Ermetismo

HermesTrismegistus

 

L’ermetismo

Tra le due guerre, dopo le esperienze delle avanguardie in tutta Europa si assiste ad un processo di “ritorno al l’ordine”. Dopo gli esiti estremi delle avanguardie si sente la necessità di guardare indietro e di riconnettersi più direttamente anche alle esperienze decadenti e simboliste europee.

Caratteri generali

L’Ermetismo, i cui principali esponenti sono Alfonso Gatto, Leonardo Sinisgalli, Alessandro Parronchi, Piero Bigongiari e Mario Luzi, è una corrente della poesia italiana del Novecento sviluppatasi in particolare negli anni Trenta, soprattutto grazie a un gruppo di poeti che collaborarono alle riviste letterarie fiorentine “Frontespizio” e “Campo di Marte”. La tendenza ermetica continuò fino all’inizio degli anni Cinquanta, con Luzi, Sereni e il primo Zanzotto. A partire dal 1943 — con la caduta del fascismo e con l’immersione nella realtà cui furono costretti gli scrittori a causa della guerra — l’Ermetismo cominciò a declinare, mentre si andò affermardo la poetica del Neorealismo, che prevarrà fino al 1955. Vicini agli ermetici furono anche Carlo Betocchi e Salvatore Quasimodo.

Origine del termine

Il termine “Ermetismo” fu usato in origine con un significato negativo dal critico Francesco Flora nel saggio La poesia ermetica del 1936, in cui l’autore, facendo riferimento al mito classico di Mercurio, che sotto il nome di Ermete Trismegisto (tre volte grande) avrebbe istituito le scienze occulte, alludeva al carattere oscuro e chiuso di questa poesia. Tratto caratteristico dell’ermetismo è quello dell’essenzialità e quasi sacralità della parola poetica, con componimenti molto brevi, talvolta di soli due o tre versi, perlopiù privi di punteggiatura. Il carattere stilistico fondamentale dell’Ermetismo, che gli ha procurato poi il nome, è l’accanita e raffinata elaborazione tecnica del linguaggio, da cui deriva la possibilità di attribuire alla parola quelle funzioni allusive, evocative e musicali che ne fanno strumento di conoscenza e dei godimento estetico. Il termine ha perduto il suo originario significato negativo, e ora indica semplicemente la tendenza poetica affermatasi negli anni Trenta a opera di poeti attivi soprattutto a Firenze. Dell’Ermetismo si è occupato particolarmente Carlo Bo in alcuni saggi pubblicati nel 1938 su “Frontespizio”, in termini assai meno negativi di Flora.

Le radici dell’Ermetismo

La poesia ermetica si ricollega e in parte deriva dall’esperienza delle riviste “La Voce” e “La Ronda”. Gli Ermetici respingono l’oratoria ornata di D’Annunzio, l’effusione sentimentale pascoliana, la colloquialità e il provincialismo dei Crepuscolari, il dinamismo dei Futuristi. Tuttavia, le scelte stilistiche degli Ermetici si muovono sulla linea di rinnovamento formale indicata da questi autori e movimenti, di cui respingono i contenuti, mentre hanno in comune con essi la concezione irrazionalistica della poesia, vista come strumento di intuizione analogica della realtà.

Punti di riferimenti essenziali degli Ermetici sono i maestri del simbolismo europeo, come Verlaine, Mallarmé, Valéry e Eliot e alcuni esponenti del Surrealismo, come Eluard, che vivono la poesia come esperienza totale e autonoma, che non ha bisogno di integrarsi con altre attività dello spirito.

Dall’esistenzialismo tedesco e francese, dalla filosofia dell’angoscia, dello scacco, che implica l’idea dell’uomo solo, in preda a sentimenti di dolorosa aridità, gli ermetici derivano il concetto di assenza, cioè della possibilità di conoscere il mondo solo attraverso immagini negative.

I poeti Ermetici sentirono l’influenza della poesia di Ungaretti, in particolare della seconda raccolta poetica “Sentimento del Tempo”, mentre per certi versi Montale, che pure prese le distanze dall’Ermetismo, nella raccolta “Le occasioni” (scritto a Firenze tra il 1929 e il 1939), presenta qualche punto di contatto con il movimento ermetico.

I temi

Alle radici dell’ermetismo sta la manifestazione di un’acuta sofferenza, determinata da uno stato di crisi che è insieme sociale e storica, ma soprattutto individuale e spirituale. I poeti ermetici perseguono l’ideale di una “poesia pura” libera da ogni finalità pratica o scopo educativo. Il tema centrale della poesia ermetica è il senso della solitudine disperata dell’uomo moderno, che ha perduto la fiducia nei valori e nei miti della civiltà romantica e positivistica, che non ha più certezze a cui ancorarsi saldamente. La poesia ermetica è fatta di stati d’animo, di scavo interiore, espresso in tono sommesso, con un linguaggio raffinato ed evocativo che sfuma ogni riferimento diretto all’esperienza.

La poesia “ermetica” difende l’autonomia e l’indipendenza dei valori poetici. La verità della parola interiore, autenticamente segreta e verginale, viene rivendicata in tenace silenzio: i poeti ermetici non lanciano proclami clamorosi e gridati come i futuristi, ma anzi si schierano contro le direttive, le pressioni politiche e il clima ostentatamente e teatralmente vittorioso del regime fascista. Mentre la retorica e la propaganda fascista glorificavano il presente storico mussoliniano e imperiale, vantando i successi militari (impresa d’Etiopia) e sociali, gli Ermetici portavano avanti una silenziosa, segreta protesta, conducevano una loro resistenza passiva al regime. Appartati volontariamente, chiusi dentro isole di vigilanza morale e di ricerca interiore, gli ermetici si dedicano unicamente all’esercizio poetico.

Disinteresse, senso d’esilio rispetto alla realtà storica e politica del momento, atteggiamento di non partecipazione, di assenza nei confronti dei “doveri” politici e sociali, e viceversa un interesse profondo, totale, assoluto per la vita interiore, per la condizione ed i problemi dell’esistenza umana, per le dimensioni spirituali, coscienziali dell’uomo. Timorosi di compromettersi desiderosi di evitare qualsiasi confusione con i partiti e il potere, questi poeti si chiudono aristocraticamente nel loro mondo a meditare sulla condizione esistenziale dell’individuo.

Lo stile

I poeti ermetici mirano a restituire alla parola poetica tutto il suo valore espressivo originario, banalizzato dall’uso comunicativo quotidiano o logorato dalla lunga tradizione letteraria. Essi aspirano dunque a una “poesia pura”, che si pone al di fuori di ogni dimensione spaziale e temporale e che si propone di evocare più che di comunicare, libera da ogni desiderio di trasmettere valori o insegnamenti che non siano quelli impliciti nella poesia stessa.

Tale carattere evocativo della poesia si realizza soprattutto attraverso il ricorso alla tecnica dell’analogia, che instaura tra le immagini poetiche e la realtà che esse fanno emergere un rapporto libero da legami di tipo logico e razionale. In tal modo, la poesia diviene l’espressione più autentica e diretta degli aspetti più profondi e spesso misteriosi della vita umana.

L’uso di analogie e di raffinate metafore, con un lessico prezioso e ricercato, conferiscono a questa lirica il suo carattere oscuro e difficile, che comporta per il poeta il rischio del ripiegamento su se stesso e dell’isolamento dal mondo che lo circonda. Consapevoli di questo rischio, gli ermetici rivendicarono la dignità di questo atteggiamento come unica possibile forma di difesa dalla retorica fascista e di opposizione silenziosa al controllo delle coscienze esercitato dal Regime. La torre d’avorio degli ermetici vuole tutelare l’universale umano sublimandolo e distillandolo in una ricerca di purezza che esclude qualsiasi forma di impegno pratico o politico e di discorso razionale e ideologico. Liberata da ogni retorica eroica e da ogni motivo logico e narrativo, la parola si fa evocativa, riuscendo a creare illuminazioni liriche che stimolano la sensibilità del lettore, attingendo dalla sfera del profondo sensazioni e sentimenti misteriosi e inespressi.

Gli ermetici rifiutarono la sintassi e la metrica tradizionale, mirarono all’essenzialità della parola impiegata in modo nuovo, considerarono la poesia come rivelazione della condizione esistenziale dell’uomo.

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