Dal salotto alla strada: l’hard-boiled school.

ChandlerDal salotto alla strada: l’hard-boiled school.

Dal salotto alla strada.

Prima Guerra Mondiale – Stati Uniti: proibizionismo e crisi del 1929: l’evoluzione del romanzo poliziesco riflette la storia del crimine: criminalità organizzata, mafia, corruzione segnano la fine del romanzo poliziesco da salotto, in particolare a partire dagli anni  ‘40.

Nei gialli classici vi erano, per i delitti, moventi “accettabili” come l’avidità, la vendetta; con il nuovo romanzo si è invece alle prese con la brutalità, con la corruzione, con il cambiamento dei valori borghesi.

Anche il linguaggio cambia: non più sofisticato e ricercato, costruito su battute da buona società, ma più diretto e gergale. La modifica del linguaggio è contestuale alla modifica della struttura del poliziesco: il giallo non è più fatto di una meticolosa e paziente ricostruzione della caccia al colpevole, ma solo di una serie di sequenze, come se si trattasse di un film.

“Black Mask” e l’hard-boiled school

Negli anni venti in America, sulle pagine della rivista “Black Mask”, alcuni scrittori cercarono di rinnovare la narrativa poliziesca. Nacque così la cosiddetta “Scuola dei Duri” o hard-boiled school.

Dashiell Hammett (1894-1961) è il padre di questo nuovo genere letterario la cui evoluzione viene definita con il termine di “noir”. Egli rompe gli schemi del cosiddetto giallo-enigma, con l’intento di raffigurare la società in modo realistico.

Hammett restituì il delitto alla gente che lo commette per ragioni vere e solide e non semplicemente per provvedere un cadavere ai lettori. […] Hammett mise sulla carta i suoi personaggi come erano e li fece parlare e pensare nella lingua che si usa, di solito, per questi scopi.” (Raymond Chandler)

E ancora:

Hammet ha tirato fuori il delitto dal vaso di cristallo e l’ha buttato in mezzo alla strada…  ha scritto pensando a gente che prendeva la vita di petto, aggressivamente. […] narra di un mondo in cui i gangster possono dominare le nazioni e poco manca che non governino le città… Non è un mondo molto profumato, ma è il mondo in cui dobbiamo vivere.” (Raymond Chandler)

L’indagine poliziesca non poteva più basarsi sulla cieca fiducia nella razionalità e nella scienza, in un mondo segnato ormai da grandi tragedie storiche e da aspri conflitti sociali. Il procedimento dell’indagine basata sulla logica non bastava più. La violenza, profondamente radicata nella cultura americana, diventa parte integrante delle vicende narrate e il delitto viene presentato come inevitabilmente connesso alla società. La sua soluzione diventa un fatto secondario e l’indagine (la detection) non è più l’elemento fondamentale, a vantaggio invece di una particolare attenzione posta al contesto nel quale il crimine si sviluppa. Elemento comune fondamentale è la figura della città, la “dark city” piovosa e corrotta, fredda e notturna.

Particolare importanza assume la descrizione delle caratteristiche psicologiche dei personaggi, in particolare del protagonista, un detective solitario e disilluso, cinico e individualista, tagliente e sadico, romantico ma non sentimentale, sempre “al verde”, insofferente alle regole ma con grande senso etico. Il detective è “un uomo completo, un uomo comune… un uomo d’onore… non è un eunuco e non è un satiro… E’ relativamente al verde… Ha un vero fiuto psicologico… Non accetta soldi sporchi… E’ un solitario e il suo orgoglio consiste nel farsi rispettare”. (Raymond Chandler)

Raymond Chandler: Philip Marlowe

Secondo questa linea di tendenza, Raymond Chandler (1888-1959) creò la figura  dell’investigatore privato Philip Marlowe. Chandler gli fa dichiarare ne “Il grande sonno” (1939): “Io non sono Sherlock Holmes o Philo Vance. Non vado nei posti dove è già stata la polizia a raccattare la punta d’un pennino rotto per risolvere il problema, col suo aiuto.

La straordinaria popolarità di Marlowe fu dovuta anche al successo della versione cinematografica nell’interpretazione di Humphrey Bogart.

Nato verso la fine del 1906 a Santa Rosa, Philip Marlowe ha frequentato per due anni un’università dell’Oregon e ha una discreta cultura, tanto da poter citare autori come Eliot e Flaubert. Viene descritto come un uomo ben piantato, alto poco più di un metro e ottanta, che fuma e beve molto. Abita a Los Angeles e ha un ufficio sull’Hollywood Boulevard, senza segretaria né segreteria telefonica. Per rilassarsi gioca a scacchi da solo. Guadagna 25 dollari al giorno, più le spese; ma se il caso lo interessa particolarmente o lo commuove, può scendere eccezionalmente a 10 o addirittura lavorare gratis. Anche se non nuota nell’oro, non accetterebbe mai un incarico disonesto ed è sempre leale nei confronti dei propri clienti, tanto che preferisce farsi arrestare piuttosto che tradirli.

Chandler: Il grande sonno

Erano pressappoco le undici del mattino, mezzo ottobre, sole velato, e una minaccia di pioggia torrenziale sospesa nella limpidezza eccessiva là sulle colline. Portavo un completo blu polvere, con camicia blu scuro, cravatta e fazzolettino assortiti, scarpe nere e calzini di lana neri con un disegno a orologini blu scuro. Ero corretto, lindo, ben sbarbato e sobrio, e me ne sbattevo che lo si vedesse. Dalla testa ai piedi ero il figurino del privato elegante. Avevo appuntamento con quattro milioni di dollari.

Chandler: Addio, mio amata

Mi trovavo nei pressi di uno di quei casamenti della Central Avenue non ancora completamente invasi dai negri. Ero appena uscito da un negozietto di barbiere dove, secondo un’agenzia, avrebbe dovuto trovarsi un certo Dimitrios Aleidis, lavorante barbiere. La moglie di Dimitrios Aleidis aveva dichiarato d’essere disposta a spendere qualche soldo perché lui tornasse a casa.
Non lo trovai mai. Del resto dalla signora Aleidis non ebbi mai un quattrino.

Chandler: Il lungo addio

Quando lo vidi per la prima volta, Terry Lennox era ubriaco in una Rolls Royce fuori serie, di fronte alla terrazza del “Dancers”. [… ] Aveva un volto giovanile, ma i capelli di un bianco calcinato. Bastava guardarlo negli occhi per capire ch’era saturo d’alcool fino alla radice dei capelli, ma per il resto aveva l’aria di un qualsiasi simpatico giovanotto in abito da sera che si fosse lasciato vuotare il portafogli in un locale esistente solo a tale scopo.
Gli sedeva accanto una giovane donna. Una donna dalla chioma d’una bella sfumatura tizianesca, dal sorriso remoto sulle labbra; le fasciava le spalle un mantello di visone azzurro che quasi faceva sembrare la Rolls Royce un’automobile come tutte le altre. Quasi, ma non del tutto. Nulla può riuscirvi.

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