Verga, Mastro don Gesualdo

Verga

Verga, Mastro don Gesualdo

(1889)

 

Gesualdo Motta, un muratore che grazie al lavoro frenetico è divenuto un ricchissimo proprietario terriero, sposa per una rivalsa sociale la nobile Bianca Trao, la cui famiglia decaduta gli concede per motivi d’interesse e perché la giovane donna, sedotta da un cugino, non può più aspirare ad un matrimonio adeguato al suo rango.

Per questo Gesualdo lascia l’umile e fedele contadina Diodata che gli ha dato due figli. Il protagonista, che tenta di uscire dal proprio mondo, va fatalmente incontro al fallimento. Disprezzato dai parenti della moglie, dai quali lo separa il profondo divario sociale, non riuscirà neppure a guadagnarsi l’affetto della figlia Isabella (nata in realtà dalla relazione di Bianca con il cugino Ninì), che si vergogna persino del nome del padre. Dopo la morte di Bianca e dopo aver maritato in fretta la figlia con l’attempato

gesualdo

duca di Leyra per rimediare ad una fuga d’amore, Gesualdo si ammala di cancro. Sconfitto e solo, muore nel grande palazzo del genero, nella completa indifferenza dei servitori, mentre la figlia e il marito dissipano il suo patrimonio. Rispetto ai Malavoglia, Mastro don Gesualdo presenta alcuni elementi di continuità come l’uso del discorso indiretto libero e la ripresa di moduli linguistici adeguati ai personaggi. Il più evidente elemento innovativo consiste nella molteplicità dei punti di vista e dello stile. Il narratore popolare spesso ritrae i personaggi in modo ironico e li deforma fino a renderli grotteschi. Diversamente da quanto accade nei Malavoglia, il narratore esprime il punto di vista, le reazioni e i giudizi dell’autore, seppure in modo non esplicito, attraverso l’accostamento delle battute, la variazione del registro linguistico o il contrasto dei comportamenti. Inoltre Verga fa ricorso al monologo interiore, che affida alla voce del protagonista l’espressione di sensazioni, pensieri, ricordi, in un libero fluire delle idee. Infine, la narrazione della storia di Isabella è caratterizzata sotto il profilo stilistico dall’utilizzo di una lingua letteraria ed elegante, in contrasto con l’asciuttezza espressiva delle altre parti. Si accentua nell’autore la volontà di denunciare la brutalità della corsa verso la ricchezza. L’interesse personale, il sacrificio della parte più autentica di se stessi in nome dell’amore ossessivo per la “roba” e della scalata sociale, pagati con la solitudine, con l’incomprensione e con il disprezzo altrui, sono i motivi dominanti del romanzo. Nel Mastro don Gesualdo il pessimismo di Verga si fa più cupo e inesorabile: nei Malavoglia ci sono ancora una possibilità di sopravvivenza e un approdo per chi rimane fedele alle leggi della casa e del lavoro, mentre nel Mastro don Gesualdo resta solo una cruda analisi dei meccanismi dell’arricchimento.

 

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