Italo Svevo – La vita e la formazione

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Italo Svevo – La vita e la formazione

«La salute non analizza se stessa e neppure si guarda allo specchio. Solo noi malati sappiamo qualche cosa di noi stessi.»

 

Italo Svevo, pseudonimo di Aron Hector Schmitz, nacque nel 1861 a Trieste da una famiglia borghese benestante di origine ebraica. Sulle orme del padre commerciante compì studi commerciali, prima in Germania, presso il collegio di Segnitz, poi a Trieste all’Istituto “Pasquale Revoltella”. Nel 1880, dopo il fallimento dell’azienda paterna, ottenne un impiego nella filiale triestina della Banca “Union” di Vienna. Iniziò la collaborazione con il giornale l’«lndipendente». Nel 1892 pubblicò il suo primo romanzo Una vita, con lo pseudonimo di Italo Svevo, che fu sostanzialmente ignorato dalla critica e dal pubblico. Nel 1896 Svevo sposò la cugina Livia Veneziani, molto più giovane di lui. Nel 1898 apparve sull’Indipendente a puntate il suo secondo romanzo Senilità, pubblicato a spese dell’autore nello stesso anno senza alcun successo. Deluso dall’insuccesso e licenziatosi dalla banca, Svevo entrò nella fabbrica di vernici del suocero e sembrò rinunciare all’“attività” letteraria per dedicarsi esclusivamente al commercio.

Una svolta importante fu rappresentata dall’incontro nel 1906 con lo scrittore irlandese James Joyce e, dopo il 1910, dall’accostamento alla psicoanalisi freudiana. Nel 1915, allo scoppio della Prima guerra mondiale, la famiglia abbandonò Trieste e Svevo rimase da solo a dirigere il colorificio che però chiuse qualche anno dopo. Nel 1919 cominciò a scrivere La coscienza di Zeno, pubblicato nel 1923. Dopo l’iniziale disinteresse, scoppiò il “caso Svevo”, una vivace discussione sul romanzo e sulle altre opere dello scrittore: in Italia, nel 1925, a partire dall’articolo di Montale Omaggio a Italo Svevo, sulla rivista “L’Esame”; in Francia, nel 1926, con le recensioni degli italianisti francesi Benjamin Cremieux e Valery Larbaud su “Le Navire d’Argent”). Svevo intanto lavorava a una serie di novelle e ad un quarto romanzo, Il Vecchione o Le confessioni di un vegliardo, quando, a causa delle ferite riportate in un incidente automobilistico vicino a Motta di Livenza, in provincia di Treviso, perse la vita il 13 settembre del 1928 e le opere e gli abbozzi intrapresi verranno pubblicati solamente postumi.

Trieste
Trieste – Piazza Verdi

Caratteristiche dell’ambiente d’origine

Svevo nasce a Trieste, allora appartenente all’impero asburgico, città cosmopolita, crocevia di etnie e di culture diverse, da quella italiana a quella tedesca, da quella ebraica a quella slava. La sua famiglia è di origine ebraica e il padre, commerciante in vetrami, lo indirizza verso studi finalizzati alla carriera commerciale.

Significato dello pseudonimo

Lo pseudonimo, Italo Svevo, intende sottolineare le due componenti fondamentali della formazione culturale dello scrittore, quella italiana e quella tedesca, il congiungersi della “italianità del suo sentire con il germanesimo della sua educazione”. Svevo decide di essere “italiano” senza però dimenticare le sue origini ebraiche e la sua cultura tedesca.

Interessi filosofici: Darwin, Marx, Schopenauer, Nietzche e Freud.

La visione del mondo di Svevo è influenzata, dalla lettura di Darwin, Marx, Schopenauer, Nietzsche, Freud, di cui egli recepisce in modo originale l’approccio critico e conoscitivo, volto a mettere in rilievo la disarmonia tra individuo e società. Da Darwin riprende l’idea della selezione naturale, ma respinge il suo ottimismo e la sua fiducia nel progresso. Di Marx apprezza soprattutto l’analisi critica della civiltà borghese e dei suoi meccanismi economici e sociali. Da Schopenhauer riprende la critica degli «autoinganni» e delle ideologie che mascherano i desideri dell’uomo e da Nietzsche la critica spietata dei valori borghesi. Di Freud Svevo apprezza l’analisi dell’inconscio e delle razionalizzazioni con cui l’individuo giustifica il proprio comportamento, ma considera la psicoanalisi più come una stimolante tecnica di conoscenza che come efficace terapia medica. La nevrosi rappresenta per Svevo il rifiuto dell’individuo di adattarsi ai meccanismi alienanti della civiltà: l’ammalato è colui che non vuole rinunciare alla forza del desiderio e la terapia lo rende più “normale” ma ne spegne le pulsioni vitali. Rispetto all’uomo efficiente ma del tutto integrato nei meccanismi della società borghese, egli preferisce essere un “inetto”, aperto a una visione critica della vita.

Influenze letterarie e poetica.

L’educazione giovanile di Svevo è per metà italiana e per metà tedesca. La sua formazione letteraria si basa da un lato sugli scrittori realisti e naturalisti (Balzac, Flaubert e Zola; ma anche Verga), dall’altro sul romanzo psicologico di fine Ottocento, in particolare di Dostoevskij. Svevo mostra inoltre interesse per la letteratura inglese, soprattutto quella umoristica di Swift e di Sterne. Egli concepisce la letteratura come un modo per sottrarre la vita all’annullamento derivante dal trascorrere del tempo, perché attraverso la narrazione è possibile rivivere i momenti importanti della propria vita, l’esperienza del passato, i desideri e le pulsioni che nella realtà sono spesso repressi e soffocati.

 

 

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