorrebbe mandarmi questa sera stessa a Palermo?

Fifì: Perché no? Non vedo che male ci sarebbe.

Beatrice: Se dico a mio marito che vi ho mandato io! Non mi sarà permesso di darvi un incarico?

Ciampa: Incarico? Ma lei può sempre comandarmi, signora! È la mia padrona! E per me, caro signor Fifì, andare a prendere una boccata d’aria in una grande città come Palermo, ma si figuri, è la vita! Soffoco qua, signora mia! Qua non c’è aria per me. Appena cammino per le strade di una grande città, già non mi pare più di camminare sulla terra: m’imparadiso! mi s’aprono le idee! il sangue mi frigge nelle vene! Ah, fossi nato là o in qualche città del Continente, chi sa che sarei a quest’ora…

Fifì: Professore… deputato… anche ministro…

Ciampa: E re! Non esageriamo. Pupi siamo, caro signor Fifì! Lo spirito divino entra in noi e si fa pupo. Pupo io, pupo lei, pupi tutti. Dovrebbe bastare, santo Dio, esser nati pupi così per volontà divina. Nossignori! Ognuno poi si fa pupo per conto suo: quel pupo che può essere o che si crede d’essere. E allora cominciano le liti! Perché ogni pupo, signora mia, vuole portato il suo rispetto, non tanto per quello che dentro di sé si crede, quanto per la parte che deve rappresentar fuori. A quattr’occhi, non è contento nessuno della sua parte: ognuno, ponendosi davanti il proprio pupo, gli tirerebbe magari uno sputo in faccia. Ma dagli altri, no; dagli altri lo vuole rispettato.

Esempio: lei qua, signora, è moglie, è vero?

Beatrice: Moglie, già! almeno…

Ciampa: Si vede dal modo come lo dice, che non ne è contenta. Pur non di meno, come moglie, lei vuole portato il suo rispetto, non è vero?

Beatrice: Lo voglio? Altro che! Lo pretendo. E guai a chi non me lo porta!

Ciampa: Ecco, vede? Caso in fonte. E così, ognuno! Lei forse col cavalier Fiorìca, mio riverito principale, se lo conoscesse soltanto come un buon amico, potrebbe stare insieme nella pace degli angeli. La guerra è dei due pupi: il pupo-marito e la pupa-moglie. Dentro, si strappano i capelli, si vanno con le dita negli occhi; appena fuori però, si mettono a braccetto: corda civile lei, corda civile lui, corda civile tutto il pubblico che, come vi vede passare, chi si scosta di qua, chi si scosta di là, sorrisi, scappellate, riverenze – e i due pupi godono, tronfii d’orgoglio e di soddisfazione!

Fifì (ridendo): Ma sapete che siete davvero spassoso, caro Ciampa!

Ciampa: Ma se questa è la vita, signor Fifì! Conservare il rispetto della gente, signora! Tenere alto il proprio pupo – quale si sia – per modo che tutti gli facciano sempre tanto di cappello! – Non so se mi sono spiegato. – Veniamo a noi, signora. Che devo andare a fare a Palermo?

Pirandello

Analisi del testo

La commedia, che riprende le tematiche delle due novelle La verità (1912) e Certi obblighi (1912), venne scritta nell’agosto 1916 in dialetto siciliano per Angelo Musco con il titolo ‘A birritta cu’ i cianciareddi. In questa versione fu messa in scena dalla compagnia di Musco a Roma, al Teatro Nazionale, il 27 giugno 1917. Nel 1918 Pirandello preparò la traduzione in italiano che fu rappresentata a Roma il 15 dicembre 1923.

Ciascuno di noi porta sulla fronte tre “corde d’orologio”, che allenta o stringe in relazione all’interlocutore che si trova di fronte e alla situazione. La corda civile ci serve per relazionarci con gli altri in tono cordiale e formale, controllando la nostra reciproca ostilità. La corda seria è quella che, opportunamente, giriamo quando dobbiamo avvertire una persona che sta oltrepassando il limite nei  nostri confronti. La corda pazza è, infine, quella che giriamo quando i tentativi di chiarimento effettuati tramite la corda seria falliscono, scatenando così la nostra aggressività. Inoltre, sostiene Ciampa, ciascun individuo è costretto a difendere il suo pupo, l’immagine di sé che si è costruito. Il nostro pupo potrebbe non piacerci, potrebbe addirittura ripugnarci, ma dagli altri, in ogni caso, esigiamo che venga rispettato e non deriso, e impediamo a ogni costo che gli altri ne mettano in discussione il prestigio sociale.

Esercizi di analisi del testo

  1. Perché Ciampa sospetta che Beatrice stia ordendo un intrigo? Che cosa la esorta a fare?
  2. In che cosa consiste la teoria delle tre corde?
  3. In che cosa consiste la teoria del “pupo”?

 

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