Dante, Il conte Ugolino e frate Alberigo

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Dante, Inferno, Il conte Ugolino.

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…più che ‘l dolor, poté ‘l digiuno

Canto XXXIII – Cerchio IX – 2^ zona – Antenora[1] – 3^ zona – Tolomea[2]

Il tema del cannibalismo

La vicenda truculenta del conte Ugolino, al di là delle possibili interpretazioni, tocca il tema del cannibalismo, che è presente come tema centrale in questo canto (ma anche in quello successivo se si pensa alla perenne triturazione dei traditori per eccellenza, Giuda, Bruto e Cassio, ad opera di Lucifero). Non si tratta di un’invenzione dantesca né, purtroppo, di una pratica puramente letteraria, né di un tema destinato ad esaurirsi, solo che si pensi alle notizie di cronaca, ai romanzi e ai film. Dante non cantava storie destinate ai soli palati raffinati ma spesso faceva riferimento a veraci e crudeli vicende di cronaca.

Il canto si apre con un’immagine d’inaudita violenza ed orrore: un dannato che solleva la bocca dal cranio del suo vicino.

Ugolino e Ruggieri

Il poeta, colpito dalla scena, chiede al dannato chi sia e quale sia l’origine di tale ferocia.

Sollevata la bocca dalla testa e pulitala dai capelli, il dannato dichiara di essere il conte Ugolino della Gherardesca (qui punito per il tradimento della propria parte politica), fatto rinchiudere in una torre dall’arcivescovo Ruggieri degli Ubaldini, e lasciato morir di fame assieme ai propri figli.

Dante suggerisce la possibilità che egli, prima di morire, sia stato dalla fame costretto a cibarsi delle carni dei propri figli. Dura l’invettiva contro la città di Pisa: non si devono far ricadere sui figli le colpe dei padri.

Frate Alberigo

I poeti si addentrano nella terza zona del nono cerchio, la Tolomea, dove sono puniti i traditori degli ospiti, che tengono il viso rivolto verso l’alto cosicché le prime lagrime versate dai dannati formano un blocco di ghiaccio e ricoprono gli occhi come visiere di cristallo. Dante qui incontra il faentino frate Alberigo, macchiatosi di un orrendo delitto contro due suoi parenti, trucidati a tradimento mentre erano a banchetto insieme con lui da alcuni sicari, quando il frate pronunziò la frase: “Vengano le frutta“. L’espressione “le frutta di frate Alberigo” divenne proverbiale.

A causa del suo ripugnante peccato l’anima di Alberigo, come quelle di tutti i traditori della Tolomea, è sprofondata immediatamente all’Inferno nel luogo della pena, mentre un diavolo ha preso il suo posto nel suo corpo ancora in vita. Dante, che aveva promesso al dannato di tergergli le lacrime ghiacciate, si allontana senza mantenere la promessa: gesto nobile è infatti quello di ripagare con questa villania, un peccatore così disumano e spietato, che non merita nessuna pietà (“Cortesia fu lui esser villano” ovvero: fu cortese essere villano nei suoi confronti). Il canto si chiude con un’invettiva contro i Genovesi.

Tematiche:

□   Il tradimento;

□   La crudeltà delle lotte di parte;

□   Il cannibalismo

Le sequenze:

□   Prima sequenza: il conte Ugolino narra la propria tragica vicenda. (1-78).

□   Seconda sequenza: Dante lancia un’invettiva contro Pisa (79-90).

□   Terza sequenza: l’incontro con Frate Alberigo dei Manfredi (91-150).

□   Quarta sequenza: Dante lancia l’invettiva contro Genova. (151-157).

Dannati:

Traditori della patria o del proprio partito.

Pena:

I dannati della seconda zona (Antenora) sono confitti nel ghiaccio fino alla testa con il viso in alto (a differenza di quelli della prima zona, Caina, in cui hanno il viso rivolto in basso).

I dannati della terza zona (Tolomea) tengono il viso rivolto verso l’alto cosicché le lacrime si ghiacciano formando una maschera di cristallo sugli occhi e ricacciando indietro le lacrime appena sgorgate.

Contrappasso:

La superficie ghiacciata di Cocito, che blocca i dannati nella posizione della loro pena, riflette la loro totale immobilità spirituale nella vita terrena.


[1] La seconda zona prende il nome da Antenore, un saggio principe troiano che, come racconta Omero, consiglia la restituzione di Elena per porre fine alla guerra. Si diffuse la leggenda che Antenore, con il suo consiglio, meditasse il tradimento della patria.

[2] Essa prende nome da Tolomeo, un personaggio biblico, che fece uccidere, durante un banchetto, il suocero Simone Maccabeo con i suoi due figli Giuda e Mattatia.

 

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