Marinetti, All’Automobile da corsa

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F.T. Marinetti, All’Automobile da corsa

[A mon Pégase]

>>> Alle origini delle corse automobilistiche

 

Veemente dio d’una razza d’acciaio,

Automobile ebbrrra di spazio,

che scalpiti e frrremi d’angoscia

rodendo il morso con striduli denti…

Formidabile mostro giapponese,

dagli occhi di fucina,

nutrito di fiamma

e d’olî minerali,

avido d’orizzonti e di prede siderali…

io scateno il tuo cuore che tonfa diabolicamente,

scateno i tuoi giganteschi pneumatici,

per la danza che tu sai danzare

via per le bianche strade di tutto il mondo!…

Allento finalmente

le tue metalliche redini,

e tu con voluttà ti slanci

nell’Infinito liberatore!

All’abbaiare della tua grande voce

ecco il sol che tramonta inseguirti veloce

accelerando il suo sanguinolento

palpito, all’orizzonte…

Guarda, come galoppa, in fondo ai boschi, laggiù!…

Che importa, mio dèmone bello?

Io sono in tua balìa!… Prrrendimi!… Prrrendimi!…

Sulla terra assordata, benché tutta vibri

d’echi loquaci;

sotto il cielo accecato, benché folto di stelle,

io vado esasperando la mia febbre

ed il mio desiderio,

scudisciandoli a gran colpi di spada.

E a quando a quando alzo il capo

per sentirmi sul collo

in soffice stretta le braccia

folli del vento, vellutate e freschissime…

Sono tue quelle braccia ammalianti e lontane

che mi attirano, e il vento

non è che il tuo alito d’abisso,

o Infinito senza fondo che con gioia m’assorbi!…

Ah! ah! vedo a un tratto mulini

neri, dinoccolati,

che sembran correr su l’ali

di tela vertebrata

come su gambe prolisse…

Ora le montagne già stanno per gettare

sulla mia fuga mantelli di sonnolenta frescura,

là, a quella svolta bieca.

Montagne! Mammut, in mostruosa mandra,

che pesanti trottate, inarcando

le vostre immense groppe,

eccovi superate, eccovi avvolte

dalla grigia matassa delle nebbie!…

E odo il vago echeggiante rumore

che sulle strade stampano

i favolosi stivali da sette leghe

dei vostri piedi colossali…

O montagne dai freschi mantelli turchini!…

O bei fiumi che respirate

beatamente al chiaro di luna!

O tenebrose pianure!… Io vi sorpasso a galoppo

su questo mio mostro impazzito!…

Stelle! mie stelle! l’udite

il precipitar dei suoi passi?…

Udite voi la sua voce, cui la collera spacca…

la sua voce scoppiante, che abbaia, che abbaia…

e il tuonar de’ suoi ferrei polmoni

crrrrollanti a prrrrecipizio

interrrrrminabilmente?…

Accetto la sfida, o mie stelle!…

Più presto!… Ancora più presto!…

E senza posa, né riposo!…

Molla i freni! Non puoi?

Schiàntali, dunque,

che il polso del motore centuplichi i suoi slanci!

Urrrrà! Non più contatti con questa terra immonda!

Io me ne stacco alfine, ed agilmente volo

sull’inebriante fiume degli astri

che si gonfia in piena nel gran letto celeste!

Da: Filippo Tommaso Marinetti, Lussuria– Velocità, in Poesia del Novecento, a cura di E. Sanguineti, Einaudi, Torino, 1969.

 

Filippo Tommaso Marinetti, A mon Pégase

Da “La Ville Charnelle”

Dieu véhément d’une race d’acier,
Automobile ivre d’espace,
qui piétines d’angoisse, le mors aux dents
stridentes!
O formidable monstre japonais aux yeux de forge,
nourri de flamme et d’huiles minérales,
affamé d’horizons et de proies sidérales,
je déchaîne ton coeur aux teuf-teufs diaboliques,
et tes géants pneumatiques, pour la danse
que tu mènes sur les blanches routes du monde.
Je lâche enfin tes brides métalliques… Tu
t’élances,
avec ivresse, dans l’Infini libérateur!…
Au fracas des abois de ta voix…
voilà que le Soleil couchant emboîte
ton pas véloce, accélérant sa palpitation
sanguinolente au ras de l’horizon…
Il galope là-bas, au fond des bois… regarde!…

Qu’importe, beau démon?…
Je suis à ta merci…Prends-moi!
Sur la terre assourdie malgré tous ses échos,
sous le ciel aveuglé malgré ses astres d’or,
je vais exaspérant ma fièvre et mon désir
à coups de glaive en pleins naseaux!…
Et d’instant en instant, je redress ma taille
pour sentir sur mon cou qui tressaille
s’enrouler les bras frais et duvetés du vent.

Ce sont tes bras charmeurs et lointains qui
m’attirent!
ce vent, c’est ton haleine engloutissante,
insondable Infini qui m’absorbes avec joie!…
Ah! Ah!… des moulins noirs, dégingandés,
ont tout à coup l’air de courir
sur leurs ailes de toile baleinée
comme sur des jambes démesurées…

Voilà que les Montagnes s’apprétent à lancer
sur ma fuite des manteaux de fraîcheur
somnolente…
Là! Là! regardez! à ce tournant sinistre!…
Montagnes, ô Bétail monstrueux, ô Mammouths
qui trottez lourdement, arquant vos dos immenses
vous voilà dépassés…noyés…
dans l’échevau des brumes!…
Et j’entends vaguement
le fracas ronronnant que plaquent sur les routes
vos jambes colossales aux bottes de sept lieues…

Montagnes aux frais manteaux d’azur!…
Beaux fleuves respirant au clair de lune!… Plaines ténébreuses! je vous dépasse au grand galop
de ce monstre affolé… Etoiles, mes Etoiles,
entendez-vous ses pas, le fracas des abois
et ses poumons d’airain croulant interminablement?
J’accepte la gageure…avec Vous, mes Etoiles!…
Plus vite!… encore plus vite!…
Et sans répit, et sans repos!…
Lachez les freins!… Vous ne pouvez?..
Brisez-les donc!…
Que le pouls du moteur centuple ses élans!

Hurrah! Plus de contact avec la terre immonde!…
Enfin, je me détache et je vole en souplesse
sur la grisante plénitude
des Astres ruisselants dans le grand lit du ciel!

 

F.T. Marinetti, All’Automobile da corsa – Analisi del testo

Tra fine Ottocento e primo Novecento nuovi mezzi di trasporto e comunicazione fanno irruzione nella società, rivoluzionandone il modo di vivere e di sentire. Convinti assertori della modernità, del progresso meccanico, tecnologico, i Futuristi vedono in essa l’occasione per vivere con ritmi più arditi e veloci, consoni alle reali capacità, ambizioni e desideri dell’uomo, che una mentalità “passatista” tendeva a comprimere, perché legata al quieto vivere, all’immobilismo, ai valori trasmessi dalle tradizioni e dall’idillio campestre, ostile alla frenesia e al turbinio del modello urbano.

All’Automobile da corsa (la traduzione italiana di A mon Pégase) e contenuta in Lussuria-Velocità (1921), versione italiana di una parte della Ville charnelle del 1908. 

Il testo è un inno alla macchina, e alla velocità. L’automobile (per i Futuristi un sostantivo maschile)  è emblema della civiltà delle macchine, proiettata verso il futuro. 

L’automobile è paragonato/definito come “dio d’una razza d’acciaio”, come un cavallo scalpitante al galoppo, come un “mostro giapponese”. La macchina assume tratti animali e umani, è un demone a bordo del quale il poeta attraversa pianura e montagne, inebriandosi di folle velocità. La straordinaria galoppata di Marinetti a bordo del suo automobile, si conclude con il distacco “da questa terra immonda” per spiccare in volo verso le stelle. 

Fin dall’inizio, nel testo sono presenti numerose metafore: Veemente dio d’una razza d’acciaio; ebbrrra di spazio; scalpiti e frrremi d’angoscia rodendo il morso con striduli denti…. Esse presentano l’automobile come un essere vivente straordinariamente potente, dai tratti divini e mostruosi, scalpitante come un cavallo. Inoltre, l’uso insistito dell’onomatopea (ebbrrra; frrremi; Prrrendimi!… Prrrendimi!; crrrrollanti a prrrrecipizio interrrrrminabilmente) tende a riprodurre il rombo del suo potente rumore , della “sua voce scoppiante, che abbaia, che abbaia…”.

 

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