Dante, Il Paradiso

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Dante Alighieri – Il Paradiso

(Paradisum = giardino, luogo recintato)

 

I cieli del Paradiso

Il Paradiso è costituito da nove cieli, immaginati come grandi sfere concentriche di materia cristallina mosse dai nove cori delle Gerarchie Angeliche (Angeli, Arcangeli, Principati, Potestà, Virtù, Dominazioni, Troni, Cherubini, Serafini).

I primi sette cieli contengono i pianeti, l’ottavo contiene le Stelle Fisse, il nono è il cielo cristallino o Primo Mobile, che ha la funzione di imprimere agli altri cieli il movimento rotatorio.

Il decimo cielo è l’Empireo, sede di Dio e dei beati. Esso non è un cielo materiale, come i precedenti nove, ma è costituito da “luce ed amor”. Essi sono strumento della Provvidenza divina poiché sono disposti al fine di inviare sulla terra influssi ordinati e non casuali per guidare la vita dell’uomo verso Dio (La gloria di colui che tutto move…).

L’ordine che regge il Paradiso

L’ordine che regge il Paradiso si manifesta nel collegamento armonico di tutti gli esseri fra loro e di ogni essere con Dio, motore immobile.

Il grado di beatitudine non è identico ma ogni beato raggiunge il proprio massimo grado di perfezione, espresso in due caratteristiche:

  • L’adeguamento della volontà del singolo a quella di Dio;
  • La consapevolezza della giustizia divina che valuta meriti e premi.

Dante, volto il viso verso il sole, e poi in contemplazione di Beatrice, si sente travolto da una sensazione sublime e inenarrabile, dovuta al suo rapido salire verso il cielo. Spinti dal naturale impulso naturale verso Dio, essi giungono rapidissimi nel primo dei dieci cieli di cui si compone il Paradiso:

Il cielo della luna (Spiriti che mancarono ai voti):

Dante incontra gli spiriti che sulla terra non portarono a compimento i loro voti a causa dell’altrui violenza; le anime gli appaiono con i volti e i lineamenti tenui e indefiniti, tanto da sembrare come riflesse in un vetro trasparente. Qui Piccarda Donati rievoca la sua storia di suora costretta ad infrangere i voti monacali.

Il Cielo di Mercurio (Spiriti attivi per desiderio di gloria):

dove si trovano le anime che operarono il bene, spinte però anche dall’ambizione della gloria e della fama. Tra esse spicca Giustiniano che narra le vicende di Roma ed alla glorifica l’istituto imperiale.

Il cielo di Venere (Spiriti amanti):

in cui si trovano le anime di coloro che in terra vissero sotto l’influsso del pianeta dell’amore, ed ora appaiono come faville di un’unica fiamma.

Il cielo del Sole (Spiriti sapienti):

qui Dante incontra i beati che in vita furono spiriti sapienti e si distinsero per i loro studi teologici e filosofici o per una vita pervasa da ideali mistici e contemplativi. Esse si dispongono in tre corone concentriche. Tra essi San Tommaso e San Bonaventura.

Il cielo di Marte (Spiriti militanti):

in cui si trovano le anime di coloro che combatterono fino all’estremo per la fede. Le molteplici luci dei beati, in continuo e vorticoso movimento, si dispongono in modo da formare la Croce di Cristo, da cui si diffonde un canto melodioso. Cacciaguida, un trisavolo di Dante morto durante una crociata, rievoca nostalgicamente la Firenze del passato, in contrapposizione con quella corrotta del presente, profetizzando al poeta l’esilio ed esortandolo all’importante compito di raccontare il suo viaggio ultraterreno.

Il cielo di Giove (Spiriti giusti):

dove le luci degli spiriti giusti e pii, dopo aver formato le lettere di un versetto biblico, formano l’immagine di un’aquila che si rivolge a Dante come se fosse un unico essere a parlare, anche se formata da una moltitudine di anime.

Il cielo di Saturno (Spiriti contemplativi):

gli spiriti contemplativi appaiono sotto forma di una splendida scala di oro lucente che sale verso l’infinito, dalla quale scendono numerose anime luminose. Una di queste si avvicina al poeta: si tratta di Pier Damiano, benedettino camaldolese, eletto, suo malgrado, alla dignità cardinalizia, che denuncia il lusso sfrenato e la ricchezza dell’alto clero. In questo cielo Beatrice non sorride più e non si ode la solita musica celestiale: sia il sorriso che il canto sarebbero stati così meravigliosi che Dante, con i suoi sensi limitati, non avrebbe potuto sopportarli.

Il cielo delle Stelle fisse (Spiriti trionfanti):

qui Dante può vedere dall’alto i cieli e la terra (l’”aiuola che ci fa tanto feroci”) ed assiste al trionfo di Cristo, di Maria e dei beati, la cui luce e bellezza sono tanto intense da essere quasi insostenibili ed impossibili da descrivere compiutamente. Egli sostiene un severo esame sulla fede, la speranza e la carità da parte di San Pietro, San Giacomo e San Giovanni; poi San Pietro si scaglia contro Bonifacio VIII e la curia corrotta.

Il cielo cristallino o Primo mobile (Gerarchie angeliche):

nel Primo mobile Dante contempla, dapprima riflessa negli occhi di Beatrice poi direttamente, una prima immagine di Dio, un punto luminosissimo attorniato dai nove cori angelici che fanno muovere i nove cieli, compreso il Primo mobile, mosso dai Serafini.

Il cielo quieto o Empireo (Candida Rosa con Dio, gli angeli, i beati):

nell’Empireo la luce divina appare a Dante prima come una fiumana, da cui escono faville vive che si posano sui fiori delle sponde per poi tornare ad immergersi nel “miro gurge”; poi i beati e gli angeli si manifestano direttamente a Dante, che può ammirare la grandiosa rosa-anfiteatro in cui sono i seggi delle anime sante. Intanto Beatrice scompare, sostituita da San Bernardo di Chiaravalle, mistico del XII secolo, che lo guiderà all’ultima visione. Per intercessione della Madonna, cui il santo si rivolge con una preghiera, Dante ottiene la grazia della ineffabile visione di Dio, che egli solo in minima parte è in grado di descrivere.

 

 

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