Herman Melville, Moby Dick

Moby Dick

Herman Melville, Moby Dick

– Chiamatemi Ismaele

– A letto con un cannibale

– Il capitano Achab

– Moby Dick e l’ossessione di Achab

L’ultima caccia a Moby Dick

Il romanzo Moby Dick fu pubblicato in due versioni differenti nel 1851: in ottobre a Londra, col titolo The Whale (“La balena”); in novembre a New York, col titolo definitivo Moby-Dick, or The Whale (“Moby Dick, ossia la balena”). È il periodo del cosiddetto Rinascimento americano, che vide la pubblicazione di opere letterarie come La lettera scarlatta di Nathaniel Hawthorne (1850), La capanna dello zio Tom di Harriet Beecher Stowe (1852) così come Walden (1854) di Henry David Thoreau e la prima edizione di Foglie d’erba di Walt Whitman (1855). Melville dedicò il romanzo all’amico Nathaniel Hawthorne. Fu un fallimento commerciale: alla morte di Melville, nel 1891, l’opera era fuori stampa, e ne erano state vendute circa 3200 copie. Fu riscoperto solo negli anni Venti del ‘900. Moby Dick fu tradotto in italiano per la prima volta da Cesare Pavese e pubblicato nel 1932 dall’editore Frassinelli.

La trama

Il nucleo centrale del romanzo è costituito dalla testarda, ossessiva, folle caccia a Moby Dick, la balena bianca, da parte del capitano Achab. Narratore in prima persona e personaggio della vicenda ma soprattutto osservatore è un giovane marinaio, che all’inizio del romanzo dice di sé “Chiamatemi Ismaele”. Ismaele è un marinaio in procinto di partire da Manhattan. Dopo diverse esperienze nella marina mercantile, questa volta egli ha deciso di imbarcarsi su una baleniera. Così, in una notte di dicembre Ismaele giunge alla Locanda dello Sfiatatoio, presso New Bedford, dove è costretto a dividere un letto con uno sconosciuto, al momento assente. Quando il suo compagno di branda, un ramponiere polinesiano ricoperto di tatuaggi chiamato Queequeg, fa ritorno a ora tarda e scopre Ismaele sotto le sue coperte, i due uomini si spaventano reciprocamente. Tuttavia i due diventano presto amici e decidono di imbarcarsi assieme da Nantucket sulla baleniera Pequod, un “natante cannibale che si adornava delle ossa dei nemici”. Imbarcati sulla nave vi sono 30 marinai di ogni razza e provenienti da ogni angolo della terra.

L’inflessibile capitano Achab comanda la nave, ma al momento sembra essere assente. Dopo essersi arruolati, i due amici s’imbattono nel misterioso Elia, un uomo che allude a future disgrazie che colpiranno Achab e il Pequod. All’inizio sono gli ufficiali della nave, Starbuck (primo ufficiale), Stubb e Flask, a dirigere la rotta, mentre Achab se ne sta rinchiuso nella sua cabina. Eppure, si intuisce che dietro di loro vi è il comandante che impartisce gli ordini. Una mattina, qualche tempo dopo la partenza, finalmente Achab compare sul cassero della nave. La sua è una figura imponente e impressionante, con una gamba che gli manca dal ginocchio in giù, rimpiazzata da una protesi realizzata con la mascella di un capodoglio. Achab svela all’equipaggio che il vero obiettivo della sua caccia è Moby Dick, un enorme capodoglio dalla pelle chiazzata e con la gobba bianca, che lo ha menomato durante il suo ultimo viaggio. Egli non si fermerà davanti a niente nel suo tentativo di uccidere la balena bianca. Con un esaltato discorso, Achab riesce a galvanizzare l’equipaggio, motivandolo a perseguire con determinazione la caccia a Moby Dick.

Durante la prima calata della lance per inseguire un gruppo di balene, Achab si avvale di un proprio misterioso equipaggio, che ha fatto salire di nascosto sulla nave. Di questi uomini fa parte un misterioso ramponiere, chiamato Fedallah (a cui si fa anche riferimento come il “Parsi”), che esercita una sinistra influenza su Achab.

Il romanzo descrive numerosi “gam”, incontri fra due navi in mare aperto durante i quali Achab, ossessivamente, pone un’unica domanda ai capitani delle navi incontrate: «Avete visto la Balena Bianca?»

Quando il Pequod entra nell’Oceano Pacifico Queequeg si ammala mortalmente e chiede al carpentiere della nave che gli venga costruita una bara, che però alla fine non gli servirà, per la sua inaspettata guarigione. La bara diviene così la sua cassa portaoggetti che poi verrà calafatata e adattata per rimpiazzare il gavitello del Pequod.

Da equipaggi di altre baleniere giungono notizie su Moby Dick. Il capitano Boomer del Samuel Enderby, che ha perso un braccio proprio a causa della balena, si stupisce di fronte al bruciante desiderio di vendetta di Achab. Dalla nave Rachele arriva una richiesta di aiuto per ricercare uno dei figli del capitano, andato disperso assieme alla sua barca durante un recente scontro con la balena bianca. Ma il Pequod adesso è davvero vicino a Moby Dick e Achab non si fermerà di certo per soccorrerli. Infine viene incrociata la Letizia mentre il suo capitano sta facendo gettare a mare un marinaio ucciso da Moby Dick. Starbuck, sentendo vicino il disastro, implora vanamente Achab per l’ultima volta di riconsiderare la sua sete di vendetta.

Il giorno dopo, il Pequod avvista Moby Dick. Per due giorni l’equipaggio insegue la balena, che infligge loro numerosi danni, compresa la scomparsa in mare del ramponiere Fedallah che al terzo giorno Moby Dick, riemergendo, mostra ormai morto avviluppato dalle corde dei ramponi. Il capodoglio, che nuota lontano dal Pequod, non cerca la morte dei balenieri, mentre Achab vuole la sua vendetta. Starbuck esorta un’ultima volta Achab a desistere, osservando che: «Moby Dick non ti cerca. Sei tu, tu che pazzamente lo insegui!» (Cap. 135)

Achab ignora per l’ennesima volta la voce della ragione e continua con la sua caccia sventurata. Poiché Moby Dick ha danneggiato due delle tre lance salpate per cacciarlo, l’imbarcazione di Achab è l’unica rimasta intatta. Achab rampona la balena, ma la corda del rampone si rompe. Moby Dick si scaglia allora contro il Pequod stesso, il quale, danneggiato gravemente, comincia ad affondare. Achab rampona nuovamente la balena ma questa volta il cavo gli si impiglia al collo e viene trascinato negli abissi oceanici dall’immersione di Moby Dick. La lancia viene quindi inghiottita dal vortice generato dall’affondamento della nave, nel quale quasi tutti i membri dell’equipaggio trovano la morte.

Soltanto Ismaele riesce a salvarsi, aggrappandosi alla bara di Queequeg. Dopo due giorni viene fortunosamente tratto in salvo dalla Rachele.

Avventure per mare e industria baleniera

Moby Dick affonda le sue radici da un lato nelle avventure per mare vissute personalmente dall’autore, dall’altro nelle narrazioni popolari che avevano mitizzato la caccia alla balena, come espressione della vitalità e delle virtù eroiche del Nuovo Mondo. In relazione alla caccia alle balene tra i marinai si raccontavano vicende che assumevano i tratti dello straordinario e che spesso sconfinavano nell’inspiegabile. Una di queste è quella del grande capodoglio Mocha Dick, chiamato così perché il suo primo combattimento era avvenuto presso l’isola di Mocha, al largo del Cile, nel 1810. Esso aveva la pelle di color grigio chiaro e un’enorme testa attraversata da una larga cicatrice bianca. Si raccontava che Mocha Dick avesse molti ramponi conficcati nel dorso e che avesse affondato molte navi, che sembrava attaccare con grande determinazione. Fu ucciso nel 1859. Un secondo avvenimento molto noto fu l’affondamento nel 1820 della baleniera Essex di Nantucket, dopo l’urto con un enorme capodoglio a 3200 km dalla costa occidentale del Sud America, raccontato dal sopravvissuto primo ufficiale Owen Chase. La baleniera aveva attaccato un gruppo di capodogli e durante il combattimento uno degli animali, di lunghezza superiore a trenta metri, aveva puntato contro la nave e l’aveva fatta affondare. Dopo una lunga peregrinazione in mare pochi superstiti (che dalla fame furono costretti al cannibalismo) furono tratti in salvo.

L’industria baleniera era nata alla fine del XVII secolo nelle colonie inglesi del Nordamerica e in America la caccia alle balene aveva conosciuto il suo maggiore sviluppo.Alla fine del XVIII secolo la produzione di olio di capodoglio nei porti del Nuovo Mondo sfiorava i 50.000 barili. La caccia alle balene ebbe una fase di crisi durante la guerra d’Indipendenza americana, per poi riprendere con rapidità impressionante nell’Ottocento. Fin dal 1690 Nantucket era divenuta il primo porto di caccia americano e grazie alla lavorazione del prezioso olio di capodoglio, alle fabbriche di arpioni e di cordami e di attrezzature per le navi visse un’età d’oro. Nuntecket a metà dell’Ottocento fu sostituita per importanza da New Bedford, cui faceva capo oltre metà della flotta baleniera mondiale e dove l’intera popolazione viveva dei proventi della caccia alle balene (fabbri, carpentieri, fabbricanti di candele, ecc.). La crescente richiesta di marinai balenieri giustificava l’ingaggio di individui di qualsiasi provenienza. Perciò le due città baleniere erano frequentate da una popolazione eterogenea, composta da individui appartenenti a tutte le razze, tra cui africani, isolani delle Azzorre e dei Mari del Sud, selvaggi dal volto tatuato e dallo strano abbigliamento.

Romanzo d’avventure o “poema sacro”?

Moby Dick potrebbe essere considerato un romanzo d’avventure, e sicuramente è anche questo, seppure in modo singolare. Esso tuttavia probabilmente, come annotato da Cesare Pavese, si rivela come “un vero e proprio poema sacro”. In ogni caso i riferimenti biblici, benché con la compresenza di un gran numero di diverse citazioni, scientifiche, mitiche, epiche e letterarie, sono centrali. Il romanzo è immerso in un’atmosfera di solennità e severità da Vecchio Testamento, a partire dai nomi biblici: Ismaele, Giona, Elia, Bildab e lo stesso Achab.

Il “libro malvagio”

In una lettera a Hawthorne, Melville definiva il suo romanzo come il “libro malvagio” poiché protagonista del racconto era il male, della natura e degli uomini. Per Achab, Moby Dick concentra in sé l’essenza misteriosa dell’orrore e del male dell’universo. D’altra parte, Achab e il suo nemico formano una coppia indissolubile. La lotta epica tra Achab e la balena rappresenta una sfida tra il Bene e il Male. Moby Dick incarna per Achab il Male dell’universo e il demoniaco presente nell’animo umano. Ma talvolta il rapporto sembra ribaltarsi, perché la balena viene vista in chiave positiva, mentre il Male sembra incarnarsi nella malata ossessione del capitano Achab.

Malattia e grandezza di Achab

Il capitano Achab è il protagonista assoluto della storia. Roso dall’odio e da una inestirpabile ossessione interiore, vuole vendicarsi di Moby Dick che gli ha tranciato la gamba. Così, egli guida con lucida follia il suo equipaggio a caccia dell’enorme capodoglio, che ai suoi occhi ha le sembianze del biblico Leviatano e che egli deve uccidere a ogni costo, poiché la morte della balena è ormai la sua unica, paranoica ragione di vita. Il “peccato” di Achab ricorda quello dell’Ulisse di Dante, che sfida i limiti della conoscenza umana. La brama irrefrenabile di conoscere (in questo caso di vincere Moby Dick) comporta il non accettare i limiti della propria natura. È una ribellione a Dio votata alla sconfitta. Eppure, anche l’accettazione passiva dei limiti alla conoscenza significa rinunciare alle nostre potenzialità e aspirazioni più profonde. In altri termini, sia soffocando l’ansia di conoscenza, sia concedendole uno spazio destinato a rivelarsi blasfemo, l’uomo è condannato all’infelicità. L’indomabile, folle volontà di Achab di vincere l’abisso lo rende comunque grande, un degno avversario della Balena Bianca. D’altronde, dice Melville al lettore, “gli uomini grandi lo sono a causa di qualche loro anomalia e ogni mortale grandezza non è che malattia”. La grandezza di Achab consiste nel non accettare il mistero della natura. Finirà impigliato nelle sue stesse corde.

Chiamatemi Ismaele

Il bellissimo incipit del romanzo “Chiamatemi Ismaele” (Call me Ishmael) ci pone immediatamente a contatto con il narratore della storia, Ismaele appunto, l’unico superstite del Pequod. Il nome Ishmael ha origine biblica, infatti nella Genesi Ismaele è il figlio di Abramo e della schiava Agar, cacciati nel deserto. Figura centrale del romanzo è Achab (e di riflesso Moby Dick), ma anche Ismaele è un personaggio importante. Tuttavia, mentre Achab è tutto un ribollire di energia e azione, Ismaele principalmente osserva e descrive.

 

Herman Melville

Nacque a New York il 1º agosto del 1819, figlio di Allan Melville e Maria Gansevoort. Herman Melville ricevette la prima istruzione a New York, dove il padre Allan, ricco commerciante, stimolò con i suoi racconti il suo desiderio d’avventura. La vita della famiglia trascorse agiata fino all’estate del 1830, quando il padre subì un tracollo finanziario, dichiarò bancarotta e manifestò una malattia psichica che lo portò alla morte. Dopo questo evento, che lasciò segni indelebili in Melville, la famiglia (composta di otto figli tra fratelli e sorelle) ridotta in povertà si trasferì nel villaggio di Lansingburgh, sul fiume Hudson. Qui Herman lasciò definitivamente la scuola. Dapprima lavorò nell’azienda di uno zio, poi nel negozio del fratello maggiore, infine come insegnante.

Nel giugno 1839 Melville si imbarcò per la prima volta come mozzo su una nave in partenza per Liverpool. Fu la prima di una serie di esperienze per mare, che lo videro anche imbarcato su alcune baleniere e sulla fregata americana United States (1843-44). Così, molti dei romanzi di Melville (Typee, Omoo, e Giacchetta bianca) sono di carattere autobiografico e in particolare fanno riferimento alle sue avventure marinaresche. Il suo capolavoro, Moby Dick, lo è invece solo indirettamente.

Il 4 agosto 1847 Melville sposò Elizabeth Shaw a Boston. Ebbero due figli maschi, entrambi morti prima del padre, e due femmine. Melville abitò a New York fino al 1850, anno in cui acquistò una fattoria a Pittsfield (Massachusetts) occidentale. Nel 1851 pubblicò il romanzo Moby Dick. Restò a Pittsfield tredici anni, impegnato a scrivere e a dirigere la fattoria. Dopo i successi di Typee e Omoo, le sue opere furono accolte con favore decrescente e non gli consentirono più di mantenere la famiglia. Dipese economicamente dal suocero, autorevole giudice del Massachusetts. Fra il 1856 e il 1857 compì un viaggio solitario in Inghilterra (dove visitò l’amico Hawthorne) e in altri paesi, tra cui l’Italia. Nel 1866 ottenne un impiego come ispettore doganale nel porto di New York.

Il 19 aprile 1891 portò a termine l’ultimo breve romanzo, Billy Budd, ma in seguito lo riprese in mano, lasciandolo inedito alla morte. Morì a New York il 28 settembre 1891.

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