Leopardi, Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Gutierrez

ignoto

Giacomo Leopardi, Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Gutierrez

Testo parafrasato

Durante la navigazione verso il “nuovo mondo” Cristoforo Colombo e il suo luogotenente, Pietro Gutierrez, dialogano sulla loro condizione e sulla condizione umana in generale. Temi centrali sono quelli della noia e del piacere: solo in una condizione di rischio l’uomo può apprezzare la vita e vincere la noia.

Colombo. Che bella notte, amico.

Gutierrez. Molto bella effettivamente. E credo che a vederla da terra sarebbe più bella.

Colombo. Benissimo: anche tu sei stanco di navigare.

Gutierrez. Non di navigare in sé, ma questa navigazione è più lunga di quel che pensassi e questo mi disturba un po’. Tuttavia non devi pensare che io mi lamenti di te, come fanno gli altri. Anzi, stai tranquillo che qualunque decisione tu prenda a proposito di questo viaggio, sempre ti sosterrò, come ho fatto finora, con ogni mio potere. Tuttavia, tanto per discorrere, vorrei che tu mi dicessi precisamente, in tutta sincerità, se ancora sei così sicuro come all’inizio, di poter trovar una terra in questa parte del mondo, o se, dopo tanto tempo e tanta esperienza in senso contrario, cominci per caso a dubitare.

Colombo. Parlando sinceramente, e come si può fare con un amico fidato, ti confesso che ho qualche dubbio. Tanto più perché durante il viaggio parecchi segnali che mi avevano fatto molto ben sperare, si sono rivelati vani, come quegli uccelli che ci passarono sopra, venendo da ponente, dopo pochi giorni che eravamo partiti da Gomera, e che io pensai fossero indizio di una terra poco lontana. Allo stesso modo, ho visto di giorno in giorno che molte delle congetture e delle previsioni che avevo fatto prima che salpassimo, su quel che ci sarebbe capitato durante il viaggio non si sono avverate. Perciò mi viene da pensare che, così come questi pronostici mi hanno ingannato, anche se mi sembravano quasi certi, potrebbe anche essere sbagliata l’ipotesi principale, cioè che possiamo trovare una terra di là dall’Oceano. 

È ben vero che essa ha fondamenti tali che se fosse falsa mi sembrerebbe allora che non si possa aver fiducia in nessuna opinione umana che non consista in cose che si vedono e si toccano nel presente. Però è vero che spesso, anzi il più delle volte, la pratica si discosta dal pensiero. Inoltre dico fra me e me: che cosa puoi sapere che ogni parte del mondo si rassomigli e che quindi essendo l’emisfero d’oriente occupato in parte dalla terra e in parte dall’acqua anche quello occidentale debba essere fatto così? Chi ti dice che non sia tutto occupato da un mare unico e immenso? O che invece di terra, o di terra e d’acqua, non contenga qualche altro elemento? E se ha terre e mari, non potrebbe essere disabitato o anzi inabitabile? 

E supponendo che non sia meno abitato del nostro, che certezza c’è che sia abitato da creature razionali, come nel nostro? E se pure ve ne fossero, chi ti dice che siano uomini, e non qualche altro genere di esseri intelligenti? E se sono uomini che non siano molto diversi da quelli che conosci? Ad esempio, di maggiore corporatura, più robusti, più agili o dotati dalla natura di molto maggiore ingegno e vitalità. Oppure più civili e dotati di molta più scienza ed arte? Queste cose penso fra me e me. 

D’altra parte, la natura ha una tale potenza e le sue creature sono così varie e molteplici che non possiamo essere certi di quel che abbia prodotto in luoghi così lontani e sconosciuti. Non solo: ci si potrebbe di gran lunga sbagliare nel fare deduzioni sulla base di quel che conosciamo e sarebbe del tutto verosimile che le cose del mondo ignoto, tutte o in parte, fossero meravigliose e strane a rispetto a quelle del nostro mondo. Ad esempio, noi possiamo constatare coi nostri occhi che l’ago della bussola in questi mari si discosta di non poco dalla stella Polare verso Ovest. È un fatto straordinario, e finora sconosciuto ai navigatori, del quale, per quanto ci abbia riflettuto, non trovo una spiegazione soddisfacente. Con questo non voglio dire che si debba dare ascolto alle favole degli antichi sulle meraviglie del mondo sconosciuto e di questo Oceano. Come le descrizioni fantastiche di Annone di luoghi fantastici che la notte erano pieni di fiamme e di torrenti di fuoco che defluivano in mare. Anzi, vediamo quanto siano stati inconsistenti, fin qui, tutti i timori di eventi prodigiosi e spaventevoli, avuti dalla ciurma durante il viaggio, come quando, al vedere quella gran quantità di alghe che facevano sembrare il mare quasi un prato e che rallentavano molto la navigazione, pensò di essere ai confini estremi del mar navigabile. 

Voglio solo concludere, per rispondere alla tua domanda, che quantunque la mia idea sia basata su argomenti molto fondati, non solo miei ma di molti eccellenti geografi, astronomi e navigatori, con i quali ho discusso, come sai, in Spagna, in Italia e in Portogallo, potrebbe però accadere che fosse sbagliata. Infatti, ripeto, molte conclusioni ricavate da ottimi ragionamenti, non reggono alla prova dei fatti. Questo capita soprattutto quando si tratta di cose sulle quali si ha pochissima conoscenza.

Gutierrez. Sicché, in sostanza, tu hai messo in gioco la tua vita e quella dei tuoi compagni, sulla base di una ipotesi puramente teorica.

Colombo. È così, non posso negarlo. A parte però che gli uomini ogni giorno mettono in pericolo la propria vita su presupposti di gran lunga più deboli e per cose di scarsa importanza, o anche senza pensarci, rifletti un po’. Se ora tu ed io, e tutti i nostri compagni, non fossimo su queste navi, in mezzo di questo mare, a questa sconosciuta solitudine, in una condizione di grande incertezza e rischio, in quale altra condizione di vita ci troveremmo? In che cosa saremmo occupati? In che modo trascorreremmo questi giorni? Forse più lietamente? O non ci troveremmo forse in qualche maggior affanno o preoccupazione, oppure preda della noia? 

Che cosa significa una condizione libera da incertezze e pericoli? Se contenta e felice è da preferire a ogni altra, se tediosa e infelice, non vedo a quale altra non sia da posporre. Non voglio ricordare la gloria e i vantaggi che riporteremo, se l’impresa avrà successo. In ogni caso, anche se da questa navigazione non ci dovesse derivare altro frutto, credo che essa ci sarà molto utile, perché per un certo periodo ci avrà tenuti liberi dalla noia, ci avrà reso cara la vita, ci avrà fatto apprezzare molte cose cui altrimenti non daremmo importanza. 

Scrivono gli antichi, come avrai letto o udito, che gli amanti infelici, gettandosi in mare dalla rupe di Santa Maura (che allora si diceva di Leucade), se scampavano alla morte restavano, per grazia di Apollo, liberi dalla passione amorosa. Non so se si debba credere che ottenessero questo esito ma certamente, usciti da quel pericolo, avranno per un po’ di tempo, anche senza il favore di Apollo, avuta cara la vita, che prima odiavano, o almeno più cara e apprezzata di prima. Ogni navigazione è, secondo me, simile a un salto dalla rupe di Leucade, perché produce lo stesso effetto e in modo più duraturo. Da questo punto di vista anzi è assai superiore. 

Di solito si crede che gli uomini di mare e di guerra, essendo costantemente in pericolo di morire, tengano meno in considerazione la propria vita di quel che non facciano gli altri. Io penso invece, per la stessa ragione, che poche persone amino e apprezzino la vita come i marinai e i soldati. Molti beni o cose che non sono neppure considerati beni perché li abbiamo, sono carissimi e preziosissimi per i naviganti, perché ne sono privi! Chi ha mai considerato un bene l’avere un po’ di terra su cui camminare? Nessuno, eccetto i navigatori, in particolare noi, che per l’incerto esito del viaggio non abbiamo maggior desiderio che quello di vedere un angolo di terra. È il primo pensiero che ci si presenta al risveglio e con questo ci addormentiamo. 

Se ci capiterà di vedere da lontano la cima di un monte o di una foresta, o qualcosa di simile, non staremo in noi per la gioia. Giunti a terra, al solo pensiero di ritrovarci sulla terraferma e di poter andare di qua e di là camminando a piacere, ci sembrerà per più giorni di essere felici.

Gutierrez. Quello che dici è certamente verissimo: se quella tua ipotesi si rivelerà vera come lo è l’argomentazione con cui giustifichi il fatto di averla seguita, sicuramente potremo godere di questa beatitudine un giorno o l’altro.

Colombo. Per quanto mi riguarda, anche se non oso più di promettermelo con certezza, tuttavia spero che saremo presto sul punto di goderla. Da qualche giorno lo scandaglio, come sai, tocca il fondo, e la qualità della materia che gli viene dietro, mi sembra un buon indizio. Verso sera, le nuvole intorno al sole si mostrano di forma e di colore diverso da quelle dei giorni precedenti. Il clima, come puoi sentire, è divenuto un po’ più dolce e più mite di prima. Il vento non spira più, come per in precedenza, così intenso, così diretto e costante, ma piuttosto incerto e vario, come se fosse interrotto da qualche ostacolo. Aggiungi quella canna che galleggiava sul mare e che sembra essere tagliata da poco, e quel ramoscello di albero con quelle bacche rosse e fresche. Anche gli stormi degli uccelli, benché mi abbiano ingannato un’altra volta, tuttavia ora sono tanti a passare e così grandi e aumentano tanto con il passare dei giorni che penso vi si possa fare affidamento. Tanto più che si vedono tra essi alcuni uccelli che, per il loro aspetto, non mi sembrano marini. Insomma, tutti questi segnali messi insieme, anche se voglio essere cauto, mi danno un’aspettativa grande e buona.

Gutierrez. Voglia Dio questa volta, che essa si verifichi.

Analisi del testo

Il Dialogo è stato scritto da Leopardi nell’ottobre del 1824. In esso si svolge un immaginario dialogo tra Cristoforo Colombo e il suo luogotenente Pietro Gutierrez durante il viaggio verso le Indie. In realtà il ruolo di Gutierrez appare del tutto marginale, quello di una sorta di “spalla” che permette al personaggio di Colombo di svolgere un lungo monologo.

Gutierrez chiede al suo capitano che cosa pensi delle prospettive che si aprono alla loro navigazione e se sia ancora sicuro che raggiungeranno la meta, anche perché la ciurma mostra evidenti segni di malcontento. 

Colombo risponde, in tutta sincerità, che anche lui comincia a dubitare un po’ dell’esito del viaggio, anche se, sul piano teorico, le ipotesi che lo hanno indotto a intraprenderlo sono molto fondate. 

Tuttavia, aggiunge, la pratica, e la realtà effettiva non raramente si discostano dalla teoria. Molte sono inoltre le incognite che potrebbe riservare l’emisfero occidentale: potrebbero non esservi terre ma solo acqua, se vi fossero terre potrebbero essere disabitate, se fossero abitate non è detto che lo siano da uomini, e via di seguito. Colombo (Leopardi) immagina persino che quelle terre possano essere abitate da uomini più dotati nel corpo e nell’intelligenza. Infine, la potenza della natura è tale che nel mondo sconosciuto si potrebbero trovare cose straordinarie e anomale rispetto al nostro. 

In conclusione, sostiene Colombo, seppure le mie attese abbiano un solido fondamento su teorie suffragate dal parere di eccellenti astronomi, geografi e navigatori, c’è la possibilità che ad esse non corrisponda la realtà.

Gutierrez osserva allora che Colombo ha messo a rischio la vita dell’equipaggio sulla base di una semplice congettura. 

Egli ribatte che certamente è vero ma che gli uomini ogni giorno si sottopongono a rischi ben maggiori per futili motivi o senza alcun motivo. La condizione in cui lui e i suoi marinai si troverebbero a terra sarebbe presumibilmente caratterizzata dalla noia, dal disamore per la vita. In quella condizione di grande incertezza, invece, a parte la gloria che deriverà loro in caso di esito positivo, per lo meno essi sono sottratti alla noia e indotti ad apprezzare cose che in una condizione normale neppure considererebbero beni. E se giungeranno a terra, per qualche tempo sembrerà loro di essere felici, anche per il solo fatto di poter camminare sulla terraferma.

La navigazione è simile a un salto dalla rupe di Leucade che, se si scampa alla morte, ridà il gusto della vita. La condizione di rischio in cui spesso si trovano i soldati e i marinai li induce a dare valore alla vita in tutti i suoi aspetti, anche quelli più semplici, che normalmente non consideriamo nemmeno. 

In una situazione normale la noia domina l’animo umano, mentre quando la vita si fa più intensa e corriamo il pericolo di perderla ci aggrappiamo a essa e ne apprezziamo il valore. Colombo conclude ribadendo la sua fiducia nell’esito positivo del viaggio, perché gli indizi che una terra sia vicina gli sembrano sempre più incoraggianti.

Esercizi di analisi del testo

  1. Qual è la domanda rivolta da Gutierrez a Colombo e in che modo questi risponde?
  2. Colombo confessa a Gutierrez tutti i propri dubbi: quali sono?
  3. In che modo Colombo giustifica la propria decisione di intraprendere il viaggio sulla base di una “ipotesi puramente teorica”? Quali vantaggi derivano dall’incertezza e dai rischi del viaggio?
  4. Quali sono gli indizi che rendono Colombo fiducioso di poter presto toccare terra?
  5. Condividi l’idea, espressa da Leopardi nel dialogo, secondo cui quanto più la nostra vita è a rischio tanto più l’amiamo e che uno stato di pericolo e di incertezza fa venir meno la noia?

Dialogo di Cristoforo Colombo e di Pietro Gutierrez – Testo originale

Colombo. Bella notte, amico.

Gutierrez. Bella in verità: e credo che a vederla da terra, sarebbe più bella.

Colombo. Benissimo: anche tu sei stanco del navigare.

Gutierrez. Non del navigare in ogni modo; ma questa navigazione mi riesce più lunga che io non aveva creduto e mi dà un poco di noia. Contuttociò non hai da pensare che io mi dolga di te, come fanno gli altri. Anzi tieni per certo che qualunque deliberazione tu sia per fare intorno a questo viaggio, sempre ti seconderò, come per l’addietro, con ogni mio potere. Ma, così per via di discorso, vorrei che tu mi dichiarassi precisamente, con tutta sincerità, se ancora hai così per sicuro come a principio, di avere a trovar paese in questa parte del mondo; o se, dopo tanto tempo e tanta esperienza in contrario, cominci niente a dubitare.

Colombo. Parlando schiettamente, e come si può con persona amica e segreta, confesso che sono entrato un poco in forse: tanto più che nel viaggio parecchi segni che mi avevano dato speranza grande, mi sono riusciti vani; come fu quel degli uccelli che ci passarono sopra, venendo da ponente, pochi dì poi che fummo partiti da Gomera, e che io stimai fossero indizio di terra poco lontana. Similmente, ho veduto di giorno in giorno che l’effetto non ha corrisposto a più di una congettura e più di un pronostico fatto da me innanzi che ci ponessimo in mare, circa a diverse cose che ci sarebbero occorse, credeva io, nel viaggio. Però vengo discorrendo, che come questi pronostici mi hanno ingannato, con tutto che mi paressero quasi certi; così potrebbe essere che mi riuscisse anche vana la congettura principale, cioè dell’avere a trovar terra di là dall’Oceano. Bene è vero che ella ha fondamenti tali, che se pure è falsa, mi parrebbe da un canto che non si potesse aver fede a nessun giudizio umano, eccetto che esso non consista del tutto in cose che si veggano presentemente e si tocchino. Ma da altro canto, considero che la pratica si discorda spesso, anzi il più delle volte, dalla speculazione: e anche dico fra me: che puoi tu sapere che ciascuna parte del mondo si rassomigli alle altre in modo, che essendo l’emisfero d’oriente occupato parte dalla terra e parte dall’acqua, seguiti che anche l’occidentale debba essere diviso tra questa e quella? che puoi sapere che non sia tutto occupato da un mare unico e immenso? o che invece di terra, o anco di terra e d’acqua, non contenga qualche altro elemento? Dato che abbia terre e mari come l’altro, non potrebbe essere che fosse inabitato? anzi inabitabile?

Facciamo che non sia meno abitato del nostro: che certezza hai tu che vi abbia creature razionali, come in questo? e quando pure ve ne abbia, come ti assicuri che sieno uomini, e non qualche altro genere di animali intellettivi? ed essendo uomini; che non sieno differentissimi da quelli che tu conosci? ponghiamo caso, molto maggiori di corpo, più gagliardi, più destri; dotati naturalmente di molto maggiore ingegno e spirito; anche, assai meglio inciviliti, e ricchi di molta più scienza ed arte? Queste cose vengo pensando fra me stesso. E per verità, la natura si vede essere fornita di tanta potenza, e gli effetti di quella essere così vari e moltiplici, che non solamente non si può fare giudizio certo di quel che ella abbia operato ed operi in parti lontanissime e del tutto incognite al mondo nostro, ma possiamo anche dubitare che uno s’inganni di gran lunga argomentando da questo a quelle, e non sarebbe contrario alla verisimilitudine l’immaginare che le cose del mondo ignoto, o tutte o in parte, fossero maravigliose e strane a rispetto nostro. Ecco che noi veggiamo cogli occhi propri che l’ago in questi mari declina dalla stella per non piccolo spazio verso ponente: cosa novissima, e insino adesso inaudita a tutti i navigatori; della quale, per molto fantasticarne, io non so pensare una ragione che mi contenti. Non dico per tutto questo, che si abbia a prestare orecchio alle favole degli antichi circa alle maraviglie del mondo sconosciuto, e di questo Oceano; come, per esempio, alla favola dei paesi narrati da Annone, che la notte erano pieni di fiamme, e dei torrenti di fuoco che di là sboccavano nel mare: anzi veggiamo quanto sieno stati vani fin qui tutti i timori di miracoli e di novità spaventevoli, avuti dalla nostra gente in questo viaggio; come quando, al vedere quella quantità di alghe, che pareva facessero della marina quasi un prato, e c’impedivano alquanto l’andare innanzi, pensarono essere in sugli ultimi confini del mar navigabile. Ma voglio solamente inferire, rispondendo alla tua richiesta, che quantunque la mia congettura sia fondata in argomenti probabilissimi, non solo a giudizio mio, ma di molti geografi, astronomi e navigatori eccellenti, coi quali ne ho conferito, come sai, nella Spagna, nell’Italia e nel Portogallo; nondimeno potrebbe succedere che fallasse: perché, torno a dire, veggiamo che molte conclusioni cavate con ottimi discorsi, non reggono all’esperienza; e questo interviene più che mai, quando elle appartengano a cose intorno alle quali si ha pochissimo lume.

Gutierrez. Di modo che tu, in sostanza, hai posto la tua vita, e quella de’ tuoi compagni, in sul fondamento di una semplice opinione speculativa.

Colombo. Così è: non posso negare. Ma, lasciando da parte che gli uomini tutto giorno si mettono a pericolo della vita con fondamenti più deboli di gran lunga, e per cose di piccolissimo conto, o anche senza pensarlo; considera un poco. Se al presente tu, ed io, e tutti i nostri compagni, non fossimo in su queste navi, in mezzo di questo mare, in questa solitudine incognita, in istato incerto e rischioso quanto si voglia; in quale altra condizione di vita ci troveremmo essere? in che saremmo occupati? in che modo passeremmo questi giorni? Forse più lietamente? o non saremmo anzi in qualche maggior travaglio o sollecitudine, ovvero pieni di noia? Che vuol dire uno stato libero da incertezza e pericolo? se contento e felice, quello è da preferire a qualunque altro; se tedioso e misero, non veggo a quale altro stato non sia da posporre. Io non voglio ricordare la gloria e l’utilità che riporteremo, succedendo l’impresa in modo conforme alla speranza. Quando altro frutto non ci venga da questa navigazione, a me pare che ella ci sia profittevolissima in quanto che per un tempo essa ci tiene liberi dalla noia, ci fa cara la vita, ci fa pregevoli molte cose che altrimenti non avremmo in considerazione. Scrivono gli antichi, come avrai letto o udito, che gli amanti infelici, gittandosi dal sasso di Santa Maura (che allora si diceva di Leucade) giù nella marina, e scampandone; restavano, per grazia di Apollo, liberi dalla passione amorosa. Io non so se egli si debba credere che ottenessero questo effetto; ma so bene che, usciti di quel pericolo, avranno per un poco di tempo, anco senza favore di Apollo, avuta cara la vita, che prima avevano in odio; o pure avuta più cara e più pregiata che innanzi. Ciascuna navigazione è, per giudizio mio, quasi un salto dalla rupe di Leucade, producendo le medesime utilità, ma più durevoli che quello non produrrebbe; al quale, per questo conto, ella è superiore assai. Credesi comunemente che gli uomini di mare e di guerra, essendo a ogni poco in pericolo di morire, facciano meno stima della vita propria, che non fanno gli altri della loro. Io per lo stesso rispetto giudico che la vita si abbia da molto poche persone in tanto amore e pregio come da’ navigatori e soldati. Quanti beni che, avendoli, non si curano, anzi quante cose che non hanno pur nome di beni, paiono carissime e preziosissime ai naviganti, solo per esserne privi! Chi pose mai nel numero dei beni umani l’avere un poco di terra che ti sostenga? Niuno, eccetto i navigatori, e massimamente noi, che per la molta incertezza del successo di questo viaggio, non abbiamo maggior desiderio che della vista di un cantuccio di terra; questo è il primo pensiero che ci si fa innanzi allo svegliarci, con questo ci addormentiamo; e se pure una volta ci verrà scoperta da lontano la cima di un monte o di una foresta, o cosa tale, non capiremo in noi stessi dalla contentezza; e presa terra, solamente a pensare di ritrovarci in sullo stabile, e di potere andare qua e là camminando a nostro talento, ci parrà per più giorni essere beati.

Gutierrez. Tutto cotesto è verissimo: tanto che se quella tua congettura speculativa riuscirà così vera come è la giustificazione dell’averla seguita, non potremo mancar di godere questa beatitudine un giorno o l’altro.

Colombo. Io per me, se bene non mi ardisco più di promettermelo sicuramente, contuttociò spererei che fossimo per goderla presto. Da certi giorni in qua, lo scandaglio, come sai, tocca fondo; e la qualità di quella materia che gli vien dietro, mi pare indizio buono. Verso sera, le nuvole intorno al sole, mi si dimostrano d’altra forma e di altro colore da quelle dei giorni innanzi. L’aria, come puoi sentire, è fatta un poco più dolce e più tepida di prima. Il vento non corre più, come per l’addietro, così pieno, né così diritto, né costante; ma piuttosto incerto, e vario, e come fosse interrotto da qualche intoppo. Aggiungi quella canna che andava in sul mare a galla, e mostra essere tagliata di poco; e quel ramicello di albero con quelle coccole rosse e fresche. Anche gli stormi degli uccelli, benché mi hanno ingannato altra volta, nondimeno ora sono tanti che passano, e così grandi; e moltiplicano talmente di giorno in giorno; che penso vi si possa fare qualche fondamento; massime che vi si veggono intramischiati alcuni uccelli che, alla forma, non mi paiono dei marittimi. In somma tutti questi segni raccolti insieme, per molto che io voglia essere diffidente, mi tengono pure in aspettativa grande e buona.

Gutierrez. Voglia Dio questa volta, ch’ella si verifichi.

 

Giuseppe Ungaretti, Veglia

Un’intera nottata

buttato vicino

a un compagno

massacrato

con la sua bocca

digrignata

volta al plenilunio

con la congestione

delle sue mani

penetrata

nel mio silenzio

ho scritto

lettere piene d’amore

Non sono mai stato

tanto

attaccato alla vita

 

 

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