Goldoni, Marchese di Forlipopoli e Conte d’Albafiorita

locandiera

Carlo Goldoni, Marchese di Forlipopoli e Conte d’Albafiorita

Goldoni, La locandiera, Atto primo; Scena prima.

 


Sala di locanda.

Il Marchese di Forlipopoli e il Conte d’Albafiorita

MARCHESE: Fra voi e me vi è qualche differenza.

CONTE: Sulla locanda tanto vale il vostro denaro, quanto vale il mio.

MARCHESE: Ma se la locandiera usa a me delle distinzioni, mi si convengono più che a voi.

CONTE: Per qual ragione?

MARCHESE: Io sono il Marchese di Forlipopoli.

CONTE: Ed io sono il Conte d’Albafiorita.

MARCHESE: Sì, Conte! Contea comprata.

CONTE: Io ho comprata la contea, quando voi avete venduto il marchesato.

MARCHESE: Oh basta: son chi sono, e mi si deve portar rispetto.

CONTE: Chi ve lo perde il rispetto? Voi siete quello, che con troppa libertà parlando…

MARCHESE: Io sono in questa locanda, perché amo la locandiera. Tutti lo sanno, e tutti devono rispettare una giovane che piace a me.

CONTE: Oh, questa è bella! Voi mi vorreste impedire ch’io amassi Mirandolina? Perché credete ch’io sia in Firenze? Perché credete ch’io sia in questa locanda?

MARCHESE: Oh bene. Voi non farete niente.

CONTE: Io no, e voi sì?

MARCHESE: Io sì, e voi no. Io son chi sono. Mirandolina ha bisogno della mia protezione.

CONTE: Mirandolina ha bisogno di denari, e non di protezione.

MARCHESE: Denari?… non ne mancano.

CONTE: Io spendo uno zecchino il giorno, signor Marchese, e la regalo continuamente.

MARCHESE: Ed io quel che fo non lo dico.

CONTE: Voi non lo dite, ma già si sa.

MARCHESE: Non si sa tutto.

CONTE: Sì! caro signor Marchese, si sa. I camerieri lo dicono. Tre paoletti il giorno.

MARCHESE: A proposito di camerieri; vi è quel cameriere che ha nome Fabrizio, mi piace poco. Parmi che la locandiera lo guardi assai di buon occhio.

CONTE: Può essere che lo voglia sposare. Non sarebbe cosa mal fatta. Sono sei mesi che è morto il di lei padre. Sola una giovane alla testa di una locanda si troverà imbrogliata. Per me, se si marita, le ho promesso trecento scudi.

MARCHESE: Se si mariterà, io sono il suo protettore, e farò io… E so io quello che farò.

CONTE: Venite qui: facciamola da buoni amici. Diamole trecento scudi per uno.

MARCHESE: Quel ch’io faccio, lo faccio segretamente, e non me ne vanto. Son chi sono. Chi è di là? (Chiama.)

CONTE: (Spiantato! Povero e superbo!). (Da sé.)

[…]

La locandiera, Newton Compton Editori, 1994

 

 

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