Dante – Correttore verifica

Blake_Dante_Hell_V

Dante 1 correttore – Word

Correttore verifica

 

Dante – contesto storico: completa il seguente testo:                              

La Firenze del tempo di Dante era dilaniata dalla contrapposizione violenta di due fazioni: Guelfi Bianchi e i Guelfi Neri.  Il Papa Bonifacio VIII, che sosteneva i Neri, inviò a Firenze Carlo di Valois, formalmente per riportare la pace, in realtà per conquistarla/far prevalere i Neri. Nel frattempo Dante era stato inviato a Roma come ambasciatore. Il poeta, accusato di baratteria/corruzione, rifiutò di presentarsi ai giudici, perciò fu condannato a morte in contumacia e fu costretto a vivere in esilio presso varie corti. Morì a Ravenna, presso la corte dei Da Polenta nel 1321.

Relativamente alla Divina commedia, sviluppa i seguenti punti:                       

  • Genere letterario e significato del termine “Commedia”.

La Divina Commedia è un poema didascalico-allegorico, vuole cioè insegnare grandi verità filosofico religiose. Il termine comedia indica il finale non tragico dell’opera e lo stile comico, intermedio tra quello alto e quello basso. La cultura di Dante è quella del Medioevo: il pensiero di Aristotele e la teologia cristiana.

  • Ruolo che Dante attribuisce a se stesso e motivo per cui scrive l’opera.

La Divina commedia è il racconto di un viaggio nei tre regni dell’oltretomba che Dante immagina di aver intrapreso l’8 aprile del 1300 per volontà divina, dopo essersi smarrito nella selva del peccato. Il viaggio ha come fine la rigenerazione morale di Dante stesso e dell’intera umanità da lui rappresentata. Obiettivo di Dante è quello di porsi come figura di poeta-profeta, simbolo dell’intera umanità in cammino, alla ricerca della redenzione. Egli è, nel contempo, Auctor (= Dante poeta, che scrive la Commedia) e Agens (=Dante personaggio, pellegrino, che vive in prima persona il viaggio oltremondano).

  • Parti in cui si suddivide l’opera (canti, cantiche, versi, strofe, rima)            

Esso è diviso in tre Cantiche (Inferno, Purgatorio e Paradiso) composte di 33 canti, più un canto introduttivo che precede l’ingresso nell’Inferno, per complessivi 100 canti. I versi della Divina Commedia sono endecasillabi (11 sillabe) raggruppati in terzine, collegate l’una all’altra da rime incatenate (aba-bcb-cdc-ded).

  • Ruolo simbolico dei numeri.

Il viaggio è pieno di simboli che rinviano a una realtà trascendente, ultramondana; il mondo sensibile è la maschera dietro cui si cela una realtà più profonda. Il numero 3 assume nell’opera un importante valore simbolico (la Santissima Trinità): 3 sono i versi di ogni terzina, tre le cantiche, 33 i canti di ciascuna, 9 i cerchi dell’Inferno, le partizioni del Purgatorio, i cieli del Paradiso; Il numero 100, multiplo di 10, numero perfetto.

Spiega come ha avuto origine l’Inferno, secondo Dante, quali sono le tipologie di peccato e come sono distribuiti i peccatori                                                                                     

Quando Dio ha scagliato giù dai cieli Lucifero, l’angelo ribelle, la terra, per non venire a contatto con lui, si è ritratta e si è formata una profonda voragine, l’Inferno, mentre nell’emisfero opposto è sorta dalle acque l’altissima montagna del Purgatorio. Solo l’emisfero settentrionale, le cui terre hanno come confine il fiume Gange ad Oriente e le colonne d’Ercole ad Occidente, con al centro Gerusalemme, è abitato, mentre  quello meridionale è occupato dall’oceano e dalla montagna del Purgatorio. Tre sono le categorie di peccatori che Dante incontra: incontinenti (che non riuscirono a frenare le pulsioni peccaminose), violenti, e fraudolenti (da frode=inganno). Nel nono cerchio sono puniti i traditori, che peccarono di frode nel modo più grave (contro i parenti o gli amici o la patria). La frode è un peccato proprio dell’uomo perché trova il suo fondamento nella ragione, di cui solo l’uomo è dotato, e per questo più spiace a Dio. Conficcato al centro dell’Inferno sta Lucifero.

Qual è la legge che regola il rapporto tra il peccato e la pena nell’inferno? Spiegala e fai qualche esempio.                                                                                                                         

Secondo la “legge” del contrappasso (o contrapasso da contra patior = subisco in senso contrario), la cui origine è nella biblica legge del taglione, la pena è in rapporto con il peccato per somiglianza o per contrasto. Ad esempio: gli ignavi, che in vita non hanno mai seguito un ideale, che non si sono mai schierati, né per il bene né per il male, sono costretti perennemente ad inseguire una bandiera senza significato (contrappasso per contrasto); i lussuriosi, che in vita si sono lasciati travolgere dalla passione, nell’aldilà sono travolti da una bufera perenne (contrappasso per somiglianza).

Canto I: La selva oscura 

Riassumi in 10 righe la vicenda descritta nel Canto I dell’Inferno.                                                      

A metà della sua vita terrena il poeta si accorge di essersi smarrito in un’intricata ed oscura selva, il cui ricordo gli incute ancora paura. Non sa dire come e quando vi sia entrato. Giunto al limite della selva, Dante scorge un colle illuminato dal sole e, come un naufrago che ha raggiunta la terra ferma, si volge a guardare la selva, prima di intraprendere la salita, ma tre belve (una lonza, un leone ed una lupa) gli si presentano davanti per impedirgli di proseguire il cammino. Disperato sta per arretrare verso la selva quando vede lo spirito di Virgilio che gli indica la necessità del viaggio ultraterreno, in cui lui sarà la sua guida.

Indica quale significato allegorico assumono nel Canto I: la lupa, il leone, la lonza, il colle, il sole, la selva oscura, Virgilio.                                                                                                         

Il buio della selva raffigura allegoricamente il peccato e la perdita della ragione che impedisce di scegliere il bene, cioè Dio. Gli occhi sollevati verso il colle illuminato dal sole, sono la richiesta di aiuto alla grazia divina. La luce del sole lo fa sperare. Sul piano allegorico, il sole è simbolo della grazia divina. La lonza seducente, flessuosa e agile rappresenta la lussuria. Il leone, spaventoso, famelico, arrogante rappresenta la superbia. La lupa, infine, la più terribile, magrissima e vorace rappresenta l’avarizia, intesa come cupidigia, avidità. Dante considera Virgilio, grande poeta latino, suo sommo maestro e “autore”. Virgilio rappresenta la Ragione, che aiuterà Dante a comprendere il significato del peccato e della redenzione, guidandolo attraverso l’Inferno, luogo d’eterna dannazione, e il Purgatorio, luogo di purificazione.

Nei versi 22-27 Dante descrive il proprio stato d’animo con una similitudine. Spiegala.              

E come quei che con lena affannata

uscito fuor del pelago a la riva

si volge a l’acqua perigliosa e guata,                  24

così l’animo mio, ch’ancor fuggiva,

si volse a retro a rimirar lo passo

che non lasciò già mai persona viva.                  27

 

Parafrasi: “E come colui che con respiro affannato, uscito fuori dal mare, giunto a riva, si volge verso l’acqua pericolosa e la guarda con terrore, così l’animo mio, che ancora fuggiva, si volse indietro ad osservare quel passaggio che mai lasciò uscire persona viva.” Dante si paragona a un naufrago che si volge a guardare le acque del mare da cui è riuscito a uscire a stento; analogamente, il suo animo si volge a guardare la terribile selva da cui mai nessun uomo è uscito vivo.

Canto III. Gli ignavi e Caronte.  

Che cosa c’è scritto di tanto inquietante spaventevole sulla porta dell’Inferno?                              

La porta dell’Inferno si mostra ai due poeti con la sua minacciosa iscrizione che dichiara l’immutabilità della pena e preannuncia l’eterno e disperato dolore e la mancanza di ogni speranza per le anime condannate dalla giustizia divina: “lasciate ogne speranza, voi ch’intrate”. Dante è colto da nuovi timori ma Virgilio lo prende per mano e con parole rassicuranti lo introduce nel mondo dei morti.

Qual è la pena degli ignavi e perché? Qual è l’atteggiamento di Dante nei loro confronti?           

Nell’Antinferno si sentono risuonare nell’aria tenebrosa sospiri, pianti e grida disperate, cosicché Dante prova un profondo turbamento. Sono lì punite le anime dei vili o ignavi, “che visser sanza ‘nfamia e sanza lodo”, che non presero mai posizione, sgraditi a Dio ma anche Lucifero, (“a Dio spiacenti ed a’ nemici sui”), rifiutati dal Paradiso ma degni di tale disprezzo da non essere accolti neppure all’Inferno. Una schiera interminabile di anime nude (tra le quali “colui che fece per viltade il gran rifiuto”) corre dietro a un’”insegna” in perpetuo movimento, pungolata da mosconi e vespe, mentre vermi ripugnanti succhiano ai loro piedi il sangue mischiato alle lacrime. Sono costretti a correre dietro una bandiera perché in vita non ne seguirono alcuna, e la loro vita inutile alimenta bestie inutili. Gli ignavi, che non hanno avuto il coraggio di scegliere, non meritano di essere ricordati: “Non ragioniam di lor, ma guarda e passa”, afferma con sdegno Virgilio. Dante ha un atteggiamento di profondo disprezzo.

Descrivi le caratteristiche e il ruolo di Caronte, primo “mostro” infernale.                                           

Il primo mostro infernale è raffigurato con poche ma efficaci pennellate: un vecchio coi capelli e la barba bianchi, che  assume in crescendo tratti demoniaci che terrorizzano le anime dei dannati. Egli ricorda loro, con le sue grida e i suoi gesti minacciosi, l’eternità del dolore e delle tremende pene che li attendono. Il terribile nocchiero dagli occhi infuocati le raccoglie con un cenno sulla barca e quelle, pronte, obbediscono ammucchiandosi come le foglie che cadono d’autunno e come gli uccelli obbedienti al richiamo. Poi si allontanano sull’acqua torbida mentre altri dannati, quando ancora la barca non è giunta sull’altra sponda, si accalcano sulla riva dell’Acheronte.

Nei versi 112-117 i dannati sono oggetto di due similitudini collegate. A che cosa sono paragonati?                                                                                                                                                             

Come d’autunno si levan le foglie

l’una appresso de l’altra, fin che ‘l ramo

vede a la terra tutte le sue spoglie,                114

similemente il mal seme d’Adamo

gittansi di quel lito ad una ad una,

per cenni come augel per suo richiamo.       117

I dannati che si gettano dalla riva dell’Acheronte sull’imbarcazione di Caronte sono paragonati da Dante a foglie che d’autunno cadono dagli alberi e a uccelli che accorrono al richiamo del cacciatore. Parafrasi: “Come d’autunno cadono le foglie l’una dopo l’altra, fin quando il ramo vede in terra tutte le sue foglie, allo stesso modo quei malvagi discendenti di Adamo si buttano con forza da quella riva (verso la barca) ad una ad una, ai cenni di Caronte, come uccelli che obbediscono al richiamo.”

Canto V: Paolo e Francesca  

Indica quali peccatori incontra Dante nel II Cerchio (Canto V) dell’Inferno e che cosa caratterizza la loro pena. Quale similitudine impiega Dante per indicare Paolo e Francesca che si avvicinano a lui?                                                                                                                                                           

Nel secondo cerchio, travolti da una violenta bufera, si trovano i lussuriosi, che non seppero resistere con la ragione alla passione amorosa (i peccator carnali,/che la ragion sottomettono al talento). Virgilio indica a Dante alcuni personaggi della storia antica e del mito: Semiramide, Didone, Cleopatra, Elena, Achille, Paride e molti altri. Dante è commosso e “quasi smarrito”. Egli è attratto da due anime che, diversamente dalle altre, volano insieme, innamorate e fedeli come colombe.

Individua le caratteristiche del personaggio di Francesca e raccontane brevemente la storia.            

Francesca da Polenta, figlia di Guido il Vecchio, signore di Ravenna (che è fondata, “su la marina dove il Po discende”, la riviera Adriatica) e Paolo Malatesta, innamoratisi l’uno dell’altra, furono barbaramente uccisi da Gianciotto Malatesta, marito di Francesca e fratello di Paolo. Il loro destino appare inesorabilmente intrecciato anche nell’aldilà. Francesca racconta la sua storia: complice era stato il romanzo cortese di Lancillotto che un giorno i due leggevano insieme. In alcuni punti della lettura videro un’allusione al loro innamoramento e i loro occhi s’incontrarono, poi si sfuggirono e il loro volto impallidì. Quando giunsero al punto in cui Lancillotto bacia Ginevra, Paolo, tutto tremante, baciò Francesca sulle labbra. Da quel giorno interruppero la lettura del libro galeotto e si abbandonarono alla passione. Mentre Francesca racconta, Paolo piange.

Indica con una crocetta la frase che interpreta correttamente i versi citati.              

Spiega brevemente la concezione dell’amor cortese e stilnovista, espressa nei versi sotto citati, e indica qual è la posizione di Dante in merito. Perché dopo l’incontro con Paolo e Francesca Dante sviene?

Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende

a)     L’amore, si impara velocemente con il cuore

b)     L’amore, che improvviso “prende” i cuori nobili

c)     L’amore, che rapisce il cuore gentilmente, si apprende

d)     L’amore, rapito al cuore gentile, “prende” in fretta

prese costui de la bella persona che mi fu tolta

a)     L’amore agisce mosso dalla bellezza

b)     L’amore non è condizionato dalla bellezza

c)     L’amore mi ha rapito la bellezza

d)     Costui mi fu rapito da una bella persona

Amor ch’a nullo amato amar perdona

a)     Amore, che non perdona nulla a nessun essere amato.

b)     Amore, che nessuno ama perdonare a chi è amato.

c)     Amore, che permette agli amanti di non ricambiare chi li ama.

d)     Amore, che non permette a nessun essere amato di non ricambiare chi l’ama

Francesca attribuisce la responsabilità dell’accaduto alla forza inarrestabile dell’amore, che avvince inesorabilmente il “cor gentil”. Si fa così portavoce di idee riprese dalla poesia cortese e stilnovistica. Parola chiave del canto è amore, connesso indissolubilmente al cuore gentile, che spiega il sorgere dell’amore tra lei e Paolo. L’amore agisce mosso dalla bellezza (prese costui de la bella persona…) ed è irresistibile, presupponendo inevitabilmente la reciprocità (…ch’a nullo amato amar perdona). La letteratura cortese e stilnovista, cui Dante stesso era stato legato, considerano l’amore come un nobile, alto sentimento, che vede la donna come un essere idealizzato (“angelicato”) un riflesso in terra della perfezione divina e un mezzo per ascendere a Dio. Ma l’amore può tramutarsi in peccato e portare alla dannazione (Amor condusse noi ad una morte), come è accaduto ai due amanti, traviati dalla lettura “galeotta”. Dante è profondamente turbato e sviene.

Contestualizza e spiega parafrasandoli i seguenti versi:    

Dante vuole comprendere in quale momento l’amore, sentimento in sé positivo, li abbia indotti al peccato, quando la lussuria li abbia spinti ad abbandonarsi alla passione. Francesca racconta la sua storia, benché le costi dolore rievocare quei momenti felici (“Nessun maggior dolore/che ricordarsi del tempo felice/ne la miseria;”):

E quella a me: “Nessun maggior dolore

che ricordarsi del tempo felice

ne la miseria; e ciò sa ‘l tuo dottore.                   123

Ma s’a conoscer la prima radice

del nostro amor tu hai cotanto affetto,

dirò come colui che piange e dice.                     126

Noi leggiavamo un giorno per diletto

di Lancialotto come amor lo strinse;

soli eravamo e sanza alcun sospetto.                 129

Per più fiate li occhi ci sospinse

quella lettura, e scolorocci il viso;

ma solo un punto fu quel che ci vinse.               132

Quando leggemmo il disiato riso

esser basciato da cotanto amante,

questi, che mai da me non fia diviso,                 135

la bocca mi basciò tutto tremante.

Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse:

quel giorno più non vi leggemmo avante”.

Ed ella a me: “Non c’è dolore più grande che ricordarsi dei momenti felici quando si soffre; e la tua guida lo sa bene. Ma se hai tanto desiderio di sapere l’origine  del nostro amore, te lo dirò, come chi parli piangendo. Noi leggevamo un giorno per piacere  la storia di Lancillotto e di come amore lo avvinse; eravamo soli, senza alcun timore. Quella lettura fece più volte incontrare i nostri occhi e ci fece impallidire; ma solo un punto fu quello che ci vinse. Quando leggemmo di come la bocca sorridente (di Ginevra) venne baciata da un tale amante (Lancillotto),  costui, che da me non sarà mai separato, mi baciò la bocca tutto tremante. Galeotto (Galehaut fa da intermediario tra Lancillotto e Ginevra) fu il libro e chi lo scrisse (svolse cioè la funzione di mezzano): quel giorno non proseguimmo nella lettura”.

 

5,0 / 5
Grazie per aver votato!

Print Friendly, PDF & Email

Copyright © 2012 giorgiobaruzzi. All Rights Reserved.