Shakespeare: Giulio Cesare [Romani, amici…]

[et_pb_section fb_built=”1″ _builder_version=”3.0.74″ background_color=”#f7f7f7″ custom_padding=”20px|0px|18.3594px|0px”][et_pb_row make_fullwidth=”on” use_custom_gutter=”on” gutter_width=”3″ custom_padding=”46px|0px|88px|0px” _builder_version=”3.0.98″ background_size=”initial” background_position=”top_left” background_repeat=”repeat”][et_pb_column type=”1_4″ _builder_version=”3.0.47″][et_pb_image src=”https://giorgiobaruzzi.altervista.org/blog/wp-content/uploads/2014/05/giulio-cesare-di-v.-camuccini.jpg” _builder_version=”3.0.98″][/et_pb_image][et_pb_toggle title=”Link Utili” open=”on” _builder_version=”3.0.98″]

[/et_pb_toggle][et_pb_sidebar area=”et_pb_widget_area_1″ _builder_version=”3.0.98″][/et_pb_sidebar][/et_pb_column][et_pb_column type=”1_2″ _builder_version=”3.0.47″][et_pb_text _builder_version=”3.0.98″]Giulio Cesare è una tragedia scritta da Shakespeare probabilmente nel 1599. Essa si basa su eventi storici e parla della congiura e dell’assassinio di Giulio Cesare.  L’inizio della vicenda si svolge prima a Roma e in secondo luogo in Grecia (Filippi). Bruto, figlio adottivo di Cesare, si fa convincere a partecipare a una congiura ordita da alcuni senatori romani, tra cui Cassio, per impedire che Cesare trasformi la Repubblica romana in una monarchia. Ritornato a Roma dopo la campagna d’Egitto, Cesare ignora l’avvertimento di un indovino di guardarsi dalle IDI di marzo e le premonizioni della moglie, ma sarà assassinato in Senato proprio nel giorno predetto. Il primo a colpirlo è Casca, l’ultimo è Bruto.  Alle famose parole di Cesare “tu, quoque, Brute!” Shakespeare aggiunge “Allora cadi, o Cesare!”, suggerendo così che Cesare si rifiuta di sopravvivere a un tale tradimento . Dopo la morte di Cesare un altro personaggio compare sullo sfondo come amico di Cesare: si tratta di Marco Antonio che, tramite un discorso che costituisce un modello di abile oratoria, muove l’opinione pubblica contro gli assassini di Cesare. Dopo la morte di Cesare, Bruto attacca Cassio accusandolo di regicidio in cambio di denaro; i due in seguito si riconciliano, ma mentre entrambi si preparano alla guerra contro Marco Antonio e Ottaviano, lo spettro di Cesare appare a Bruto, annunciandogli la sua prossima sconfitta (“Ci rivedremo a Filippi” – atto IV, scena III). Durante la battaglia le cose si mettono male per i cospiratori e sia Bruto che Cassio decidono di suicidarsi piuttosto che essere fatti prigionieri. La tragedia termina con un accenno alla futura frattura dei rapporti tra Marco Antonio e Ottaviano, che sarà sviluppata nella tragedia Antonio e Cleopatra. Nell’ultima parte si accenna all’ascesa al potere di Ottaviano e la sconfitta di Marco Antonio ad Azio nel 31 a.C.

Romani, amici, miei compatrioti…

SCENA II – Roma, il Foro.

[…]

BRUTO – Romani, miei compatrioti, amici, io vi chiedo pazienza; ascoltatemi bene fino in fondo, e restate in silenzio, e vi esporrò la causa del mio agire. Sul mio onore, credetemi, ed abbiate rispetto del mio onore; giudicatemi nella saggezza vostra, e a meglio farlo aguzzate l’ingegno. Se c’è alcuno fra voi ch’abbia voluto molto bene a Cesare, io dico a lui che l’amore di Bruto per Cesare non fu meno del suo.

Se poi egli chiedesse perché Bruto s’è levato con l’armi contro Cesare, la mia risposta è questa: non è che Bruto amasse meno Cesare, ma più di Cesare amava Roma.

Preferireste voi Cesare vivo e noi tutti morire come schiavi, oppur Cesare morto, e tutti liberi?

Cesare m’ebbe caro, ed io lo piango; la fortuna gli arrise, ed io ne godo; fu uomo valoroso, ed io l’onoro.

Ma fu troppo ambizioso, ed io l’ho ucciso. Lacrime pel suo amore, compiacimento per la sua fortuna, onore al suo valore, ma morte alla sua sete di potere! C’è alcuno tra voi che sia sì abietto da bramare di viver come servo? Se c’è, che parli, perché è lui che ho offeso!

Se alcuno c’è tra voi che sia sì barbaro da rinnegare d’essere un Romano, che parli, perché è a lui che ho fatto torto! E chi c’è qui tra voi di tanto ignobile da non amar la patria? Se c’è, parli: perché è a lui ch’io ho recato offesa.

CITTADINI – Nessuno, Bruto! Nessuno! Nessuno!

Giunge Antonio e altri, che portano il corpo di Cesare avvolto in un lenzuolo. Bruto invita i concittadini ad ascoltare quel che Antonio dirà loro e se ne va. Poi Antonio inizia il suo discorso.

[…]

ANTONIO – Romani, amici, miei compatrioti, vogliate darmi orecchio. Io sono qui per dare sepoltura a Cesare, non già a farne le lodi. Il male fatto sopravvive agli uomini, il bene è spesso con le loro ossa sepolto; e così sia anche di Cesare. V’ha detto il nobile Bruto che Cesare era uomo ambizioso di potere: se tale era, fu certo grave colpa, ed egli gravemente l’ha scontata. Qui, col consenso di Bruto e degli altri – ché Bruto è uom d’onore, come lo sono con lui gli altri – io vengo innanzi a voi a celebrare di Cesare le esequie. Ei mi fu amico, sempre stato con me giusto e leale; ma Bruto dice ch’egli era ambizioso, e Bruto è certamente uom d’onore. Ha addotto a Roma molti prigionieri, Cesare, e il lor riscatto ha rimpinzato le casse dell’erario: sembrò questo in Cesare ambizione di potere? Quando i poveri han pianto, Cesare ha lacrimato: l’ambizione è fatta, credo, di più dura stoffa; ma Bruto dice ch’egli fu ambizioso, e Bruto è uom d’onore. Al Lupercale – tutti avete visto – per tre volte gli offersi la corona e per tre volte lui la rifiutò. Era ambizione di potere, questa? Ma Bruto dice ch’egli fu ambizioso, e, certamente, Bruto è uom d’onore. Non sto parlando, no, per contraddire a ciò che ha detto Bruto: son qui per dire quel che so di Cesare. Tutti lo amaste, e non senza cagione, un tempo… Qual cagione vi trattiene allora dal compiangerlo? O senno, ti sei andato dunque a rifugiare nel cervello degli animali bruti, e gli uomini han perduto la ragione? Scusatemi… il mio cuore giace là nella bara con Cesare, e mi debbo interromper di parlare fin quando non mi sia tornato in petto.

1° CITTADINO – Mi sembra che ci sia molta ragione in quel che ha detto.

2° CITTADINO – Certo, a ripensarci. Cesare ha ricevuto grandi torti.

[…]

ANTONIO – Ancora ieri, la voce di Cesare avrebbe fatto sbigottire il mondo: ed ei giace ora là, e nessuno si stima tanto basso da render riverenza alla sua spoglia. Oh, amici, fosse stata mia intenzione eccitare le menti e i cuori vostri alla sollevazione ed alla rabbia, farei un torto a Bruto e un torto a Cassio, i quali sono uomini d’onore, come tutti sapete. Non farò certo loro questo torto; preferisco recarlo a questo ucciso, a me stesso ed a voi, piuttosto che a quegli uomini onorevoli. Ma ho qui con me una pergamena scritta, col sigillo di Cesare; l’ho rinvenuta nel suo gabinetto: è il suo testamento. Se solo udisse la gente del popolo quello ch’è scritto in questo documento – che, perdonate, non intendo leggere – andrebbe a gara a baciar le ferite di questo corpo, e a immergere ciascuno i propri lini nel suo sacro sangue; e a chiedere ciascuno, per reliquia, un suo capello, di cui far menzione in morte, per lasciarlo in testamento, prezioso lascito, ai suoi nipoti.

1° CITTADINO – Il testamento lo vogliamo udire. Leggilo, Marcantonio!

Antonio simula di essere restio a rivelare quanto contenuto nel testamento di Cesare, poi, prima di iniziarne la lettura, mostra ai presenti le ferite che sono state inferte a Cesare. 

[…]

ANTONIO – Ora, se avete lacrime, Romani, preparatevi a spargerle. Il mantello lo conoscete tutti: io ho, nel mio ricordo, la prima volta ch’egli l’ha indossato: nella sua tenda, una sera d’estate, il giorno stesso che sconfisse i Nervii. Guardate: in questo punto è penetrato il pugnale di Cassio; qui, vedete, che squarcio ha fatto nella sua ferocia Casca, e per là è poi passato il pugnale del suo diletto Bruto; e quando questi ha estratto da quel varco il maledetto acciaio, ecco, osservate come il sangue di Cesare n’è uscito quasi a precipitarsi fuor di casa per sincerarsi s’era stato Bruto, o no, che avesse così rudemente bussato alla sua porta: perché Bruto era l’angelo di Cesare, lo sapete. E voi siete testimoni, o dèi, di quanto caramente egli l’amasse! Questo di tutti i colpi è stato certamente il più crudele: perché il nobile Cesare quando vide colui che lo vibrò, l’ingratitudine, più che la forza delle braccia degli altri traditori, lo soverchiò del tutto, e il suo gran cuore gli si spezzò di schianto; e, coprendosi il volto col mantello, ai piedi della statua di Pompeo, che intanto s’era inondata di sangue, il grande Cesare crollò e cadde. Oh, qual caduta, miei compatrioti, è stata quella! Tutti, in quell’istante, siamo caduti, mentre su di noi trionfava nel sangue il tradimento. Oh, ora voi piangete; e la pietà, m’accorgo, fa sentire in voi il suo morso: son generose lacrime, le vostre; e voi piangete, anime gentili, e avete visto solo sulla veste del nostro Cesare le sue ferite. Guardate qua: (Solleva il lenzuolo e scopre il corpo di Cesare) il suo corpo straziato dai pugnali traditori. […]

ANTONIO –

Miei buoni amici, miei cari amici, non fatemi carico d’istigarvi ad un simile improvviso flutto di ribellione. I responsabili di quest’azione sono gente d’onore… Quali private cause di rancore possano averli indotti, ahimè, a compierla, non so: essi son saggi ed onorevoli e vi sapranno dire le ragioni. Non son venuto, amici, a rapire per me il vostro cuore; non sono un oratore come Bruto, sono – mi conoscete – un uomo semplice che amava Cesare con cuor sincero; e questo sanno bene anche coloro che m’han concesso il loro beneplacito a parlare di lui così, in pubblico; perché io non posseggo né l’ingegno, né la facondia, né l’abilità, né il gesto, né l’accento, né la forza della parola adatta a riscaldare il sangue della gente: parlo come mi viene sulla bocca, vi dico ciò che voi stessi sapete, vi mostro le ferite del buon Cesare, povere bocche mute, e chiedo a loro di parlar per me. S’io fossi Bruto e Bruto fosse Antonio, allora sì, che qui a parlare a voi vi sarebbe un Antonio ben capace di riscaldare gli animi e di dar voce ad ogni sua ferita per trascinare a Roma anche le pietre alla rivolta ed all’insurrezione!

CITTADINI – E così noi faremo! Insorgeremo! Daremo fuoco alla casa di Bruto!

1° CITTADINO – Via, dunque, a caccia dei cospiratori!

William Shakespeare, Giulio Cesare. Traduttore Goffredo Raponi.

Da http://www.liberliber.it/libri/s/shakespeare/index.php

Esercizi di analisi del testo:                                                                                      

Prendi in esame il discorso di Bruto:

Sinonimi del termine “onore”, usato da Bruto, sono:

a)     riconoscimento, gratitudine, fedeltà

b)     onestà, integrità, moralità

c)     lealtà, gloria, valore

d)     cortesia, eroismo, disponibilità

Bruto ha partecipato all’uccisione di Cesare

a)     Perché lo amava troppo.

b)     Perché Cesare era troppo avido di potere.

c)     Perché Cesare era troppo valoroso.

d)     Perché amava troppo Roma.

In conclusione l’uccisione di Cesare ha evitato che…

  1. Nella prima parte del suo discorso Antonio:
  • Dichiara di voler “dare sepoltura a Cesare, non già … farne le lodi”: ti sembra questa la vera intenzione di Antonio? Perché?
  • Anche Antonio usa il termine “onore” ripetutamente. Perché si può affermare che lo usa in senso ironico/sarcastico?
  • Quale tesi Antonio Intende confutare?
  • Quali sono I fatti da lui citati a sostegno della sua tesi?
  1. A che cosa fa riferimento Antonio nella seconda parte del suo discorso?

Dice di aver trovato il testamento di Cesare e

a)     non lo vuole leggere per non danneggiare la reputazione di Cesare.

b)     non lo vuole leggere per non danneggiare la reputazione di Bruto.

c)     non lo vuole leggere per evitare disordini da parte del popolo.

d)     vuole leggerlo, ma finge di non volerlo fare per evitare disordini.

  1. Nella terza parte del discorso Antonio fa riferimento alle circostanze della morte di Cesare.

Egli mette in evidenza:

a)     quanto Cesare amasse Bruto e come questi l’abbia crudelmente tradito;

b)     quanto Bruto amasse Cesare, ma nonostante questo l’abbia colpito a morte;

c)     che Cesare ha perdonato Bruto, nonostante il suo tradimento, perché lo amava;

d)     che Cesare, coprendosi il volto, ha cercato protezione dietro la statua di Pompeo.

  1. Nella conclusione del suo discorso Antonio utilizza di nuovo, ripetutamente, una serie di negazioni: che cosa dice di non volere, di non essere o di non saper fare?
  2. Ritieni che sia sincero? Motiva la tua risposta:

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