Pirandello, Io mi chiamo Mattia pascal

mattia pascal

Luigi Pirandello, Io mi chiamo Mattia Pascal.

Che cosa c’è di più certo del nostro nome e cognome? Ci sembra che sia una cosa scontata, come l’aria che respiriamo. Una delle poche certezze della vita. Al protagonista del romanzo non resterà neppure questo…

 

 

Una delle poche cose, anzi forse la sola ch’io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal. E me ne approfittavo. Ogni qual volta qualcuno de’ miei amici o conoscenti dimostrava d’aver perduto il senno fino al punto di venire da me per qualche consiglio o suggerimento, mi stringevo nelle spalle, socchiudevo gli occhi e gli rispondevo:

– Io mi chiamo Mattia Pascal.

– Grazie, caro. Questo lo so.

– E ti par poco?

Non pareva molto, per dir la verità, neanche a me. Ma ignoravo allora che cosa volesse dire il non sapere neppur questo, il non poter più rispondere, cioè, come prima, all’occorrenza:

– Io mi chiamo Mattia Pascal.

Analisi del testo

Il personaggio-narratore dichiara che una delle poche certezze che un tempo aveva era quella di chiamarsi Mattia Pascal. Lascia poi intendere che in seguito, per qualche ragione imprecisata, persino quella certezza, benché minima, è venuta meno. Il protagonista, che ha svolto per circa due anni la mansione di bibliotecario, dice di essersi deciso a raccontare per iscritto il proprio “caso”, pur provando scarsa stima per i libri, perché lo ritiene particolarmente curioso e istruttivo. Egli lascerà il manoscritto nella biblioteca dove ha lavorato, con l’obbligo però di aprirlo soltanto cinquant’anni dopo la sua terza, ultima e definitiva morte.

Laboratorio – Analisi del testo

  1. Il protagonista-narratore anticipa, all’inizio del romanzo, il tema centrale alla base della vicenda: di che cosa si tratta?
  2. Per quale ragione una cosa così scontata come quella del nome non sarà per lui, in seguito, affatto scontata?

 

 

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