Giovanni Pascoli, Lavandare

Lavandare

Giovanni Pascoli, Lavandare

In un campo, solo per metà arato, vi è un aratro abbandonato in mezzo alla parte “a maggese”, avvolto nella foschia. In esso il poeta vede una condizione di abbandono e di desolazione, che si contrappone idealmente alla trascorsa vitalità del lavoro dei campi. Lo scenario su cui il poeta proietta uno stato d’animo smarrito e malinconico è quello della campagna autunnale, con i suoi colori tristi e con gli echi della fatica umana. Una condizione analoga quella richiamata dal canto delle lavandaie, dell’innamorata abbandonata dal suo uomo.

 

Nel campo mezzo grigio e mezzo nero [1]

resta un aratro senza buoi che pare

dimenticato, tra il vapor leggero[2].

 

E cadenzato[3] dalla gora[4] viene

lo sciabordare[5] delle lavandare

con tonfi spessi e lunghe cantilene[6]:

 

Il vento soffia e nevica la frasca[7],

e tu non torni ancora al tuo paese!

quando partisti, come son rimasta[8]!

come l’aratro[9] in mezzo alla maggese[10].

 

Parafrasi: Nel campo per metà arato e per metà no c’è un aratro senza buoi che sembra dimenticato, in mezzo alla nebbia. E scandito dalla riva del canale si sente il rumore delle lavandaie che lavano i panni, sbattendoli e lunghe cantilene: il vento soffia e dai rami cadono le foglie come neve, e tu non ritorni ancora al tuo paese! da quando sei partito sono rimasta come l’aratro abbandonato in mezzo al maggese.


[1] mezzo… nero: la terra non arata è  di  colore  grigio,  mentre quella smossa dal vomere assume un colore più scuro. Questi colori,   insieme  “all’aratro  dimenticato” dei due versi successivi, ispirano un senso di tristezza e di abbandono.

[2] il vapor: è la nebbia che sale dalla terra come un vapore avvolgendo la campagna.

[3] cadenzato: ritmato; si riferisce al risciacquo e allo sbattere ritmico dei panni (tonfi spessi).

[4] gora: è un canale d’acqua.

[5] sciabordare: risciacquare; il verbo, onomatopeico,  riproduce  il  rumore dei panni immersi nell’acqua del canale.

[6] tonfi… cantilene: il rumore sordo  (“tonfi“) e ripetuto  (“spessi“) dei panni sbattuti e  canti delle lavandaie.

[7] nevica la frasca: le foglie, come neve, cadono  in  grande  quantità dai rami.

[8] rimasta: l’assonanza “frasca“-“rimasta” sostituisce la rima.

[9] Come l’aratro: l’innamorata  è  rimasta  sola, abbandonata dal suo uomo  che  non  torna,  così  come  l’aratro  è stato dimenticato nel campo (similitudine). L’aratro è chiaro simbolo di solitudine e di abbandono.

[10] Maggese: la parte del campo lasciata incolta, a riposo.

Analisi del testo

La struttura metrica del componimento è quella del madrigale: la lirica si compone di due terzine più una quartina di endecasillabi (secondo lo schema ABA CBC DEDE). I versi 7 e 9 sono legati dall’assonanza frasca/rimasta.

Nella prima terzina tema centrale è quello di un aratro abbandonato in mezzo ad un campo.  L’organo di senso coinvolto è quello visivo, attraverso le notazioni di colore (campo mezzo grigio e mezzo nero).

Nella seconda terzina attraverso sensazioni di tipo uditivo (lo sciabordare; tonfi spessi; lunghe cantilene) viene descritto il lavoro delle lavandaie che lavano i panni al canale.

Nella quartina finale, che riprende due canti popolari marchigiani, le sensazioni uditive (il vento soffia) e visive (nevica la frasca) descrivono un malinconico paesaggio autunnale, con l’immagine delle foglie che cadono, come se nevicasse; assume inoltre centralità lo stato d’animo dell’innamorata, che vede riflesso nella desolazione del paesaggio, e in particolare nell’aratro, il proprio sentimento di abbandono.

Impressionismo e simbolismo

Il poeta accosta tra loro immagini diverse o isolate, che fondendosi concorrono a fornire un quadro d’insieme unitario, con una tecnica che è stata definita di impressionismo descrittivo. I versi 8-10 (e tu non torni…alla maggese), richiamano una condizione interiore di solitudine e nostalgia, chiarendo il valore allusivo delle immagini e dei suoni, che assumono una valenza simbolica. L’immagine dell’aratro viene sottolineata due volte, e rappresenta il simbolo evidente della solitudine e dell’abbandono (senza buoi, dimenticato), condizione esistenziale suggerita anche dal maggese (v. 10), il campo non seminato, mentre il paesaggio autunnale immerso dalla nebbia crea un’atmosfera di tristezza. La natura, che riflette  lo stato d’animo del poeta, appare popolata di presenze tristi e inquietanti.

La struttura simmetrica e circolare

Le due terzine hanno struttura simmetrica: in entrambe il primo verso è introduttivo rispetto ai soggetti “aratro” e “sciabordare”, messi in rilievo dall’anastrofe. La struttura complessiva della lirica si può definire circolare: il rapporto che lega l’inizio alla fine si evidenzia nella quartina finale con il ritorno dell’immagine dell’aratro abbandonato in mezzo al maggese, che riprende i primi versi. La trascrizione dei canti popolari marchigiani nella quartina conclusiva è in sintonia con le terzine che la precedono: ne riprende l’immagine dell’aratro, la situazione paesaggistica e la tonalità lenta e cantilenante.

La precisione lessicale e le parole onomatopeiche

La precisione lessicale della poesia rimanda alla formazione culturale positivista di Pascoli, alla sua attenzione per il “vero”. L’accostamento delle parole sciabordare/lavandare (v. 5) che rimano internamente tra loro e riproducono lo sciacquio dei panni nell’acqua, poi quello del v. 6 (tonfi spessi e lunghe cantilene), che richiama il rumore dei panni sbattuti e le voci delle lavandaie, producono un effetto onomatopeico.

L’andamento ritmico

L’andamento ritmico dei versi riproduce il ritmo monotono e lento delle azioni, con una  struttura sintattica in cui predominano le coordinate e con accostamenti analogici di immagini e sensazioni che si susseguono con effetto accumulativo. Nelle terzine gli enjambement (vv. 1-2, 2-3, 4-5) rendono più fluido il ritmo, spezzato all’interno degli endecasillabi (cesura), mentre nelle quartina finale i versi coincidono con gli enunciati. La frammentazione del metro tradizionale tende ad isolare i singoli oggetti, evidenziandone la valenza simbolica.

Le figure retoriche

Tra le figure retoriche più significative si possono rilevare:

  • il chiasmo presente nei versi “con tonfi spessi e lunghe cantilene”, con l’inversione dell’ordine sostantivo / aggettivo – aggettivo / sostantivo e in  “Il vento soffia e nevica la frasca”, con l’inversione soggetto / predicato – predicato / soggetto.
  • In quest’ultimo verso è presente una metafora “nevica la frasca”, con cui si indica il cadere delle foglie.
  • La similitudine conclusiva che chiarisce in modo esplicito il significato simbolico assunto dall’aratro, abbandonato in mezzo al maggese, così come la donna è stata abbandonata dal suo amato.
lavandare

 

Esercizi di analisi del testo

  1. I versi 7 e 9 sono legati dall’assonanza: evidenziala sul testo e riportala.
  2. Nella prima terzina il campo percettivo coinvolto è quello visivo; nella seconda terzina quello uditivo; nella quartina finale alle percezioni uditive e visive si accompagna la percezione interiore. Evidenzia questi elementi.
  3. Le due terzine sono simmetriche nella loro struttura interna: in entrambe il primo verso è introduttivo: quale tema viene introdotto rispettivamente dal primo e quale dal secondo?
  4. Sul piano espressivo le due terzine focalizzano aspetti diversi dello stesso paesaggio: quale tecnica “pittorica” viene usata per la descrizione? In che modo sono accostate le immagini?
  5. La struttura della lirica si può definire circolare. Il rapporto che lega l’inizio alla fine si evidenzia nella quartina finale: perché?
  6. L’effetto onomatopeico è ottenuto con l’accostamento di alcune parole: individuale nel testo e indica quali suoni richiamano.
  7. Individua nelle seguenti espressioni le figure retoriche presenti: resta un aratro; nevica la frasca; come l’aratro…; con tonfi spessi e lunghe cantilene
  8. Esponi con parole tue il contenuto del testo. Tieni presente che i versi della quartina finale, che segue i due punti della strofa precedente, sono tratti da due canti popolari marchigiani.
  9. La rappresentazione paesaggistica e stagionale si traduce in un messaggio simbolico: qual è la stagione descritta? Quali sono gli elementi del paesaggio più carichi di significato simbolico? Quale stato d’animo e quale “messaggio” vuole evocare il poeta?

novembre

 

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