Dante, Tanto gentile e tanto onesta pare

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Dante Alighieri, Tanto gentile e tanto onesta pare

La donna è di animo nobile (gentile, onesta…) e virtuosa,al punto da trasmettere agli altri, attraverso la sua angelica bellezza ed il suo nobile portamento (piacente, d’umiltà vestuta) un senso di elevazione dell’animo. Chi la vede ammutolisce e non osa guardarla, colpito dalla sua bellezza e nobiltà morale. La visione della donna dà tanta dolcezza al cuore e suscitare amore, un amore spirituale che induce l’anima ad elevarsi.

Vita nuova, cap. XXVI

Questa gentilissima donna, di cui ragionato è ne le precedenti parole, venne in tanta grazia de le genti, che quando passava per via, le persone correano per vedere lei; onde mirabile letizia me ne giungea. E quando ella fosse presso d’alcuno, tanta onestade giungea nel cuore di quello, che non ardia  di levare li occhi né di rispondere a lo suo saluto; e di questo molti, sì come esperti, mi potrebbero testimoniare a chi non lo credesse. Ella coronata e vestita d’umilitade s’andava, nulla gloria mostrando di ciò ch’ella vedea e udia. Diceano molti, poi che passata era: «Questa non è femmina, anzi è uno de li bellissimi angeli del cielo». E altri diceano: «Questa è una maraviglia; che benedetto sia lo Segnore, che sì mirabilemente sae adoperare!». Io dico ch’ella si mostrava sì gentile e sì piena di tutti li piaceri, che quelli che la miravano comprendeano in loro una dolcezza onesta e soave, tanto che ridicere non lo sapeano; né alcuno era lo quale potesse mirare lei, che nel principio nol convenisse sospirare. Queste e più mirabili cose da lei procedeano virtuosamente: onde io pensando a ciò, volendo ripigliare lo stilo de la sua loda, propuosi di dicere parole, ne le quali io dessi ad intendere de le sue mirabili ed eccellenti operazioni; acciò che non pur coloro che la poteano sensibilemente vedere, ma li altri sappiano di lei quello che le parole ne possono fare intendere. Allora dissi questo sonetto, lo quale comincia: Tanto gentile.

 

Tanto gentile[1] e tanto onesta[2] pare

la donna[3] mia quand’ella altrui saluta,

ch’ogne lingua deven tremando muta,

e li occhi no l’ardiscon[4] di guardare.

 

Ella si va, sentendosi laudare[5],

benignamente d’umiltà vestuta[6];

e par che sia una cosa venuta

da cielo in terra a miracol[7] mostrare.

 

Mostrasi si piacente[8] a chi la mira,

che dà per li occhi[9] una dolcezza al core,

che ‘ntender[10] no la può chi non la prova:

 

e par che de la sua labbia[11] si mova

un spirito[12] soave pien d’amore,

che va dicendo a l’anima: Sospira.

Sonetto di due quartine e due terzine, con rima ABBA ABBA CDE EDC.

Parafrasi:

La mia donna appare tanto bella e nobile quando saluta qualcuno, che ogni lingua trema tanto da ammutolire, e gli occhi non osano guardarla. Ella procede, mentre sente le parole di lode, vestita di virtuosa bellezza e umiltà, e si rivela come un essere venuto dal cielo in terra per mostrare la potenza divina. Si mostra così bella a chi la contempla, che attraverso gli occhi entra nel cuore una dolcezza conoscibile solo per diretta esperienza. E dal suo volto muove una soave ispirazione amorosa che suggerisce all’anima di sospirare.

Analisi del testo.

Ogni strofa presenta in modo lineare un concetto, ribadito e sviluppato nella strofa successiva.

  • Prima strofa: all’apparire di Beatrice tutti ammutoliscono e non osano guardarla, tanta è la sua nobiltà e bellezza morale.
  • Seconda strofa: il portamento virtuoso di Beatrice è tale da farla sembrare un essere miracoloso.
  • Terza strofa: chi la vede prova una straordinaria dolcezza.
  • Quarta strofa: sembra che uno spirito soave provenga dalle sue labbra inducendo l’anima ad elevarsi.

In ogni strofa (in modo meno esplicito nella seconda, sul piano sintattico) la prima parte esprime una premessa la cui conseguenza si manifesta nella seconda parte (Es.: Tanto gentile…pare…ch’ogne lingua…; Mostrasi sì piacente… che dà per li occhi…).

L’apparire di Beatrice.

L’apparizione e il saluto producono silenzio, tremore, estasiata contemplazione, di fronte ad un miracolo di bellezza, come di fronte ad una creatura soprannaturale. Parola chiave del testo è “pare” (appare evidente, si manifesta con evidenza), che nella prima terzina è sostituito dall’equivalente mostrasi. In questo manifestarsi, alle virtù interiori (gentile, onesta…) corrispondono quelle esteriori, visibili, della donna (piacente, d’umiltà vestuta) e la rivelazione è di natura divina (da cielo in terra a miracol mostrare). Dante riprende temi tipici dello Stilnovo: la lode della bellezza della donna; il saluto e gli effetti che questo produce. I dati fisici, tuttavia, assumono un significato incorporeo: attraverso gli occhi e la visione la perfezione morale di Beatrice ispira estatiche sensazioni spirituali e soprannaturali, in una dimensione spaziale indefinita.

La donna-angelo.

Beatrice è una donna spersonalizzata e incorporea che avvicina a Dio e come un angelo ha il compito di elevare e nobilitare l’uomo. La contemplazione della sua bellezza sollecita la visione di significati che stanno oltre il sensibile. L’effetto che la donna-angelo produce su chi la vede è quello di suscitare amore, un amore che non riguarda solo il poeta ma che si diffonde spiritualmente nell’animo di chi la vede. Dante abbandona ogni accenno autobiografico e descrive un “miracol” che induce gli uomini a un sentimento di purezza e di elevazione spirituale.

Lo stile.

Il sonetto ha struttura simmetrica: la parola chiave “pare”, con le sue varianti (par, mostrasi), si ripete in ciascuna strofa; la prima quartina e la prima terzina sono entrambe costituite, nella seconda parte, da una proposizione consecutiva (che indica le conseguenze della visione). La sintassi è semplice e alterna coordinate e subordinate. Evidenti i collegamenti con la lingua latina, sia nel lessico (laudare) sia nella sintassi (per li occhi, de la sua labbia). La costruzione del verbo alla latina, con la collocazione alla fine del periodo (onesta pare, altrui saluta, miracol mostrare), concentra l’attenzione sull’azione della donna (pare, saluta, mostrare) nel suo manifestarsi e le reazioni degli uomini che la vedono (guardare, laudare). Vi è un uso generalizzato del tempo presente che, nella sua fissità, suscita l’idea di una dimensione che va oltre la mera esperienza personale.

Strutture foniche

presenza continua di liquide (gentile, ella, altrui, saluta…) e in genere di fonemi privi di asprezza, che contribuiscono a creare un ritmo pacato, scandito lentamente ed armoniosamente anche dall’enjambement finale si mova/un spirito.

Comprensione e analisi

  1. Il sonetto descrive le caratteristiche di Beatrice, i suoi gesti e comportamenti, da un lato, e le reazioni di chi la vede e riceve il suo saluto. Individuali nel testo e completa la tabella:
Aspetto, gesti, comportamenti di Beatrice Reazioni ed effetti su chi la incontra
  1. La donna descritta da Dante è priva di connotati strettamente fisici. Spiega perché
  2. Che cosa caratterizza la visione della donna secondo l’amor cortese e stilnovista?

Note

[1] Gentile: nobile.

[2] onesta: sinonimo di gentile, nel senso però di decoro.

[3] donna: signora (dal latino “domina”).

[4] no l’ardiscon di guardare: non osano guardarla (ardiscon da ardire, osare).

[5] Laudari: lodare.

[6] d’umiltà vestita: vestita d’umiltà (metafora che indica visivamente la qualità morale della donna).

[7] miracol: la potenza divina (miracolo = fenomeno straordinario che avviene al di fuori delle normali leggi della natura).

[8] piacente: bella.

[9] per li occhi: attraverso gli occhi.

[10] ‘ntender: conoscere, comprendere.

[11] labbia = fisionomia, volto.

[12] Spirito: spirito vitale

 

 

 

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