Baudelaire, Rimorso postumo (Remords posthume)

Rimorso postumo

Charles Baudelaire, Rimorso postumo

Il poeta immagina che la donna che lo ha respinto, ormai nella tomba umida ed oscura, col cuore oppresso e rosa dal verme del rimorso rimpianga atrocemente di non essersi abbandonata all’amore. Si tratta di una tematica che molti poeti hanno trattato, quella delle occasioni perdute e del trascorrere inesorabile del tempo, con l’esortazione alla donna amata a non lasciarli fuggire.

 

Quando tu dormirai, mia bella  tenebrosa,

sul fondo di un monumento in marmo nero

e quando non avrai per alcova e dimora

che una cripta piovosa e una fossa profonda;

 

quando la pietra, opprimendo il tuo seno angosciato

e i tuoi fianchi ammorbiditi in indolente abbandono,

impedirà al tuo cuore di battere e di volere,

e ai tuoi piedi di correre all’avventura,

 

la tomba, confidente del mio sogno infinito

(perché la tomba sempre comprenderà il poeta):

in quelle lunghe notti da cui il sonno è bandito

 

ti dirà: “A che ti serve, cortigiana mancata,

Di non aver conosciuto quel che i morti rimpiangono?”

– E il verme roderà la tua pelle come un rimorso.

 

Analisi del testo

Il poeta immagina la sua “bella tenebrosa” morta, ma in realtà capace di provare sensazioni ed emozioni, come se fosse solo addormentata (dormirai), in fondo a una tomba di marmo nero, gocciolante di pioggia. Oppressa dalla pietra tombale ella sarà soffocata, proverà un senso di oppressione e non avrà alcuna possibilità di movimento, né fisico né amoroso. I primi sei versi delle due quartine costituiscono la premessa (la forzata, soffocante, opprimente immobilità della tomba) mentre gli ultimi due versi ne indicano la conseguenza (l’impossibilità di amare e di “correre all’avventura”). In quella condizione ella comprenderà (sarà la tomba stessa a dirglielo) di aver perduto la possibilità di avere quel che i morti rimpiangono, l’amore. Il suo corpo e il suo cuore, così, saranno rosi dal verme del rimorso.

La perdita dei beni materiali

La morte spoglierà la donna dei beni materiali (l’alcova, la dimora) costringendola dentro una fredda, umida tomba, indicata con la perifrasi “monumento in marmo nero” (monument construit en marbre noir).

L’inesorabile trascorrere del tempo

Attraverso l’uso insistito del tempo futuro per quasi tutta la poesia, Baudelaire enfatizza l’impressione dell’inesorabile scorrere del tempo, scandito dall’incalzare degli avverbi “Lorsque” et “Quand” (Quando) e delle congiunzioni (Et…et…et…).

La profondità della fossa

Il pleonasmo “fossa profonda” (fosse creuse) insiste sul tema della profondità delle viscere della terra, accanto a termini appartenenti allo stesso campo semantico, come “fond d’un” (sul fondo ) e “caveau” (cripta/tomba).

La decomposizione della carne

Il tema della decomposizione del corpo è evidenziato nel riferimento al seno angosciato e oppresso, al cuore che non potrà più battere e desiderare nulla, ai piedi che non potranno più muoversi e infine, in particolare, alla pelle rosa dai vermi. Il tema dei vermi e del disfacimento della carne, presente in molte poesie dei Fiori del male, è una costante nella letteratura e nell’arte.

La ritrosia della donna

La ritrosia della donna, come in Marvell, poeta inglese del ‘600, è pagata con il rimpianto e il rimorso per non essersi concessa all’amore, per aver lasciato scorrere il tempo inesorabile, che conduce alla morte e alla tomba.

La personificazione della tomba

La tomba (la pietra), già in precedenza implicitamente personificata, diviene addirittura “confidente” del poeta e rimprovera alla donna di non aver voluto conoscere l’amore, quando poteva, mentre ora non può che rimpiangere, come fanno i morti, le occasioni perdute. L’uso della prosopopea o personificazione della tomba che parla crea un effetto al tempo stesso fantastico e inquietante.

Il verme/rimorso

Il poeta conclude il sonetto con una similitudine particolarmente efficace: il verme che rode la pelle, ripugnate dato corporeo che rappresenta la putrefazione della carne, è anche immagine del rammarico per la dissoluzione delle emozioni e dei sentimenti.

Le anafore

Il testo è composto da un lungo periodo che occupa tredici versi, retto dal “ti dirà” del dodicesimo verso, il cui soggetto (“la tomba”) compare all’inizio della prima terzina. Il poeta crea una condizione di attesa attraverso le insistite anafore (Quando…e quando…quando…e…e…) oltre che attraverso l’inciso dei versi 9-11. Il verso conclusivo, inoltre, legato anch’esso al periodo dalla congiunzione “E”, suggella, come una sentenza definitiva, come una pietra sepolcrale il testo.

 

Charles Baudelaire, Remords posthume

Lorsque tu dormiras, ma belle ténébreuse,

Au fond d’un monument construit en marbre noir,

Et lorsque tu n’auras pour alcôve et manoir

Qu’un caveau pluvieux et qu’une fosse creuse;

Quand la pierre, opprimant ta poitrine peureuse

Et tes flancs qu’assouplit un charmant nonchaloir,

Empêchera ton coeur de battre et de vouloir,

Et tes pieds de courir leur course aventureuse,

Le tombeau, confident de mon rêve infini

(Car le tombeau toujours comprendra le poète),

Durant ces grandes nuits d’où le somme est banni,

Te dira: «Que vous sert, courtisane imparfaite,

De n’avoir pas connu ce que pleurent les morts?»

— Et le ver rongera ta peau comme un remords.

Charles Baudelaire, Les Fleurs du mal

 

Alla sua amante ritrosa

 […] La vostra bellezza, così, non sarà più ritrovata;

non si potrà più udire nel vostro sepolcro di marmo

echeggiare il mio canto: allora solo i vermi tenteranno

quella verginità che a lungo avete preservata,

e il vostro strano Onore sarà mutato in polvere,

tutta la mia lussuria trasformata in cenere.

Andrew Marvell, (poeta inglese; 1621-1678)

 

Emilio Praga, Vendetta postuma

Nel testo di Baudelaire troviamo una descrizione quasi completamente proiettata nel futuro, mentre in quello di Praga vi è un ampio riferimento al passato. Mentre Baudelaire si riferisce a una “bella tenebrosa”, che  ha respinto le sue profferte amorose, Praga rimprovera alla donna la mancata fedeltà…

Quando sarai nel freddo monumento

Immobile e stecchita,

Se ti resta nel cranio un sentimento

Di questa vita,

Ripenserai l’alcova e il letticciuolo

Dei nostri lunghi amori,

Quand’io portava al tuo dolce lenzuolo

Carezze e fiori.

Ripenserai la fiammella turchina

Che ci brillava accanto,

E quella fiala che alla tua bocchina

Piaceva tanto!

Ripenserai la tua foga omicida

E gli immensi abbandoni;

Ripenserai le forsennate grida

E le canzoni;

Ripenserai le lagrime delire,

E i giuramenti a Dio,

O bugiarda, di vivere e morire

Pel genio mio!

E allora sentirai l’onda dei vermi

Salir nel tenebrore,

E colla gioia di affamati infermi

Morderti il cuore.

Rimorso postumo

 

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