Eugenio Montale, I limoni

limoni

Eugenio Montale, I limoni

(da Ossi di seppia)

La poesia fa parte della raccolta Ossi di Seppia che Montale iniziò a scrivere nel 1916. Il poeta esprime il suo desiderio di cogliere nella realtà quotidiana l’improvvisa rivelazione del mistero dell’esistenza. Egli non vuol essere distante dalla vita dei comuni mortali, non pretende di rivelare verità superiori, ma semmai di intravedere nel quotidiano quel “filo da disbrogliare” che ci faccia cogliere una qualche verità. Il poeta si allontana dall’atmosfera rarefatta dei “poeti laureati”, densa di nomi altisonanti, per descrivere una realtà fatta di cose comuni. I limoni sono simbolo di una speranza di vita tutta terrena, semplice e vitale.

 

Ascoltami, i poeti laureati 

si muovono soltanto fra le piante

dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.

Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi

fossi dove in pozzanghere 

mezzo seccate agguantano i ragazzi 

qualche sparuta anguilla: 

le viuzze che seguono i ciglioni, 

discendono tra i ciuffi delle canne 

e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.

 

Meglio se le gazzarre degli uccelli 

si spengono inghiottite dall’azzurro: 

più chiaro si ascolta il susurro 

dei rami amici nell’aria che quasi non si muove, 

e i sensi di quest’odore 

che non sa staccarsi da terra 

e piove in petto una dolcezza inquieta. 

Qui delle divertite passioni 

per miracolo tace la guerra, 

qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza

ed è l’odore dei limoni.

 

Vedi, in questi silenzi in cui le cose 

s’abbandonano e sembrano vicine 

a tradire il loro ultimo segreto, 

talora ci si aspetta 

di scoprire uno sbaglio di Natura,

il punto morto del mondo, l’anello che non tiene, 

il filo da disbrogliare che finalmente ci metta 

nel mezzo di una verità. 

Lo sguardo fruga d’intorno, 

la mente indaga accorda disunisce 

nel profumo che dilaga

quando il giorno più languisce. 

Sono i silenzi in cui si vede 

in ogni ombra umana che si allontana 

qualche disturbata Divinità.

 

Ma l’illusione manca e ci riporta il tempo  

nelle città rumorose dove l’azzurro si mostra 

soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase. 

La pioggia stanca la terra, di poi; s’affolta 

il tedio dell’inverno sulle case,

la luce si fa avara – amara l’anima. 

Quando un giorno da un malchiuso portone

tra gli alberi di una corte 

ci si mostrano i gialli dei limoni; 

e il gelo dei cuore si sfa, 

e in petto ci scrosciano 

le loro canzoni 

le trombe d’oro della solarità.

 

Parafrasi

Ascolta, i poeti laureati si trovano a loro agio tra piante rare dai nomi inconsueti: bossi ligustri o acanti. Io amo le strade che conducono ai fossati erbosi, dove i ragazzi in pozzanghere quasi asciutte catturano qualche rara anguilla: le piccole vie che costeggiano gli argini dei fossati discendono tra i canneti e s’immettono negli orti, tra le piante di limoni.

Meglio se il clamore degli uccelli si dissolve nell’azzurro del cielo: si percepisce più chiaro il mormorio dei rami degli alberi di limoni nell’aria quasi immobile e l’intensità dell’odore dei loro frutti, che è tutt’uno con la terra e che riversa nel cuore una dolcezza inquieta. In questi luoghi la guerra delle passioni si acquieta, qui anche noi persone semplici possiamo godere un po’ di ricchezza: l’odore dei limoni.

Vedi, in questi silenzi in cui sembra che le cose stiano per rivelare all’uomo il loro estremo segreto, talvolta ci si aspetta di scoprire un errore della Natura, il punto morto del mondo, l’anello che non tiene, il filo da sciogliere che finalmente possa rivelarci la verità. Lo sguardo esplora attorno, la mente indaga, collega, separa mentre il profumo dei limoni si diffonde al calar della sera. Sono i momenti di silenzio in cui si ha l’illusione di vedere in ogni figura che si allontana, una qualche infastidita divinità.

Ma questa illusione termina e il tempo ci riporta nelle città caotiche dove il cielo può essere osservato solo a tratti tra gli alti edifici. La pioggia percuote la terra; si intensifica la noia dell’inverno sulle case, la luce diminuisce e l’animo diventa malinconico.  Fin quando un giorno, da un portone socchiuso in mezzo agli alberi di un cortile si intravedono i gialli frutti dei limoni, e si scioglie la tristezza del cuore e i limoni riversano nei nostri cuori la loro musica come trombe d’oro della solarità.

Analisi del testo

limoniLa lirica, che apre la raccolta “Ossi di seppia” del 1925, è una sorta di manifesto poetico con cui Montale prende le distanze dalla poesia accademica della tradizione e in particolare dal suo linguaggio aulico.

Alla poesia raffinata e aulica dei “poeti laureati”, che hanno familiarità con piante “dai nomi poco usati”, Montale contrappone la propria umile poesia, che si trova a proprio agio nel parlare di una realtà più comune costituita da un paesaggio povero e scabro, che vive di presenze consuete e concrete: le strade costeggiate da “erbosi/fossi“, il gioco dei ragazzi che nelle “pozzanghere/mezzo seccate” catturano “qualche sparuta anguilla“, le “viuzze” che attraversano i canneti e s’immettono negli orti.

In questa realtà semplice e brulla, l’odore dei limoni è capace di donare, anche “a noi poveri“, un po’ di pace e di felicità (“la nostra parte di ricchezza“); quell’odore così terreno dona al cuore una dolcezza inquieta, che allontana per un momento dalle travagliate passioni del mondo.

Mentre il poeta è immerso nel silenzio della natura che sembra abbandonarsi, ed essere sul punto di rivelare il suo segreto, ha l’impressione di poter intravedere un punto critico, un anello debole nel meccanismo del mondo, il filo da sciogliere che finalmente possa rivelarci la verità, il mistero dell’esistenza.

Nel silenzio della sera l’uomo ha l’illusione di vedere in ogni figura che si allontana una divinità misteriosa. L’avversativa del v. 37 segna il chiudersi di ogni speranza (“Ma l’illusione manca…”): “il tempo/nelle città rumorose” annulla il ricordo della campagna immersa nella calura estiva, la natura è scomparsa e anche il cielo, “l’azzurro si mostra/ soltanto a pezzi”; la pioggia autunnale e “il tedio dell’inverno sulle case” soffocano la vita, togliendo la luce alle cose e portando tristezza nell’animo. Se però un giorno ci capita di vedere in un cortile il giallo dei limoni, attraverso un portone semi-chiuso, tornano in noi il calore della vita e la felicità di una nuova illusione.

La poesia ha un tono discorsivo e colloquiale: il poeta si rivolge direttamente al lettore, in forma confidenziale (l’esortazione “Ascoltami”, che ricorda l’“Ascolta” della Pioggia nel pineto dannunziana). Si tratta di un componimento che fa uso delle forme del parlato (“Io, per me, amo le strade”) ma non rinuncia all’uso di termini rari e ricercati (divertite passioni; languisce; cimase; s’affolta/il tedio). 

Dal punto di vista metrico il testo si compone di quattro strofe di versi liberi, prevalentemente endecasillabi cui si accompagnano settenari e doppi settenari. Non mancano rime interne (laureati/usati, umana/allontana), consonanze e assonanze (piante/acanti; gazzarre/azzurro) e frequenti sono anche le allitterazioni e le affinità foniche. La lirica è intessuta di una fitta trama di figure retoriche tra cui il chiasmo (luce avara – amara l’anima v. 42), l’anafora (Qui…qui vv. 18-20), la sinestesia (…le trombe d’oro della solarità v. 49). 

Esercizi di analisi del testo

  1. Riassumi le tre sequenze in cui si può dividere la poesia (prime due strofe, terza, quarta strofa).
  2. Quale tipo di linguaggio poetico è oggetto polemico all’inizio della poesia?
  3. Quali sono le caratteristiche del paesaggio descritto dal poeta?
  4. Quale illusione “manca” e perché?
  5. Che cosa rappresentano simbolicamente i limoni nella poesia di Montale?

 

 

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