Boccaccio, Nastagio degli Onesti

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Boccaccio, Nastagio degli Onesti

L’amore del giovane nobile Nastagio degli Onesti è ossessivo. Il suo cuore e la sua mente non sanno pensare ad altro, come spesso capita anche ai giovani innamorati di oggi. E se la vostra amata vi respinge non disperate: fatele leggere questa novella e magari cambierà idea.

[Versione parafrasata]

Nastagio degli Onesti amava una giovane della famiglia Traversari e spende tutte le sue ricchezze per lei senza essere corrisposto. Su invito della sua famiglia si trasferisce a Classe e qui vede un giovane cavaliere inseguire una giovane donna, ucciderla e farla divorare da due cani. Invita i propri parenti e quelli della donna amata a pranzo e mostra loro la scena crudele. Temendo che possa capitarle la stessa sorte la giovane accetta di sposare Nastagio. […]

Un amore respinto

A Ravenna, antichissima città della Romagna, vissero uomini assai nobili e ricchi, tra i quali un giovane, chiamato Nastagio degli Onesti, che aveva ereditato un’immensa ricchezza, in seguito alla morte del padre e di uno zio. Egli, che era scapolo, s’innamorò della figliola di messer Paolo Traversaro, una giovane molto più nobile di lui e cercò di conquistarla con grandi cortesie.

Tuttavia, benché fossero grandissime, belle e degne di lode, non solo non servirono a nulla ma anzi sembravano produrre l’effetto opposto. Infatti la giovane amata era nei suoi confronti crudele, scontrosa e scortese, forse a causa della sua bellezza o della sua nobiltà, ed era divenuta così superba e sprezzante che non apprezzava né lui né qualsiasi cosa lui facesse.

Nastagio ne soffriva a tal punto che più volte, per il dolore, fu sul punto di uccidersi.

Poi, pur trattenendosene, si convinse che gli conveniva lasciar perdere e mettersi il cuore in pace, magari ricambiandola dell’odio che lei mostrava per lui. Invano però, perché più sembrava svanita ogni speranza più lui l’amava.

Il giovane continuava quindi ad amarla e a sperperare il proprio denaro per lei, tanto che ai suoi amici e parenti sembrò che stesse per esaurire se stesso e tutti i suoi beni. Così lo scongiurarono e gli consigliarono di trasferirsi da Ravenna in un altro posto per qualche tempo, in modo che, così facendo, potesse far diminuire l’amore e anche le spese.

Nastagio a Classe

Nastagio più volte si prese gioco di questo consiglio, ma siccome questi tanto insistevano, disse che l’avrebbe fatto. Predisposti grandi preparativi per la partenza, come se si stesse recando in Francia o in Spagna o comunque in un luogo lontano, montato a cavallo si allontanò da Ravenna accompagnato da molti suoi amici e raggiunse la località di Classe, a circa tre miglia da Ravenna.

Qui si fece portare tende grandi e piccole e disse a coloro che l’avevano accompagnato che voleva fermarsi lì, invitandoli a rientrare in città. Lì dove si era accampato Nastagio cominciò a condurre una vita bella e ancor più dispendiosa di prima, invitando a cena ora questi ora quelli, come al solito.

Nella pineta

Era quasi maggio e la stagione era bellissima. Un venerdì si mise a pensare alla sua innamorata crudele, e disse ai suoi famigliari che voleva restare solo, per poter rimuginare in pace, così s’incamminò lentamente verso la pineta, immerso nei suoi pensieri. Erano circa le undici del mattino quando si era inoltrato per oltre mezzo miglio dentro la pineta, dimenticandosi di mangiare e di ogni altra cosa.

All’improvviso gli sembrò di sentire una donna che piangeva disperatamente, con fortissimi lamenti. Interrotti i suoi pensieri, alzò il capo per vedere che cosa stesse capitando e si accorse con stupore di trovarsi dentro la pineta. Inoltre, vide una bellissima giovane completamente nuda, che correva attraverso un boschetto intricato di arbusti e rami spinosi, verso il luogo in cui lui si trovava.

Era scarmigliata e tutta graffiata dai rami e dai rovi, piangeva e implorava a gran voce pietà. Inoltre vide ai suoi fianchi due enormi mastini, che la rincorrevano rabbiosamente e che quando la raggiungevano la mordevano. Dietro di lei vide giungere un cavallo nero, montato da un cavaliere nero, furioso in volto, che con una spada in mano la minacciava di morte, con orrende e crudeli parole.

Nastagio non t’impicciare

Questa visione lo meravigliò e terrorizzò al tempo stesso, poi lo mosse a compassione per la sventurata, perciò volle tentare di liberarla da una situazione tanto angosciosa e mortale. Poiché era disarmato, afferrò il ramo di un albero servendosene come di un bastone, e avanzò contro i cani e contro il cavaliere. Ma il cavaliere, quando lo vide, gli gridò da lontano:

– Nastagio non t’impicciare, lascia fare ai cani e a me quello che questa femmina malvagia ha meritato

Mentre pronunciava queste parole i cani addentarono la giovane per i fianchi e il cavaliere sopraggiunto smontò da cavallo.

Nastagio avvicinatosi disse:

– Io non so chi tu sia, per conoscermi, ma solo ti dico che è una gran villania che un cavaliere armato voglia uccidere una donna nuda, come anche farla inseguire dai cani come se fosse una belva selvaggia. Certamente la difenderò, per quel che mi sarà possibile.

Messer Guido degli Anastagi

– Nastagio, sono anch’io di Ravenna come te, ed eri ancora piccolo quando io, messer Guido degli Anastagi, ero ancor innamorato di lei più di quanto tu lo sia della tua donna. A causa della sua alterigia e crudeltà la mia disgrazia giunse a tal punto che io un giorno, con questa spada che mi vedi in mano, disperato mi uccisi, e per questo sono condannato alle pene dell’inferno.

Non passò poi molto tempo che costei, che aveva gioito oltre misura per la mia morte, morì. Per il peccato della sua crudeltà e per la gioia che le era derivata dai miei tormenti, di cui mai si è pentita, perché non si sentiva affatto in colpa per questo, è anche lei condannata alle pene dell’inferno.

Quando vi giunse, fu inflitta a me e a lei questa pena: a lei di fuggirmi davanti, e a me che tanto l’amai di inseguirla come odiata nemica, non come la donna da me amata. Ogni volta che la raggiungo, con questa spada con cui mi uccisi la strazio, le squarcio la schiena le strappo quel cuore duro e freddo in cui amore e pietà non poterono entrare e con tutte le interiora lo do da mangiare a questi cani.

Poco dopo, come vuole la giustizia di Dio, lei risorge come se non fosse morta, e di nuovo comincia la dolorosa fuga, con me e i cani ad inseguirla. Questo accade ogni venerdì a quest’ora. In questo punto la raggiungo e qui ne faccio lo strazio che tu vedrai. Non credere che gli altri giorni ci riposiamo: la raggiungo in altri luoghi nei quali lei ha pensato e agito contro di me.

Essendo da amante divenuto suo nemico, come vedi, dovrò inseguirla in questo modo per tanti anni quanti furono i mesi durante i quali lei fu con me così crudele. Dunque lasciami dare esecuzione alla giustizia divina e non cercare di opporti a quello che non puoi impedire.

Udite queste parole, Nastagio s’impaurì  e gli s’arricciarono tutti i peli che aveva addosso. Si tirò in disparte e, guardando la misera giovane, aspettò di vedere quel che il cavaliere ne avrebbe fatto.

Il cavaliere, come un cane rabbioso, con la spada in mano si avventò sulla giovane che, inginocchiata e tenuta stretta dai due mastini, chiedeva pietà. Con tutta la sua forza la colpì in mezzo al petto e la trapassò da parte a parte. La giovane cadde bocconi, sempre piangendo e gridando. Il cavaliere , preso un coltello, le squarciò la schiena, le strappò il cuore e tutto quanto aveva dentro. Gettò ogni cosa ai mastini, che avidamente mangiarono.

Dopo poco la giovane, come se non le fosse stato torto un capello, si alzò in piedi e cominciò a fuggire in direzione del mare. I cani di nuovo la rincorsero lacerandola e il cavaliere, risalito a cavallo e afferrata di nuovo la spada, si gettò all’inseguimento. In un attimo scomparvero dalla vista di Nastagio.

Un pranzo in pineta…

Egli, che aveva visto queste cose, rimase per lungo tempo tra pietoso e impaurito. Dopo un po’ gli venne in mente che questa visione poteva tornargli molto utile, visto che si ripeteva ogni venerdì. Così, quando gli sembrò opportuno, mandati a chiamare i suoi parenti e amici disse loro:

– Voi mi avete per lungo tempo invitato a smettere di amare inutilmente questa donna, che mi è ostile e di mettere fine al mio sperpero di denaro per lei. Sto per farlo, a condizione che voi mi otteniate un favore: che venerdì prossimo facciate in modo che messer Paolo Traversaro, sua moglie, sua figlia, tutte le loro donne e tutte le altre che vorrete invitare vengano qui a mangiare con me. Perché lo desideri lo scoprirete solo allora. Sembrò in fondo un favore da poco, perciò promisero di esaudire il suo desiderio.

Tornarono a Ravenna e invitarono tutti quelli che Nastagio aveva richiesto, compresa la giovane amata da Nastagio, benché non fosse facile convincerla. Nastagio fece preparare un pranzo sontuoso, facendo mettere le tavole sotto i pini, attorno al luogo in cui aveva assistito allo strazio della crudele donna. Fatti accomodare uomini e donne a tavola, ordinò che la ragazza fosse messa a sedere proprio davanti al luogo in cui si sarebbe ripetuta la scena cruenta.

Un grande spavento

Era stata servita l’ultima vivanda, quando i commensali cominciarono a udire le grida disperate della giovane che veniva rincorsa. Tutti si meravigliarono e chiesero che cosa stesse accadendo. Siccome nessuno dava spiegazioni, si alzarono tutti in piedi per guardare che cosa stesse succedendo. Videro la poveretta, il cavaliere e i cani, che dopo poco arrivarono lì vicino.

Tutti inveirono contro i cani e contro il cavaliere, e molti si fecero avanti per aiutare la giovane. Ma quando il cavaliere disse loro quel che aveva detto a Nastagio, non solo si misero da parte ma si spaventarono e restarono stupefatti. Poi fece quel che aveva fatto la volta precedente, e tutte le donne presenti, tra cui molte che erano parenti della giovane o del cavaliere, che si ricordavano dell’amore e della morte di lui, tutte piansero con tale angoscia che sembrava fossero loro al posto della ragazza.

Alla fine, quando la donna e il cavaliere scomparvero, tutti si misero a discutere su quel che avevano visto. Ma la più spaventata tra tutti fu la giovane amata da Nastagio, che aveva visto e udito distintamente ogni cosa, e compreso che quella scena riguardava lei più di ogni altro, perché sapeva di essere stata crudele con Nastagio. Anzi, già si vedeva mentre fuggiva davanti a lui irato, con i mastini che le mordevano i fianchi.

Un esito felice

Tale fu il suo spavento che, per evitare quella sorte, appena vi fu l’occasione, che le si presentò quella sera stessa, siccome l’odio si era mutato in amore, di nascosto mandò una cameriera di fiducia da Nastagio, per invitarlo ad andare da lei, dicendosi disposta a concedersi ad ogni suo piacere. Nastagio le fece rispondere che gradiva molto la proposta ma che voleva prendersi piacere di lei conservando il suo onore, cioè sposandola.

La giovane acconsentì, poiché se non era ancora moglie di Nastagio questo dipendeva solo da lei. Così, si recò di persona dal padre e dalla madre a chiedere di sposare Nastagio, della qual cosa loro furono molto contenti. La domenica seguente furono celebrate le nozze, ed essi vissero lietamente per molto tempo insieme. Il terrore suscitato dalla caccia infernale non produsse solo quest’esito felice: da allora tutte le donne ravennati, spaventate, divennero molto più accondiscendenti ai piaceri degli uomini di quanto fossero state in precedenza.

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