Shakespeare, Perché sei tu Romeo?

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GIULIETTA – Romeo, Romeo! Perché sei tu Romeo? Ah, rinnega tuo padre!… Ricusa il tuo casato!… O, se proprio non vuoi, giurami amore, ed io non sarò più una Capuleti!

ROMEO – (Sempre tra sé) Che faccio, resto zitto ad ascoltarla, oppure le rispondo?…

GIULIETTA – Il tuo nome soltanto m’è nemico; ma tu saresti tu, sempre Romeo per me, quand’anche non fossi un Montecchi. Che è infatti Montecchi?… Non è una mano, né un piede, né un braccio, né una faccia, né nessun’altra parte che possa dirsi appartenere a un uomo. Ah, perché tu non porti un altro nome! Ma poi, che cos’è un nome?… Forse che quella che chiamiamo rosa cesserebbe d’avere il suo profumo se la chiamassimo con altro nome? Così s’anche Romeo non si dovesse più chiamar Romeo, chi può dire che non conserverebbe la cara perfezione ch’è la sua? Rinuncia dunque, Romeo, al tuo nome, che non è parte della tua persona, e in cambio prenditi tutta la mia.

ROMEO – (Forte) Io ti prendo in parola! D’ora in avanti tu chiamami “Amore”, ed io sarò per te non più Romeo, perché m’avrai così ribattezzato.

GIULIETTA – Oh, qual uomo sei tu, che protetto dal buio della notte, vieni a inciampar così sui miei pensieri?

ROMEO – Dirtelo con un nome, non saprei; il mio nome, cara santa, è odioso a me perché è nemico a te. Lo straccerei, se lo portassi scritto.

GIULIETTA – L’orecchio mio non ha bevuto ancora cento parole dalla voce tua, che ne conosco il suono: non sei Romeo tu, ed un Montecchi?

ROMEO – No, nessuno dei due, bella fanciulla, se nessuno dei due è a te gradito.

GIULIETTA – Ma come hai fatto a penetrar qui dentro? Dimmi come, e perché. Erti e scoscesi sono i muri dell’orto da scalare, e se alcuno dei miei ti sorprendesse, sapendo chi sei, t’ucciderebbe.

ROMEO – Ho scavalcato il muro sovra l’ali leggere dell’amore; amor non teme ostacoli di pietra, e tutto quello che amore può fare trova sempre l’ardire di tentare. Perciò i parenti tuoi non rappresentano per me un ostacolo.

GIULIETTA – Ma se ti trovan qui, ti uccideranno!

ROMEO – Ahimè, c’è più pericolo per me negli occhi tuoi che in cento loro spade: basta che tu mi guardi con dolcezza, perch’io mi senta come corazzato contro l’odio di tutti i tuoi parenti.

GIULIETTA – Io non vorrei però per nulla al mondo che alcun di loro ti trovasse qui.

ROMEO – La notte mi nasconde col suo manto alla lor vista; ma se tu non m’ami, che mi trovino pure e che mi prendano: assai meglio è per me finir la vita desiderando invano l’amor tuo.

GIULIETTA – Come hai fatto a venire fino qui? Chi t’ha guidato?

ROMEO – Amore per il primo ha guidato i miei passi. È stato lui a prestarmi consiglio nel trovarlo; io gli ho prestato in cambio solo gli occhi. Io non sono un nocchiero, ma se tu fossi lontana da qui quanto la più deserta delle spiagge bagnata dall’oceano più remoto, io correrei qualsiasi avventura per cercar sì preziosa mercanzia.

GIULIETTA – Sai che la notte copre la mia faccia della sua nera maschera, l’avresti vista arrossare, se no, per ciò che m’hai sentito dir poc’anzi. Ah, vorrei tanto mantener la forma, rinnegar quel che ho detto!… Ma addio ormai inutili riguardi! Tu m’ami?… So che mi rispondi “Sì”, ed io ti prenderò sulla parola; ma non giurare, no, perché se giuri, potresti poi dimostrarti spergiuro. Agli spergiuri degli amanti – dicono – ride anche Giove. O gentile Romeo, se m’ami, dimmelo con lealtà; se credi ch’io mi sia lasciata vincere troppo presto, farò lo sguardo truce e, incattivita, ti respingerò, perché tu sia costretto a supplicarmi… Ma no, non lo farei, per nulla al mondo!… In verità, leggiadro mio Montecchi, io di te sono tanto innamorata, da farti pur giudicar leggerezza il mio comportamento; però credimi, mio gentil cavaliere, che, alla prova, io saprò dimostrarmi più fedele di quelle che di me sono più esperte nell’arte di apparire più ritrose. E più ritrosa – devo confessarlo – sarei stata, se tu, subitamente, prima ch’io stessa me ne fossi accorta, non m’avessi sorpresa a confessar l’ardente mia passione a me stessa. Perdonami perciò, e non voler chiamare leggerezza la mia condiscendenza, come t’avrà potuto suggerire il buio della notte.

ROMEO – Mia signora, per questa sacra luna che inargenta le cime di questi alberi, ti giuro…

GIULIETTA – Ah, Romeo, non giurare sulla luna, questa incostante che muta di faccia ogni mese nel suo rotondo andare, ché l’amor tuo potrebbe al par di lei dimostrarsi volubile e mutevole.

ROMEO – Su che vuoi tu ch’io giuri?

GIULIETTA – Non giurare; o, se ti piace, giura su te stesso, su codesta graziosa tua persona, l’idolo della mia venerazione, e tanto basterà perch’io ti creda.

Comprensione e analisi del testo

  1. Rispondi alle seguenti domande relative alla trama di “Romeo e Giulietta”
  • Dove si svolge la vicenda e chi sono i Montecchi e i Capuleti?
  • Perché Romeo e Giulietta decidono di sposarsi in segreto?
  • Chi sono Mercuzio e Tebaldo?
  • Che cosa non funziona nel piano di frate Lorenzo?
  • Come si conclude la vicenda dei due innamorati?
  1. Perché Giulietta vorrebbe che Romeo rinnegasse il suo nome, suo padre, il suo casato? Che cosa divide i due innamorati?
  2. Quale significato assumono le parole di Giulietta: “con ragione potresti dirmi leggera…ma vedrai che sono la più sincera delle donne che più di me conoscono l’astuzia di apparire timide. E più timida. certo sarei state se…”
  3. Delinea le caratteristiche dei due innamorati che puoi ricavare dal dialogo.
  4. Romeo fa uso di numerose immagini metaforiche: individuale nel testo e spiegale.
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