Frate Cipolla: analisi del testo

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Boccaccio, Frate Cipolla: analisi del testo

 

La vicenda si svolge a Certaldo, piccolo borgo in Val d’Elsa, dove una volta l’anno è solito recarsi un frate di nome Cipolla per raccogliere le elemosine fatte dagli abitanti del paese.

Cipolla è basso di statura, ha i capelli rossi e ama l’allegra compagnia; è un illetterato, ma il suo eloquio è così sciolto da poterlo paragonare a Cicerone o Quintiliano.

Fra Cipolla giunge a Certaldo una domenica mattina d’agosto e di fronte al popolo, radunato nella canonica per la Messa, ricorda che è buona usanza che gli abitanti versino al «barone» sant’Antonio delle offerte, che lui è stato incaricato di raccogliere dal priore del suo convento, affinché il santo protegga animali e raccolti.

La folla dovrà radunarsi lì dopo l’ora nona (nel primo pomeriggio), per ascoltare la sua predica e vedere una straordinaria reliquia in suo possesso, una penna dell’arcangelo Gabriele. Alla fine del suo discorso, il frate lascia il suo uditorio e torna alla Messa.

Tra il pubblico ci sono due giovani, Giovanni del Bragoniera e Biagio Pizzini, amici del frate e membri della sua brigata, che decidono di fare uno scherzo al predicatore. Mentre Cipolla è fuori a pranzo i due, approfittando dell’assenza del frate e di Guccio, il suo servitore, sottraggono la famosa penna. Nella cassetta che la contiene, al posto della penna i due giovani mettono dei carboni, trovati in un angolo della loro stanza.

All’ora convenuta il popolo giunge in massa alla chiesa. Il frate tiene la predica e, fatti accendere due ceri, apre la cassetta con fare solenne, ma dentro non trova la penna bensì i carboni. Dopo un momento di sconcerto, Frate Cipolla reagisce prontamente, iniziando un lungo discorso, in cui descrive con tratti fantasiosi e ironici doppi sensi, i propri viaggi in terre lontane.

Racconta di aver portato con sé molte reliquie, tra cui la penna dell’arcangelo Gabriele e i carboni su cui è stato martirizzato san Lorenzo, che conserva in due cassette del tutto simili, al punto che, come altre volte gli è accaduto, le ha scambiate. Perciò, anziché la penna, per volontà di Dio, offrirà all’adorazione dei fedeli i carboni. Chi ne sarà segnato – dice con un nonsense ingannatore – non sarà scottato dal fuoco senza sentirlo. Poi il frate traccia con i carboni delle croci sulle loro vesti, mentre Biagio e Giovanni, che hanno assistito alla predica, ridono a crepapelle. Alla fine gli si avvicinano, gli spiegano ogni cosa e gli rendono la penna. L’anno seguente frate Cipolla torna in paese e mostra la reliquia, che gli varrà non minori offerte rispetto ai carboni.

Boccaccio descrive in chiave satirica la pratica ecclesiastica dello sfruttamento delle false reliquie, che approfitta della credulità popolare. Tuttavia la denuncia della corruzione ecclesiastica è lontana da toni di dura condanna morale, forse perché essa costituisce, per Boccaccio, una realtà ormai scontata.

Non si tratta, di una denuncia della religione in sé ma piuttosto della ripresa di un atteggiamento irriverente e di un rovesciamento parodico presente nella cultura popolare del tempo.

La novella esprime un punto di vista “cittadino”, che rappresenta i contadini come ingenui e creduloni, abilmente manipolati e facilmente manipolabili. Il racconto di frate Cipolla ai fedeli è un capolavoro di retorica, infatti il religioso incanta i popolani con la sua abilità affabulatoria, in cui a nomi di luoghi reali sono accostati quelli di luoghi immaginari dal suono esotico, anche se si tratta perlopiù di strade di Firenze.

Il frate crea una sorta di realtà parallela, in cui oggetti, fatti e/o attività ordinari, spesso con allusioni irriverenti, sono presentati in una dimensione di eccezionalità. Il frate si fa beffe del popolo (e anche dei due giovani che credevano di poterlo beffare) ma Boccaccio narra la vicenda con tono divertito, quasi di ammirazione per un personaggio che, facendo abile uso dell’arte della parola, riesce padroneggiare una situazione critica e a volgerla a proprio favore. Guccio Imbratta, il servo di frate Cipolla, rappresenta una specie di “doppio” del religioso in tono minore: anch’egli è un furfante e un ciarlatano, ma si limita a usare la sua parlantina per cercare di sedurre una sudicia cameriera in una cucina maleodorante e, a differenza del suo padrone, non riesce quasi mai a ottenere quello che vuole.

Analisi del testo

  1. Quali sono le caratteristiche di frate Cipolla? Perché si reca a Certaldo?
  2. Perché Giovanni del Bragoniera e Biagio Pizzini rubano la finta reliquia a frate Cipolla?
  3. Quali caratteristiche presenta Guccio, il servo di frate Cipolla?
  4. Perché i due giovani possono rubare la penna indisturbati?
  5. Quali elementi del discorso del frate appaiono inventati e quali presentano tratti equivoci, comici e irriverenti?
  6. Quale atteggiamento hanno i due giovani nel finale della novella nei confronti di frate Cipolla?
  7. Qual è l’atteggiamento di Boccaccio nei confronti dello sfruttamento delle false reliquie?
  8. Perché il discorso di frate Cipolla ai fedeli può essere considerato un capolavoro di retorica?

 

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