Illuminismo, religione e tolleranza

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Gli Illuministi criticavano le religioni rivelate e volevano abolire i privilegi ingiustificati della nobiltà e della Chiesa. Gli Illuministi rifiutarono i dogmi, i pregiudizi e il fanatismo, ispirandosi al principio di tolleranza, combatterono le credenze religiose consolidate, i riti, le superstizioni ed ebbero una visione laica della vita e dello Stato. Alcuni di essi furono atei e materialisti, mentre altri credevano in un Essere supremo, razionale, autore dell’universo, che ogni uomo può conoscere mediante la ragione, osservando l’ordine naturale, non attraverso una rivelazione (deismo).

Nel corso del Seicento l’Europa era stata attraversata da violente guerre di religione: non solo i principi cattolici e protestanti avevano duramente combattuto tra loro, ma spesso si era giunti a un tale livello di violenza che si erano verificati veri e propri massacri nei confronti di chi non praticasse la propria religione. Anche per questa ragione la critica illuminista contro la religione tradizionale fu tanto forte.

Da un lato si mise in discussione il potere politico esercitato dalle autorità religiose (il potere temporale del Papa) e il potere religioso esercitato dalle autorità civili (quello dei sovrani che si consideravano re per diritto divino). Secondo gli illuministi la sfera religiosa e quella politica dovevano essere nettamente separate.

Dall’altro lato si criticavano i principi stessi della religione cristiana e delle altre religioni, in base alla loro evidente irrazionalità: essi potevano essere considerati validi come leggende o come simboli, ma non come verità.

Alcuni illuministi spingevano la loro critica fino all’ateismo, che nega l’esistenza di qualunque forma di divinità, mentre per molti di loro tutte le religioni hanno uguale dignità perché sono espressione di un comune sentire religioso, che rende uguali tutti gli uomini (deismo). I deisti respingevano ogni forma di violenza religiosa e promuovevano la tolleranza tra religioni diverse e la fratellanza tra gli uomini. I deisti credevano in un Essere supremo, razionale, autore dell’universo, che ogni uomo può conoscere mediante la ragione, osservando l’ordine naturale, non attraverso una rivelazione.

Voltaire

Voltaire, pseudonimo di François-Marie Arouet, (Parigi 1694-1778), nelle Lettere filosofiche (1733) si scaglia contro il fanatismo e l’intolleranza religiosa in Francia, identificata con il cristianesimo e con la Chiesa. Nel Candido o l’ottimismo (1759) critica la filosofia ottimistica, in particolare di Leibniz. Nel mondo sono presenti sia il male che il bene, e bisogna cercare di migliorarlo, per quel che possiamo. Questa visione di Voltaire si basa su una concezione deistica: Dio esiste, ma non prende parte alle vicende storiche dell’uomo, e la sua esistenza non è un dato di fede, ma di ragione. Il bene e il male dell’uomo esprimono ciò che è utile o dannoso per la società. Dalla storia emerge il progresso dell’umanità, cioè il progressivo rischiararsi della ragione attraverso i suoi continui tentativi di liberarsi dai pregiudizi e dalla superstizione. Anche nel Trattato sulla tolleranza Voltaire esprime in modo chiaro le tesi del deismo: 

Non è più dunque agli uomini che mi rivolgo; ma a te, Dio di tutti gli esseri, di tutti i mondi, di tutti i tempi: se è lecito che delle deboli creature, perse nell’immensità e impercettibili al resto dell’universo, osino domandare qualche cosa a te, che tutto hai donato, a te, i cui decreti sono e immutabili e eterni, degnati di guardare con misericordia gli errori che derivano dalla nostra natura.

Fa’ sì che questi errori non generino la nostra sventura.

Tu non ci hai donato un cuore per odiarci l’un l’altro, né delle mani per sgozzarci a vicenda; fa’ che noi ci aiutiamo vicendevolmente a sopportare il fardello di una vita penosa e passeggera. Fa’ sì che le piccole differenze tra i vestiti che coprono i nostri deboli corpi, tra tutte le nostre lingue inadeguate, tra tutte le nostre usanze ridicole, tra tutte le nostre leggi imperfette, tra tutte le nostre opinioni insensate, tra tutte le nostre convinzioni così diseguali ai nostri occhi e così uguali davanti a te, insomma che tutte queste piccole sfumature che distinguono gli atomi chiamati “uomini” non siano altrettanti segnali di odio e di persecuzione.

Fa’ in modo che coloro che accendono ceri in pieno giorno per celebrarti sopportino coloro che si accontentano della luce del tuo sole; che coloro che coprono i loro abiti di una tela bianca per dire che bisogna amarti, non detestino coloro che dicono la stessa cosa sotto un mantello di lana nera; che sia uguale adorarti in un gergo nato da una lingua morta o in uno più nuovo.

Fa’ che coloro il cui abito è tinto in rosso o in violetto, che dominano su una piccola parte di un piccolo mucchio di fango di questo mondo, e che posseggono qualche frammento arrotondato di un certo metallo, gioiscano senza inorgoglirsi di ciò che essi chiamano “grandezza” e “ricchezza”, e che gli altri li guardino senza invidia: perché tu sai che in queste cose vane non c’è nulla da invidiare, niente di cui inorgoglirsi.

Possano tutti gli uomini ricordarsi che sono fratelli!

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