D’annunzio: vita, opere, poetica.

Gabriele_D'Annunzio

D’annunzio: vita, opere, poetica.

La vita di Gabriele D’Annunzio è paragonabile a quella di una star dei giorni nostri: dall’ultimo Ottocento sino almeno alla Prima guerra mondiale con il suo stile di vita fatto di mondanità, di avventure erotiche, di duelli e scandali, e con i suoi romanzi, in cui trasfigurava in stile ricercato le proprie esperienze biografiche, egli rappresenta un modello di comportamento che esercita una forte influenza sul mondo borghese.

 

Nasce a Pescara il 12 Marzo 1863. Il cognome D’Annunzio è adottato dal padre (il cui cognome originario è Rapagnetta) per mezzo dello zio adottivo, un nobile marchigiano. Dal 1874 Gabriele frequenta il prestigioso collegio Cicognini di Prato. Allievo irrequieto, ribelle, insofferente alle regole collegiali, ma studioso, brillante e intelligente, nel 1879 pubblica a spese del padre la raccolta poetica Primo Vere, che viene sequestrata ai convittori del Cicognini, per i suoi toni sensuali e scandalistici. In occasione della seconda edizione del libro, avvenuta nel 1880, fa precedere l’opera dall’annuncio della sua morte per una caduta da cavallo. Nel 1881 consegue la licenza liceale classica e successivamente si trasferisce a Roma per frequentare la facoltà di Lettere e filosofia, ma presto frequenta gli ambienti letterari e giornalistici della capitale, trascurando lo studio universitario, e si dedica freneticamente alle avventure mondane. Collabora al Capitan Fracassa e alla Cronaca Bizantina di Angelo Sommaruga, su cui pubblica nel 1882 Canto Novo e Terra Vergine, ai quali segue, nel 1883, l’Intermezzo di rime, accusato di immoralità dalla critica.

Il 28 luglio 1883 sposa la duchessina Maria Hordouin di Gallese, dopo una romantica e avventurosa fuga d’amore. Presto non si contano le infedeltà del giovane sposo: nell’aprile 1886 nasce il secondo figlio, ma ad un concerto conosce Barbara Leoni, moglie di Ercole Leoni, con cui avvia una intensa relazione che ispira la produzione letteraria di un periodo molto proficuo. A Venezia con Barbara Leoni, apprende della nascita del suo terzo figlio, il 22 settembre 1887. Nel 1889 pubblica il romanzo Il Piacere.

Nel 1891 si trasferisce a Napoli, dove ha una relazione con Maria Gravina, moglie e madre di quattro figli. La coppia però è costretta ad affrontare, oltre ai problemi economici, anche un processo per adulterio.

Nel 1894 D’Annunzio elabora il Trionfo della morte e nel 1896 pubblica Le vergini delle rocce. Nell’autunno del 1897 a Venezia nasce il legame passionale, artistico e intellettuale con Eleonora Duse, che indirizzerà il poeta verso il teatro. Nel marzo 1898 si trasferisce in Toscana con la Duse, a Settignano, dove il poeta dimora nell’antica villa «La Capponcina», arredata sontuosamente, mentre l’attrice occupa una villetta attigua. Sono questi gli anni in cui D’Annunzio scrive le poesie di Alcyone, di Maia e di Elettra, del ciclo delle Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi.

Rotto il rapporto con la Duse, D’Annunzio ha un tormentato rapporto prima con Alessandra di Rudinì poi con la contessa Giuseppina Mancini. Assediato dai creditori, nel marzo 1910 fugge in Francia, dove vive con la russa Natalia Victor de Goloubeff e trascorre cinque anni frequentando gli ambienti mondani ed artistici.

Scoppiata la Prima guerra mondiale, su invito del governo italiano inaugura a Quarto il monumento dei Mille, pronunciando un discorso risolutamente interventista. Partecipa al conflitto con clamorose imprese militari: nel 1916 un incidente aereo gli causa la perdita dell’occhio destro[1]; prende parte poi nella Beffa di Buccari [2] e al volo su Vienna con il lancio di manifestini tricolori. Finita la guerra, D’Annunzio ne definisce l’esito per l’Italia come una vittoria mutilata, guida una marcia di volontari su Fiume e la occupa il 12 settembre 1919. L’impresa si conclude il 21 dicembre 1920 con la resa della città, in seguito all’intervento armato ordinato da Giolitti per dare applicazione alle clausole del Trattato di Rapallo.

D’Annunzio sceglie come sua dimora la villa Cargnacco sul lago di Garda e cura la pubblicazione delle opere più recenti: il Notturno e i due tomi delle Faville del maglio. I suoi rapporti con il regime fascista e con Mussolini sono ambivalenti: da un lato viene esaltato come massimo poeta nazionale e gli vengono forniti cospicui finanziamenti, dall’altro si trova di fatto a vivere in una condizione di sorvegliato speciale. Muore il primo marzo del 1938. 

Le opere:

Romanzi: Il piacere (1889), Giovanni Episcopo (1891); L’innocente (1892), Trionfo della morte (1894); Le vergini delle rocce (1895; Il fuoco (1900); Forse che sì forse che no (1910).

Teatro: La città morta (1898); La Gioconda (1899); Francesca da Rimini (1902); La figlia di Iorio (1904); La fiaccola sotto il moggio (1905); La nave (1908); Fedra (1909).

Poesia: Primo vere (1879); Canto novo (1882); Intermezzo di rime (1883); L’Isotteo-La Chimera (1890); Poema paradisiaco (1893); Laudi del cielo, del mare, della terra e degli eroi: Maia; Elettra; Alcyone (1903); Merope (1912); Asterope (1934). Prose: Le faville del maglio (1911-12); Notturno (1916); Libro segreto (1935).

La poetica

La poetica dannunziana è l’espressione più appariscente del Decadentismo italiano. L’identificazione di letteratura e vita è al centro della poetica dello scrittore, che contrappone alla banale realtà dell’Italia giolittiana l’estetismo, cioè il culto della bellezza. Seguirà la scoperta di Nietzsche, da cui D’Annunzio a suo modo ricava il mito del superuomo, che si traducono nei miti della forza fisica, dello sfrenato erotismo, del disprezzo per le masse, della difesa dell’ordine e del nazionalismo. Al mito del superuomo si accompagna quello della “donna fatale“, della “donna vampiro” che si pone come antagonista, come ostacolo al maschio. Una donna che, nelle sue varie incarnazioni, deriva la sua “fatalità” dall’oscura e invincibile forza del suo irresistibile fascino erotico, col quale avvince l’uomo. È il caso di Elena, la donna cui Andrea Sperelli resta inevitabilmente legato

Aspetti significativi del decadentismo dannunziano sono:

1) Estetismo: concezione della poesia e dell’arte come creazione di bellezza; la vita realizzata in assoluta libertà, come “opera d’arte” al di là di ogni limitazione;

3) Analisi narcisistica delle proprie sensazione più rare, sofisticate raffinate;

4) Gusto della parola, scelta per il suo valore evocativo e musicale non per il suo significato logico (Alcyone);

5) Panismo: tendenza ad abbandonarsi alla vita dei sensi e dell’istinto, a dissolversi e ad immedesimarsi con le forze e gli aspetti della natura, a sentirsi parte del Tutto, nella circolarità della vita cosmica.


[1]
                   Costretto all’immobilità e al buio, assistito dalla figlia Renata, compone su liste di carta la prosa memoriale e frammentaria del Notturno.

[2]                Affondamento di una nave austriaca nel porto di Buccari.

 

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