Montale, La Bufera e altro

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Montale, La Bufera e altro

(1940-1954)

La terza raccolta poetica di Montale, La bufera e altro, ospita liriche in gran parte già pubblicate su varie riviste. La prima edizione completa esce nel 1956, seguita da una seconda edizione l’anno successivo, mentre quella definitiva è del 1977.A differenza delle raccolte precedenti, non si tratta di una raccolta unitaria, ma che varia sia per i tempi di composizione che per i temi e per lo stile.

Nella poesia della Bufera si affaccia un elemento nuovo, drammatico e violento: la bufera è la Seconda guerra mondiale, che incombe minacciosa con la sua tragica crudeltà.

buferaIl nucleo più unitario è il primo, quello di Finisterre: quindici poesie fortemente influenzate dalla guerra. Per la prima volta la storia entra con tragica violenza nella poesia montaliana: la seconda guerra mondiale diventa il cupo sottofondo delle liriche di Finisterre.

La guerra non provoca una nuova visione della realtà da parte del poeta, ma semplicemente conferma e accentua il rapporto critico e disarmonico con la realtà. L’attenzione poetica di Montale rimane legata alla condizione umana in quanto tale, più che agli avvenimenti storici, e la guerra non resta un fenomeno “storico” e circoscritto, ma è soprattutto il simbolo di un conflitto “cosmico”, di una lotta del male contro il bene, che turba e rischia di distruggere per sempre la civiltà. Solo la poesia appare in qualche modo capace di rappresentare e difendere la dignità umana, di denunciare gli orrori e le umiliazioni che la schiacciano. I lager e i gulag cui allude Il sogno del prigioniero rappresentano la drammatica e malvagia degenerazione cui è giunto l’essere umano.

La svolta che Montale opera con La bufera, tuttavia, non si traduce, come forse ci si potrebbe aspettare, in una maggiore precisione di circostanze e in una scrittura meno allusiva. La storia e le ideologie politiche e sociali restano ai margini della sua poesia, infatti Montale rivendica la priorità della cultura sulla politica e dichiara nel modo più esplicito di respingere il clericalismo “nelle due opposte forme (la “nera” e la “rossa”) che oggi affliggono l’Italia”, condannando in eguale misura tutte le manifestazioni di fanatismo politico e di intolleranza.

Montale abbandona la precisione formale e la struttura stabile adottate nelle Occasioni e si muove verso uno stile più aperto: le strofe non sono più regolari, le rime tendono a scomparire, sostituite da corrispondenze di suoni, i periodi si distendono in lunghe frasi dalla costruzione complessa.

L’ispiratrice delle poesie di Finisterre è ancora Clizia, che riprende e accentua la sua connotazione metafisica orientata in senso religioso. Nel dopoguerra accanto a Clizia compare un’altra figura femminile, Volpe (la poetessa Maria Luisa Spaziani), simbolo di una femminilità meno mistica, più fresca e vitale.

 

 

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