Shelley, Frankenstein: la conclusione.

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Mary Shelley, Frankenstein: la conclusione.

Victor è morto e la creatura piange sul cadavere del suo creatore. Nel brano che segue il capitano Walton si rivolge al mostro, accusandolo, ed egli spiega perché abbia commesso tanti delitti, sentendosi rifiutato e respinto con ribrezzo da tutti. La sua è una ribellione nei confronti di un padre che, dopo avergli dato la vita, lo ha abbandonato e respinto.


«Mostro!», dissi, «hai fatto bene a venire qui a piagnucolare sulla desolazione che hai creato.

Hai gettato una torcia in un gruppo di edifici e, dopo che sono bruciati, ti siedi tra le rovine e ne piangi la distruzione. Demonio ipocrita! Se quello che tu piangi fosse ancora vivo, sarebbe ancora l’oggetto, di nuovo diventerebbe la preda della tua maledetta vendetta. Non è pietà quella che senti; ti lamenti solo perché la vittima della tua malvagità si è per sempre sottratta al tuo potere.»

«Oh, non è così — non è così», mi interruppe l’essere.

«Certo tale deve essere l’impressione che ti viene dal significato apparente delle mie azioni. Ma non cerco compassione per la mia infelicità. Non potrò mai trovare comprensione. Quando l’ho cercata, erano l’amore della virtù, i sentimenti di felicità e di affetto che traboccavano dal mio essere, che io volevo donare agli altri. Ma ora che la virtù per me è diventata un’ombra e che la felicità e l’affetto sono diventate una disperazione amara e disgustosa, perché dovrei cercare comprensione? Mi sta bene di soffrire da solo finché la mie sofferenze dureranno; quando morirò mi andrà bene che solo l’obbrobrio e l’orrore pesino sulla mia memoria.

Un tempo la mia fantasia era rallegrata da sogni di virtù, di fama e di gioia.

Un tempo sperai inutilmente di incontrare esseri che, perdonando la mia forma esterna, mi avrebbero amato per le ottime qualità che ero capace di svelare. Mi alimentavo di pensieri elevati di onore e devozione. Ma ora il crimine mi ha degradato al di sotto del più spregevole animale. Non esiste alcuna colpa, misfatto, malvagità o sofferenza che si possa paragonare alle mie. Quando scorro la serie spaventosa dei miei peccati, non posso credere di essere la stessa creatura i cui pensieri una volta erano colmi di visioni sublimi e trascendenti di bellezza e della maestosità dei bene. Ma è così; l’angelo caduto è divenuto un demone malvagio.

Ma anche il nemico di Dio[1] e degli uomini aveva amici e associati nella sua desolazione; io sono solo.

Tu, che chiami amico Frankenstein, sembri conoscere i miei crimini e le mie disgrazie. Ma nei particolari che lui ti ha dato non puoi avere un’idea delle ore e dei mesi di sofferenza che ho sopportato, logorandomi tra passioni impotenti. Perché mentre io distruggevo le sue speranze egli non soddisfaceva i miei desideri. Erano sempre ardenti e insistenti; ancora io desideravo amore e compagnia, e ancora ero rifiutato. Era giusto questo? Devo essere considerato il solo criminale quando tutta l’umanità peccava contro di me? Perché non odi Felix che gettò fuori dalla porta, ingiuriandolo, il suo amico? Perché non maledici il contadino che cercò di annientare il salvatore della sua bambina? No, quelli sono esseri virtuosi e immacolati!

Io, il miserabile, il derelitto, io sono un aborto da scacciare, da prendere a calci e da calpestare.

Anche adesso mi ribolle il sangue al pensiero di questa ingiustizia. Ma è vero che sono un mostro. Io ho ucciso i buoni e gli indifesi; ho strangolato gli innocenti mentre dormivano e ho stretto fino alla morte la gola di chi mai aveva offeso me o altri esseri viventi. Ho destinato all’infelicità il mio creatore, il più puro esempio di tutto ciò che è degno di amore e di ammirazione tra gli uomini. Eccolo che giace bianco e freddo nella morte.

Tu mi odi ma il tuo orrore non può eguagliare quello che provo per me stesso.

Guardo le mani che hanno compiuto quelle gesta, penso al cuore in cui sono state concepite, e anelo il momento in cui queste mani non mi staranno più davanti agli occhi, il momento in cui quelle visioni non perseguiteranno più i miei pensieri.

[…] «Ma presto», urlò, con un entusiasmo triste e solenne, «io morirò, e ciò che ora sento non sarà più sentito. Presto questi ardenti tormenti saranno estinti. Salirò in trionfo sulla mia pira funebre ed esulterò nell’agonia delle fiamme che mi tortureranno. La luce di quell’incendio scomparirà; le mie ceneri saranno sparse nel mare dai venti. Il mio spirito dormirà in pace, o, se pure penserà, certo non penserà in questo modo. Addio.»

Detto questo si gettò dalla finestra della cabina sulla zattera di ghiaccio che stava accanto al vascello. Presto fu portato via dalle onde, e si perse lontano, nelle tenebre.

Analisi del testo

La creatura cui Victor ha dato vita non cerca compassione ormai. Amore e compassione li cercava quando nel suo animo albergavano nobili sentimenti, quando si aspettava che gli uomini sapessero guardare oltre le sue orribili sembianze esteriori. Ma nessuno ha voluto guardare dentro la sua anima, nessuno ha avuto compassione per lui, ed egli è divenuto così un mostro crudele. Respinto persino dal suo creatore, ha voluto vendicarsi di lui e dell’intera umanità, anche se questo ha provocato al suo animo grandi sofferenze. Egli è infatti consapevole di aver ucciso degli innocenti, di aver commesso delitti imperdonabili, e accetta ormai il suo destino di reietto e di criminale, accetta di soffrire in solitudine, senza più aspettarsi comprensione da parte degli uomini. Quel padre che tanto ha odiato, perché lo aveva respinto, ora che è morto gli appare “il più puro esempio di tutto ciò che è degno di amore e di ammirazione tra gli uomini”. Non gli resta che andare incontro alla morte, nella speranza che il suo spirito possa così finalmente trovare pace.

Esercizi di analisi del testo.

  1. La creatura riconosce le proprie colpe ma cerca in qualche modo di giustificare il proprio comportamento: individua nel testo questi due aspetti e spiegali con parole tue. Quali ingiustizie sostiene di aver subito? Quali responsabilità riconosce a se stesso?
  2. Spiega il significato della frase “…l’angelo caduto è divenuto un demone malvagio. Ma anche il nemico di Dio e degli uomini aveva amici e associati nella sua desolazione; io sono solo.”
  3. Il mostro vede ormai una sola possibilità per porre fine alle proprie sofferenze: quale?

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