Romanzo decadente

Controcorrente

Romanzo decadente

 

Quali aspetti caratterizzano la prima fase della narrativa decadente?

Una delle componenti più importanti del romanzo decadente è quella dell’estetismo, ovvero del culto della bellezza, spesso intrecciato all’edonismo, ovvero al  culto del piacere.

Il primo portavoce di questa tendenza è lo scrittore parigino Joris-Karl Huysmans (1848-1907), con il romanzo À rebours (tradotto, alternativamente, A ritroso oppure Controcorrente), pubblicato nel 1884-1885.

Il primo vero “eroe” della letteratura decadente è il protagonista del romanzo, che traccia un esemplare ritratto di esteta. Il giovane protagonista, Jean Des Esseintes, è un nobile francese che, disgustato dalla mediocre vita borghese, decide di chiudersi in una splendida solitudine, circondandosi di cose raffinate e uniche. Nella sua sontuosa ed eccentrica dimora, egli comincia ad accumulare libri e oggetti rari, mobili dalle più preziose forme delle varie epoche e incroci di fiori e piante sempre più stravaganti, talvolta mostruosi, sintomi di una sensibilità distorta e depravata, che ha bisogno di procedere “controcorrente” e non può trovare né appagamento né freno. Infatti, il tentativo di Des Esseintes di provare nuove attrattive nella vita fallisce: colpito da turbamenti mentali sempre più gravi, egli cerca la salvezza della psiche rifugiandosi nella fede.

In Inghilterra il decadentismo si sviluppa in primo luogo come reazione al severo moralismo imperante durante il lungo regno della regina Vittoria (1837-1901), nel quale i comportamenti convenzionali e conformistici influenzano l’arte e la letteratura.

Nel 1891 Oscar Wilde pubblica The Picture of Dorian Gray (Il ritratto di Dorian Gray), che mostra l’evidente influenza di A rebours. Dorian Gray, intellettuale “controcorrente” rispetto alle convenzioni sociali e morali del tempo, vive compiacendosi della propria immoralità e del proprio estetismo. Il protagonista è un giovane di eccezionale bellezza, che un amico pittore ritrae in un quadro. Ossessionato dall’idea di perdere la sua avvenenza, Dorian esprime il desiderio che il ritratto invecchi al posto suo e che lui possa invece conservarsi sempre giovane e bello. Il desiderio per una sorta di magia si avvera: il passare del tempo e le abiette esperienze della vita non degradano la sua perfetta bellezza, bensì il ritratto, che si deturpa sempre più. Quando Dorian, colto da rimorsi e incapace di sopportare oltre l’immagine di depravazione che il quadro riflette, colpisce il ritratto con una pugnalata e cade morto come se avesse colpito se stesso. Così, egli assume l’orrida fisionomia che il tempo e la sua vita sciagurata gli hanno procurato, mentre il quadro torna allo splendore originario.

In Italia D’Annunzio pubblica nel 1889 Il piacere, il cui protagonista, Andrea Sperelli, è un esteta che vuole “fare la propria vita come si fa un’opera d’arte”.

Quali aspetti caratterizzano la seconda fase della narrativa decadente?

Nel Novecento alle figure del “veggente” e dell’esteta raffinato si sostituisce, progressivamente, quella dell’inetto, l’uomo incapace di vivere e adattarsi al ritmo della moderna società industriale, che analizza il proprio mondo interiore e le proprie nevrosi. Come già l’esteta e il “veggente”, l’inetto è l’alter-ego dell’intellettuale, che indaga dentro di sé e porta alla luce i propri turbamenti e le difficoltà dell’esistenza.

Questi temi sono sviluppati nei grandi capolavori della narrativa: da Alla ricerca del tempo perduto (1913-1927) di Marcel Proust (1871-1922) a La montagna incantata (1924) di Thomas Mann (1875-1955), da I quaderni di Malte Laurids Brigge (1910) di Rainer Maria Rilke (1875-1926) a L’uomo senza qualità (1930-1933) di Robert Musil (1880-1942). Come per quella europea, così per la letteratura italiana è possibile distinguere la stagione del decadentismo ottocentesco, di cui sono interpreti soprattutto D’Annunzio, Pascoli e Fogazzaro, dai successivi sviluppi novecenteschi, con le opere di Svevo e Pirandello.

Quali sono le principali novità della narrativa decadente ?

Venuta meno la fiducia nella scienza, nel progresso e nel valore dell’impegno politico-sociale, gli scrittori tendono all’isolamento. Privilegiano lo scavo psicologico, presentano individui isolati dalla società, lontani dalla massa, dall’uomo comune.

Il disagio nel rapporto tra scrittore e società si esprime attraverso il delinearsi di tipologie di personaggi a loro modo estranei: il maledetto, l’esteta, il superuomo, l’inetto. Tutti, seppure in modo diverso, esprimono il disagio dell’intellettuale nel rapporto con la società, la difficoltà ad identificarsi con la “mediocre” cultura borghese.

Si afferma il principio “l’arte per l’arte”. Wilde: “Non esistono libri morali o immorali. I libri sono scritti bene o scritti male.” D’Annunzio: “Bisogna fare la propria vita come si fa un’opera d’arte.”

La narrazione non ha più la pretesa dell’obiettività ma, al contrario, spesso, di un esasperato individualismo e soggettivismo. Si afferma il culto del bello (estetismo) e del piacere (edonismo).

L’Io narrante, in Italia nei romanzi di Pirandello e Svevo, prende il posto del narratore esterno in terza persona. I personaggi sono complessi e contraddittori. Evidente in alcuni romanzi, come La coscienza di Zeno, l’influenza della psicanalisi. La narrazione non è più in ordine cronologico, ma si sviluppa in relazione al tempo della memoria, cioè sulla base della soggettiva rievocazione delle esperienze personali del personaggio.

 

 

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