Produzione preverista e produzione verista

Produzione preverista e produzione verista

 

Tra la prima e la seconda fase della produzione narrativa di Verga la distanza è radicale, sia per i temi sia per le tecniche narrative. I primi romanzi della fase romantico-patriottica sono caratterizzati dalla ricerca di effetti, dall’artificiosità dell’intreccio, da un esasperato patriottismo.

carbonariI successivi romanzi della fase “mondana”, che incontravano il favore del pubblico dei lettori del tempo, erano destinati a un pubblico borghese che cercava nella narrativa la rappresentazione di modelli e stili di vita elevati, cui ispirarsi. Lo stile è improntato a toni enfatici e alla ricerca di tinte forti. I temi e le situazioni descritti sono di gusto tardo romantico, o suggeriti dalla letteratura d’appendice francese contemporanea: impetuose passioni, spesso contrastate o vissute in modo drammatico, lussuriose e bizzarre donne fatali dalla conturbante bellezza, la ricerca del piacere e della ricchezza, il mondo del teatro e figure di giovani artisti in cerca di successo.

La seconda fase della narrativa di Verga inizia verso la fine degli anni Settanta, anticipata dal “bozzetto sicilianoNedda, con la novella Rosso Malpelo del 1878, e con la raccolta di Vita dei campi del 1880. Seguono I Malavoglia nel 1881, le Novelle Rusticane nel 1883 e il Mastro don Gesualdo nel 1890. La prima differenza rispetto alla produzione “mondana” è relativa ai temi trattati: non più le donne fatali e il lusso borghese, ma le classi umili delle campagne siciliane e la lotta per l’accumulazione della “roba”. Tuttavia, la novità più importante è costituita dalle nuove tecniche narrative, con cui Verga concretizza i canoni della poetica verista.

La svolta non nasce, quindi, solo dall’esigenza di nuovi soggetti da rappresentare ma anche dall’intenzione di sperimentare e di realizzare una narrazione oggettiva, scientifica, impersonale, ispirata dagli scrittori del Naturalismo francese. Eppure, mentre questi ultimi celebravano le vittorie del Progresso, Verga metteva in luce i suoi effetti distruttivi nei confronti di coloro che ne erano travolti e “vinti” e dei millenari valori della società precapitalistica. A tali valori ancestrali lo sviluppo capitalistico sostituiva la smania di cambiamento, la competitività, l’accumulazione, l’intrigo e la lotta per il successo. Nei Malavoglia si salva solo chi resta fedele ai vecchi valori, nel Mastro don Gesualdo il successo economico del protagonista è pagato con una vita forsennata e col sacrificio degli affetti. Nella rappresentazione delle classi subalterne Verga manifesta la sua ideologia conservatrice e una profonda sfiducia nell’agire umano, nella pessimistica convinzione, tipica della società siciliana, che “munnu è statu e munnu è”.

Nedda

Durante il soggiorno a Milano, nel 1874, Verga scrive il lungo racconto Nedda. La protagonista è un’umile raccoglitrice di olive che, dopo la morte della madre, si innamora del pastore Janu, ammalato di malaria. Questi, un giorno, cade da un albero e muore. Nedda, rimasta sola, incinta e disprezzata dal paese, dà alla luce una bambina, ma non può fare altro che assistere impotente alla morte per fame della piccola. Nedda avvia il progressivo distacco di Verga dalla narrativa “mondana” e la ricerca di nuove forme narrative, ma non è ancora un vero e proprio passaggio al Verismo. In Nedda le tecniche narrative sono sostanzialmente quelle tradizionali e non emerge il canone dell’impersonalità, tipico del Verismo.

 

 

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