Dante Alighieri – La vita

Dante Alighieri – La vita

 

La formazione

Dante Alighieri nacque a Firenze nel 1265.  La sua famiglia apparteneva alla piccola nobiltà cittadina, di parte bianca. Egli condusse a Firenze vita elegante. Dopo i primi studi, seguì i corsi di istruzione superiore delle Arti del Trivio e del Quadrivio, caratterizzati dalla conoscenza della Bibbia, delle opere di S. Agostino e dei classici latini (Lucano, Virgilio, Ovidio, Orazio). Tra i suoi maestri, Brunetto Latini, che lo inizia allo studio della retorica. La base della sua cultura era ispirata dall’ambiente francescano ma egli fu anche profondamente segnato dagli studi filosofici svolti alla scuola dei Domenicani, e soprattutto dalla conoscenza approfondita dell’opera e del pensiero di S. Tommaso e di S. Agostino.

Lesse le opere dei poeti siciliani e toscani e  dei maggiori esponenti della poesia provenzale. Influenzato dall’amico Guido Cavalcanti, sperimentò una nuova maniera di fare poesia, il “dolce stil nuovo”.

Beatrice

L’evento fondamentale della sua maturazione umana e poetica è l’incontro con Beatrice, figlia di Folco Portinari, andata poi sposa a Simone de’ Bardi. Il poeta racconta di averla conosciuta all’età di nove anni. Nella Vita Nuova Dante descrive il suo amore come un sentimento che abbandona il rapporto con la realtà sentimentale terrena per divenire introspezione ed ascesa spirituale. Beatrice morì l’8 giugno del 1290, aprendo una profonda ferita nell’animo di Dante. Il poeta cadde in una profonda crisi e per trovare consolazione si dedicò agli studi filosofici.

L’impegno politico

Egli era fortemente interessato anche alle problematiche politiche della sua epoca.

Nel 1289 egli partecipò alla battaglia di Campaldino, nella quale i guelfi si scontrarono con i ghibellini: in seguito egli fu tra i quattrocento cavalieri che andarono a rafforzare la lega guelfa contro Pisa e partecipò alla presa del castello di Caprona.

A partire dal 1295 partecipò attivamente alla vita politica di Firenze. Entrato a far parte della Corporazione dei Medici e degli Speziali, nel 1300 Dante fu uno dei sei priori della città.

Con il sostegno di Carlo di Valois, i Neri presero il sopravvento ed emanarono numerosi provvedimenti repressivi nei confronti della parte bianca. Dante non si trovava in città, infatti nel 1301 era stato inviato come ambasciatore a Roma presso papa Bonifacio VIII.

Il 27 gennaio 1302 fu condannato con la falsa accusa di baratteria (interesse privato in atti pubblici) a due anni di confino, ad una multa di 500 fiorini e alla esclusione perpetua dagli uffici pubblici. Dante non rispose all’invito del podestà a difendersi dalle accuse, così il 10 marzo 1302 il poeta fu definitivamente condannato ad essere arso sul rogo se fosse tornato a Firenze.

L’esilio

Dante prese così la via dell’esilio. Presto si distaccò da tutti gli altri esuli fiorentini e rifiutò ogni successiva proposta di umiliante rientro in città. Nel 1310 Enrico (Arrigo) VII discese in Italia e Dante sperò che, grazie a lui, il conflitto fra Chiesa ed Impero si potesse sanare ma l’imperatore morì poco dopo, nel 1313.

Gli anni dell’esilio trascorsero di corte in corte, sotto la protezione dei nobili signori italiani. Dante ricoprì incarichi vari ed si occupò principalmente della composizione della Divina Commedia. Visse a Forlì, a Verona presso Cangrande della Scala, poi ad Arezzo, Treviso, Sarzana, Lucca e Poppi nel Casentino. In seguito tornò a Verona e infine si trasferì a Ravenna, presso la corte di Guido Novello da Polenta, dove morì nel 1321.

Principali opere di Dante: Vita Nuova; Convivio; De Monarchia; Commedia.

Il contesto storico.

Papato, Impero e Comuni

Negli anni della vita di Dante (1265-1321) la contrapposizione fra Papato ed Impero giunge ad una svolta. In Europa nascono i primi stati nazionali e nei comuni italiani tende ad affermarsi un assetto politico di tipo oligarchico, che vede al governo le ricche famiglie borghesi. Papa Clemente IV, per bloccare le pretese di Manfredi, figlio naturale di Federico II, sul regno di Sicilia, chiamò in Italia Carlo I d’Angiò e nel 1263 lo incoronò re di Napoli.

Durante la battaglia di Benevento del 1266, nello scontro con le truppe dello stato della Chiesa e di Carlo I d’Angiò, Manfredi morì. Due anni dopo a Tagliacozzo le forze francesi ebbero ragione dell’esercito tedesco di Corrado V di Svevia. In seguito della sconfitta Corradino, catturato e consegnato a Carlo I d’Angiò, venne decapitato sulla piazza del mercato a Napoli a soli 16 anni.

Guelfi Bianchi e guelfi Neri

Fallì così il progetto di riportare il Sacro Romano Impero alla sua estensione originaria, restituendogli la dignità di superiore potere temporale da affiancare al potere spirituale della Chiesa. Ormai l’Impero aveva ridotto il suo potere alla sola area germanica. Di conseguenza, non si poté più parlare di Guelfi e Ghibellini, ma il conflitto tra sostenitori della Chiesa e sostenitori dell’Impero si ripropose all’interno del partito guelfo. Firenze al tempo di Dante era lacerata dalla violenta contrapposizione dei guelfi Bianchi, capeggiati dalla famiglia dei Cerchi, e dei guelfi Neri, guidati dai Donati.

Nel 1300 i Bianchi controllavano Firenze e, quando i Neri tentarono una sommossa, reagirono in modo violento. Dante (di parte bianca), eletto alla carica pubblica del Priorato, suggerì un provvedimento di espulsione degli esponenti più faziosi dell’una come dell’altra fazione.

Papa Bonifacio VIII, che sosteneva il tentativo dei Neri di prendere il controllo della città, fece entrare a Firenze il principe francese Carlo di Valois, con un apparente intento pacificatore, che fece prevalere i Neri: essi emanarono una serie di provvedimenti volti a consolidare la propria fazione, fra cui le condanne all’esilio degli esponenti più in vista della parte bianca.

 

 

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